“Arte e politica povere”, come sono definite le opere che, su ampio prato, costituiscono il Parco Pacifico Ferretti. Vediamone le motivazioni e cerchiamo, in questo articolo, di darne conto come in una ‘visita guidata’.
Va detto innanzi tutto che questa esposizione permanente di opere povere, realizzate da una trentina di artisti, è da considerare quasi un gioco, ma che nasconde al suo interno una serie di significati e di motivazioni, che vanno dalla protesta al recupero ambientale, dall’ironia al sentimento.
Ma chi ne sono gli autori e chi il committente? Gli autori sono e restano anonimi, segreti. E senza alcun compenso se non la soddisfazione nel sapere le loro opere volte a suggellare una amicizia. Punto.
Il committente è quello che definiamo “un gentiluomo di campagna” che mette a disposizione un vasto prato, incolto, naturale, dove ancora puoi trovare insetti in via d’estinzione quali lucciole e cicale, davanti alla propria casa nella campagna della Valle del Metauro, di fronte al quale si intravvede la città di Urbino.
Intitolato Parco Pacifico, da nome del nonno Pacifico Ferretti – antifascista, repubblicano storico – che in questa casa, con annessi laboratori, aveva perfezionato una sua tecnica di filatura dei cascami di seta, all’inizio del secolo scorso, assume quindi un doppio significato, anche di pacifismo, nell’ironia delle opere di un’arte rigorosamente povera. Gli artisti invitati, avevano infatti l’obbligo di utilizzare solo materiali di recupero.
I temi da trattare erano legati alla situazione politica attuale con la massima libertà di interpretazione.
Dall’idea, venuta nell’inverno 2012 in occasione di quella eccezionale nevicata che i marchigiani dell’urbinate chiamano “il nevone”, le opere sono giunte a destinazione nel corso del 2013, l’ultima il 20 settembre nell’anniversario della breccia di Porta Pia.
Senza titolo
Da un tema, molto sfruttato dalla satira televisiva di questi tempi, nasce così una panoramica delle stranezze (o forse meglio dire bruttezze) della politica nostrana di questi ultimi lustri, che come il materiale utilizzato, è proprio di scarto.
Nell’insieme, sono una settantina di opere senza didascalia (che invece sono riportate nel libretto-catalogo che i visitatori possono ricevere sul posto oppure facendone richiesta all’autore, con un contributo minimo di 6 €) con significati a volte molto evidenti, altre meno e richiedono una interpretazione, che Alfredo Ferretti sarà ben lieto di illustrare; ma in tutti i casi il significato, come in certi quiz, si rivela immediatamente dopo la spiegazione.
Sono lavori in parte volutamente naïf, del genere di quelle che sono oggi definite “installazioni”.
Ironiche, espressive, a volte persino tragiche, tutte esprimono momenti salienti della vita politica italiana negli anni della crisi, e dedicati ai governi più o meno tecnici e di intese più o meno larghe.
Tra le più significative vediamo “il lacrimatoio”, oppure i “buchi di bilancio”, o la “pressione fiscale”.
Un colabrodo illustra il “ripescaggio dei primi non eletti”, mentre due draghi contrapposti illustrano il “conflitto di interessi”, e un filo che non si capisce bene dove vada a finire, definisce le “larghe intese”.
Non potevano mancare “l’inciucio”, la “burocrazia”, la “globalizzazione” e le “intercettazioni”.
Insomma opere attuali che, forse, in un futuro lontano, augurandoci che resistano al tempo e alle intemperie, non solo meteorologiche, potranno narrare un periodo della nostra vita italiana.
Scrivi un commento