Storia di una macchina spettacolare, la tipografica Ambrosia, che fece sognare tipografi e falsari del dopoguerra.

Una platina d’acciaio bascula su due braccia meccaniche e si abbassa potente e precisa sulla forma di caratteri tipografici imbrigliati dalle morse, il blocco di composizione è una perfetta geometria che mani sapienti hanno incastonato nel telaio. Tra la platina e i caratteri, un foglio di carta messo a mano con la simultaneità di una saetta, il miracolo si compie, sincrono, perfetto.”
Quella carta fresca di stampa ispirerà per sempre la produzione meccanica di Ercole Cavalleri, della sua famiglia e dei protagonisti dell’impresa di théatres de machines (macchine spettacolari). Il suono della macchina Ambrosia passa nelle orecchie da uno all’altro e al tempo stesso riceve negli occhi l’impronta dei corpi tipografici.
Tutto ciò lo ritroviamo nello spirito e nell’entusiasmo trasmessoci da questi pionieri della ricostruzione post-bellica, che vivranno da quel momento la pace, nel segno dell’intelligenza meccanica. Nessuno poteva presupporre la guerra e cosa sarebbe stata per il nostro popolo lo sfilacciamento del tessuto sociale. Ogni settore della vita avrebbe assistito all’esplosione dei sistemi produttivi. L’occupazione tedesca avrebbe fatto razzia di macchine tipografiche, per il recupero del metallo e per arricchire le tipografie che producevano per la Germania.

Genovese con nome milanese

Chi sia interessato anche moderatamente alla storia della tipografia del dopoguerra, deve sapere che la fonderia a Sori (GE) e l’officina meccanica di Ercole Cavalleri costituiranno una delle molteplici eccellenze italiane per risollevare le sorti dell’economia legata alla civiltà dell’informazione per la produzione di stampati, coadiuvati dalla bravura di scelti meccanici e del capo officina, Rocco Cherubino.

Il piccolo Ambrogio con la sorella Renata davanti alla prima genovesissima Ambrosia (Armus)

Il piccolo Ambrogio con la sorella Renata davanti alla prima genovesissima Ambrosia (Armus)

Nel 1948, a Genova, in una piccola officina meccanica di via Donghi e successivamente nello stabilimento di via Berghini, dove si costruiranno anche torchi e macchine per la cartotecnica, Ercole collaudava finalmente una sua macchina tipografica, l’Ambrosia, una compatta di piccolo formato dotata di mettifoglio automatico, pensata con l’aiuto di un ingegnere tedesco esperto in puntatori sulle navi da guerra. Verranno realizzati 500 esemplari e la produzione cesserà nel 1969. Quella macchina competeva sul prezzo e sulla qualità con la valchiria tedesca, la tipografica Heidelberg Stella.

Precisa, ideale per falsari

L’Ambrosia, nome ispirato dalle origini milanesi di Ercole Cavalleri, verrà scelta dai tipografi liguri soprattutto, ma non solo: finirà anche sulle tipografie di bordo sui transatlantici. Persino i falsari della carta moneta trovarono questa macchina versatile e precisa anche sulle carte leggere.

L'Ambrosia esposta alla Fiera Campionaria di Milano, era il 1951. (Armus)

L’Ambrosia esposta alla Fiera Campionaria di Milano, era il 1951. (Armus)

Il battesimo ufficiale all’Ambrosia sarà dato nella Fiera campionaria di Milano, nel 1951, dove la genovesissima macchina sarà accolta dal mercato con lusinghieri consensi.
Dopo l’esperienza genovese, la Fonderia Cavalleri si specializzava in macchine flessografiche e tagliatori – ricorda emozionato il capo officina Luigi Crovetto. Costituita a Isola del Cantone nell’oltregiogo genovese nel 1963, da Ercole, classe 1909, e dal figlio Ambrogio, la Fonderia ha vissuto l’avvicendarsi delle sorelle di quest’ultimo, Alma e Renata, della moglie Franca Merani e quindi dei suoi figli Ercole e Paolo, che oggi produce macchine per cartotecnica ad Arquata Scrivia.

Il padre dell’Ambrosia moriva nel 1988 e nello stesso anno, Gillo Dorfles scriveva la sua prefazione per le gloriose pagine di “Civiltà delle macchine” a proposito dell’opera dell’uomo e della sua creatura, la macchina appunto. Citando e condividendo la sua riflessione, rimangono alcuni capisaldi ancora attuali e vitali che ci permettono di guardare anche all’Ambrosia come una sorta di summa del pensiero scientifico, critico, sociologico, di tante intelligenze che contribuirono a far decollare il nostro combattuto e controverso Novecento.

Genova 2012. Ambrogio Cavalleri in visita all'Archivio Museo della Stampa di Genova, davanti alla sua Ambrosia (foto Armus)

Genova 2012. Ambrogio Cavalleri in visita all’Archivio Museo della Stampa di Genova, davanti alla sua Ambrosia (foto Armus)

L’Archivio Museo della Stampa di Genova (Armus) è stato il primo museo ad acquisire l’Ambrosia ed esporla al pubblico. Nel dicembre 2012 Ambrogio Cavalleri visitò l’Armus in compagnia delle nipoti Laura ed Elisa e raccontò, con la passione della sua straordinaria famiglia, la tecnica meccanica e i metodi che hanno determinato il genio del vecchio Ercole e dei suoi operai.
Un’avventura di gente che merita di essere riconosciuta. Risorse umane riunite nell’officina meccanica per la loro specifica competenza, investendovi fatica e denaro, in un dopoguerra che andava trasformando la quotidianità nella centralità della speranza, disperata ma grandiosa, di un’Italia che voleva risorgere.

Ambrogio Cavalleri è morto il 6 settembre 2015. La sua azienda di Isola del Cantone oggi è piegata dalla crisi, vissuta con la fierezza e l’intraprendenza della moglie Franca, della segretaria storica, Maria Teresa Sangiacomo, che trovano forza non già nel sostegno delle istituzioni ma nella memoria delle origini della macchina-cuore.

Francesco Pirella – Genova, 27 dicembre 2015

Nell’immagine sotto il titolo: Genova 2012. Ambrogio Cavalleri in visita all’Archivio Museo della Stampa di Genova, davanti alla sua Ambrosia (foto Armus)