Un torchio Dell'Orto dà il benvenuti ai visitatori

Un torchio Dell'Orto dà il benvenuti ai visitatori

Quello di Lodi è ormai un Museo a tutti gli effetti, ed è un fatto raro per l’Italia. Il merito è tutto dell’ostinata volontà e l’intelligente ricerca di Andrea Schiavi, ingegnere elettromeccanico, che nella vita a fatto tutto, dal ciclista all’impiantista per la Mondadori, dallo stampatore all’editore. Oggi lo ricordiamo come il creatore della più completa e scientifica raccolta di macchine per le arti grafiche presente in Italia, che racconta cinque secoli di tutte le fasi della stampa.

Il Museo di Lodi, è ormai completo in ogni sua parte, ma in continuo divenire e, ogni volta che lo visitate, Andrea Schiavi vi dirà: qui metterò dei pannelli illustrativi, qui un nuovo reparto per mostrare la fabbricazione della carta, qui la composizione di spartiti musicali, e così via.” Così presentavamo, alcuni anni fa, questo museo della stamap in continuo divenire, condotto oggi da Osvaldo Folli con l’aiuto di alcuni volontari, in primis Luigi Lanfossi.

Un briefing per iniziare

Qui i visitatori, se non sono degli esperti, possono ricevere un briefing in una saletta dove due professoresse sempre disponibili a fare da guida, daranno un’infarinatura di storia della stampa, citando aneddoti e a volte ponendo il tarlo del dubbio sulle tante leggende che la tipografia ha fatto nascere.
Poi la visita inizia nella sala compendio. Come in un libro, qui c’è il sommario: si inizia dal modello in scala 1:5 del torchio di Gutenberg, ma si gode anche una panoramica di tutte le tecniche di stampa. Quattrograndi pannelli a muro contengono, tra l’altro, loghi di macchine da stampa del ‘900 raccolti in gioventù da Mario Canceliere presso la mitica Capitini, per fissare la memoria del periodo romantico della tipografia in Italia. E per gli appassionati della composizione in piombo, si può ammirare una riproduzione sui generis, della Madonna con Bambino del Mantegna, realizzata ad arte con la linotype.
Superato il cortile, che può ospitare convegni e rinfreschi estivi, si entra nella galleria di legatoria. Alle pareti, grandi pannelli provenienti dalla storica legatoria Torriani illustrano quest’arte manuale (un banco con tanto di operatrice in cartone ne illustra le fasi), e poi nel tempo sempre più meccanizzata.
Al termine si entra nella sala della stampa d’arte, dove pannelli, macchine, attrezzi e opere stampate, illustrano la litografia su pietra e la calcografia in tutte le sue versioni (diretta a bulino,puntasecca, maniera nera o indiretta acquatinta, acquaforte, cera molle). Qui si può ammirare il torchio calcografico a stella risalente a metà del ‘700 e proveniente dalla Casa Ricordi di Milano. Altrettanto nobile la provenienza di molte delle pietre litografiche di Vallardi da opere eseguite tra il 1870 e il 1930.
Il reparto fabbricazione della carta è tuttora in progresso perché l’obiettivo è di allestire anche un atelier con tanto di tino e telaio dove lavorente e ponitore potranno dimostrare quest’arte antica. Intanto si può ammirare un piccolo impianto di fabbricazione “industriale” risalente alla metà del secolo scorso in grado di produrre carta filigranata in formato 30×30 cm.
Dopo alcuni strumenti usati per le misurazioni e valutazione della carta, possiamo ammirare la grande persiana ad alette regolabili che si usava in cartiera negli spanditoi (o stenditoi) dove si facevano essiccare i fogli di carta: queste persiane servivano a regolare la ventilazione della sala.

Le meraviglie della composizione

Inizia ora il lungo percorso dedicato alla regina della stampa: la tipografia. Per la composizione a caldo i vari modelli di linotype e di monotype sono azionati dai collaboratori del Museo, in primis Franco Pastorello, se non unico uno dei pochi tecnici in grado di smontare e rimontare per intero una di queste macchine e di rimettere in funzione anche le più disastrate.
E qui difficilmente un visitatore, sia pur già esperto, resta immune dalla meraviglia di questi “computer meccanici” di fine ottocento.
Tutte le macchine tipografiche, dalla platina a mano alle pedaline, fino alle sofisticate piano-cilindriche, sono tutte perfettamente funzionanti, e su alcune si eseguono lavori personalizzati che saranno poi distribuiti ai visitatori.
Manca la rotativa a bobina per quotidiani? Solo questione di spazio, perché qui c’è un modello in scala (funzionante) che ha anche una storia, perché fu costruita dagli operai dell’Unità.
Così come c’è una piccola macchina flessografica, e poi, unico nel suo genere, un torchio manuale del XIX secolo per la stampa a smalto in rilievo.
Prima di passare al ‘salotto’ dei torchi, non può mancare una visita al reparto fotocomposizione che ospita le rivoluzionarie macchine che trasformarono la prestampa da un’operazione a caldo (il piombo) a una composizione a freddo (su base fotografica e poi computerizzata) fino al ‘killer’, il fatidico Macintosh che ha dato il colpo di grazia alla tipografia.

Il salotto dei torchi

Ultima acquisizione, un reparto di macchine per la stampa di carte valori, donazione della Atem di Milano, costituisce un ulteriore punto di pregio del Museo.
Il ‘salotto’ comprende una ricca selezione di torchi tipografici, dominati dalla più nota fabbrica italiana dell’Ottocento della famiglia Dell’Orto di Monza.
Andrea Schiavi con il 'suo' Columbian

Andrea Schiavi con il 'suo' Columbian

Tra questi torchi Stanhope e Albion (sono i due sistemi più noti, cui si aggiunge quello a ëbarre di torsione’) non poteva mancare il più celebre che operò in quel secolo a Lodi: il torchio Stanhope della tipografia Claudio Wilmant da cui uscì (ed è documentato) il manifesto che annunciava la morte di Giuseppe Garibaldi.

 Ma al termine del salotto, come su un trono il principe dei torchi: il decoratissimo Columbian inventato nel 1818 dall’americano George Clyner, unico esemplare presente in Italia e risalente al del 1859. La visita termina nella tipografia artigiana anni ’50, vera e propria sala didattica dove, accanto a platine e piano cilindriche, non poteva mancare la famosa Balilla, celebrata nel famoso film di Totò La banda degli onesti.
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Note informative: Tel. 0371.56011- 420381; Fax 0371.422080 
Apertura: dal lunedì al venerdì, dalle 9,30 alle 12,30; sabato, dalle 10 alle 12,30 e dalle 15 alle 17,30. Chiuso domenica con possibilità di concordare visite in orari diversi o al pomeriggio. Sono possibili laboratori didattici con funzionamento di macchinari vari a costi da concordare