La stampa e le incisioni furono un veicolo fondamentale per portare la cultura e la moda dall’Oriente all’Occidente.   Tessuti e porcellane nell’esposizione Orientalismi a Genova.

La moda europea, e non solo nell’abbigliamento, dal medioevo in avanti è stata influenzata dai numerosi e stretti rapporti mercantili con i Paesi del mondo islamico, dell’India e della Cina. I merletti e i tessuti con lo stile moresco, o damaschino, con quelle figure che abbiamo chiamato arabeschi ne sono la principale testimonianza.
Nell’esposizione ‘Orientalismi’ al Palazzo Bianco di Genova, ne sono testimonianza i pizzi e i merletti ispirati ai motivi floreali e geometrici dell’arte sacra musulmana, i mézzeri stampati con disegni floreali persiani e indiani, oltre a ceramiche e porcellane.
Come spiega Loredana Pessa, curatrice della mostra e conservatore delle Raccolte Ceramiche e Collezioni Tessili, l’intensificarsi di questo rapporto nei secoli fece sì che artisti e artigiani dei Paesi asiatici producessero manufatti di gusto ‘cinese’ e ‘giapponese’ appositamente per il ‘mercato occidentale’.

Il ruolo della stampa

Ma qual è stato il veicolo per la trasmissione delle culture orientali in occidente e che diede via a un fenomeno che influenzerà le mode nei secoli?
La mostra mette subito in evidenza la funzione del libro e delle incisioni artistiche, in pratica l’internet dell’epoca, anche se i tempi di trasmissione erano decisamente altri.
Libri che contenevano appunto le immagini incise, a bulino, in acquaforte e altre tecniche, che riportavano i disegni e i motivi (gli arabeschi appunto) che l’artigiano dei merletti o dei damaschi riproduceva col filo, o che lo xilografo utilizzava come modello per incidere la matrici lignee per la stampa dei tessuti.

Questi libri, o libretti che siano, sono oggi molto rari per una ragione semplice, come ci spiega la curatrice: «Erano considerati modelli e non libri da tenere gelosamente in biblioteca, e quindi i fogli venivano spesso strappati per maggiore comodità, o comunque consunti dall’uso.»
Un’eccezione è il libro del 1565 con la splendida legatura in pelle incisa e decorata in oro, Poesis Christiana... di Angelo Faggi, legata a Padova da Grazioso Percaccino e conservato presso la Biblioteca Civica Berio di Genova. Qui la legatura è caratterizzata da una cornice esterna della coperta arabescata e il centro occupato da uno stemma: classica associazione tra la cultura orientale (islamica in questo caso) e quella occidentale.
Altri esempi li ritroviamo dei libri di incisioni olandesi e inglesi, che illustrano nei dettagli i rapporti diplomatici e commerciali con India e Cina. 

Ricamo e stampa

I tessuti, con le ceramiche, sono i manufatti maggiormente influenzati dalla cultura orientale. «Basta confrontare pizzi e merletti di Venezia e di Genova con le vestigia dell’arte sacra musulmana per vedere come i motivi floreali e geometrici che ritroviamo in molti reperti storici dal Rinascimento siano ispirati proprio all’iconografia medio-orientale» ci dice Loredana Pessa. E lo vediamo nei tipici colletti a pizzo ad ago rinascimentali, con ‘punto in aria’. A Venezia e a Genova, e in Toscana, nascerà di conseguenza l’arte del merletto a tombolo.
Così come vediamo che la città di Genova ha rapporti strettissimi con l’Oriente e il mondo arabo-musulmano: un caso particolare è quello rappresentato dal mézzero ligure, quel telo di grandi dimensioni con cui le popolane genovesi fin dal ‘200 coprivano il capo nei giorni di festa. Il mézzero è di origine persiana e indiana come si evince dall’etimologia antico-araba mizar e dagli ornamenti a motivi floreali e in particolare con ‘l’albero della vita‘, caso pressoché unico nella stampa dei tessuti.

Gusto effeminato

Marsina riccamente decorata con ricami multicolori

Sotto questo influsso il ‘gusto’ cambia e porta a quell’abbigliamento ricercato e assai complesso che caratterizzerà la moda soprattutto nel Settecento, con specifiche caratteristiche di effeminatezza, ma orgogliosamente indossato da uomini ricchi e famosi. E nelle vetrine di Palazzo Bianco possiamo ammirare marsine riccamente decorate e damascate con ricami multicolori che ci sorprendono per complessità e ricchezza. E persino vestaglie da camera, tanto ricche e preziose che chi le possedeva, le indossava per farsi ritrarre dai pittori a beneficio dei posteri.
Ma poi il rapporto oriente-occidente si capovolge.  Il mercato detta legge, come sappiamo, per cui cinesi e indiani producono nuovi manufatti, che  per accontentare l’acquirente europeo ‘scimmiottano’ immagini e gusti orientaleggianti, ma per nulla originali, e incrementano l’export.
Un fenomeno questo ben documentato nella mostra, che oggi può farci sorridere, ma che è stato dominante per secoli.  Da qui le famose chinoiseries, le cineserie tanto di moda nelle case alto borghesi dell’800, non solo nell’abbigliamento, ma soprattutto nell’arredo: vasi cinesi e giapponesi, ventagli, porcellane (la porcellana nasce in Cina) e altro. E le bizarres, le lussuose stoffe operate prodotte tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo, i cui decori sono frutto di una libera e fantasiosa interpretazione di elementi tratti dall’arte cinese e giapponese (una mostra dettagliata è in allestimento presso il Museo Diocesano di Genova).

 

La mostra “Orientalismi” è visitabile fino ad aprile 2018 a Palazzo Bianco.