La lectio magistralis di Renzo Piano al Festival della Comunicazione di Camogli (6 settembre 2018) punta il dito sui grandi cambiamenti della società, di cui l’architettura è simbolo visibile.

Di quanto l’architettura, se così possiamo chiamare certe costruzioni, possa rovinare un paesaggio è davanti ai nostri occhi, quasi quotidianamente.
Ma è anche vero che «nella società i grandi cambiamenti non li fanno gli architetti, ma l’architettura ne è specchio fedele, quando riesce a trasformarli in simboli visibili, in macchine perfette e umane che fanno avanzare la civiltà dei comportamenti in una direzione equa e condivisibile», così il grande architetto Renzo Piano ha impostato la sua lectio magistralis in apertura del Festival della Comunicazione a Camogli.
Festival che avendo per tema ‘#visioni’, ne ha analizzati a fondo – con l’intervento di filosofi, scienziati, scrittori, giornalisti – i varî aspetti legati al mondo attuale e in divenire. Ovviamente, i fatti del Viadotto autostradale sul Polcevera (improp  riamente chiamato ‘Ponte Morandi’) è entrato in quasi tutte le relazioni.

Foto Festival della Comunicazione Camogli

Cambiamento e ottimismo

Renzo Piano ha illustrato la sua visione del nuovo ambiente urbano e del rapporto che intercorre fra architettura e società. Due sono i concetti espressi dal grande architetto: il disastro inteso come cambiamento; pensare con ottimismo.
L’invito a Renzo Piano risale a un anno fa, quindi in tempi ‘non sospetti’ per la coincidenza che il suo intervento avviene a meno di un mese dal disastro di Genova.  Prendendo spunto da questo, l’architetto Piano ne parla come un cambiamento, una rivoluzione. Così come fu una rivoluzione la costruzione del ponte 50 anni fa, è una rivoluzione quella che il 14 agosto ha tagliato la città in due con gravi ripercussioni sull’intera economia nazionale.
Ma una rivoluzione inevitabile, è quella che porta a un cambiamento che deve essere condotto e vissuto in positivo.
Guardare avanti quindi con ottimismo. Renzo Piano ha idee, cultura e grande sensibilità, tutte doti che ha sempre applicato ai suoi progetti apprezzati in tutto il mondo.

«Il cambiamento è necessario – ha detto Renzo Piano – anche se a volte avviene in modo brusco, come una rivoluzione. Ma la rivoluzione non è fatta da architetti né da cineasti o poeti, loro ne sono solo gli interpreti.»

Costruire significa ‘stare insieme’, un cantiere è sempre un luogo di pace. Ovunque ci sono cambiamenti in corso, e l’architetto partecipa a questi cambiamenti.

Come vengono le idee?

«C’è un primo apparire dell’idea che appare quasi come un flash, che magari scacci, di cui diffidi e guardi con sospetto perché è confusa. Poi ci lavori, meglio se ci lavori con altri. E allora vai avanti, guardi nel buio con insistenza e poi lentamente cominci a capire e a vedere

Se è vero che i cambiamenti sono quelli che provocano le idee, allora dobbiamo parlare di Genova. Perché a Genova è successa una cosa terribile: è crollato ‘il ponte’.
«È bello pensare a un “idea di ponte”. Un ponte a Genova non è uno scherzo. Genova è una città portuale, mi piacerebbe che a costruirlo fosse qualcuno che costruisce navi.
«Dev’essere un ponte che di giorno raccoglie energia e di notte la restituisce. Una luce genovese, non una luce sfavillante. Questo ponte deve rappresentare la città, deve esserne il ritratto ed elaborare questo lutto incredibile. È un ponte che deve fare in maniera che nel tempo ricordi questi lutti che però devono essere elaborati e diventare sostanza

Parlando di visioni, Renzo Piano ha ricordato che sotto il ponte c’è un’area importantissima ed è la più grande occasione per Genova di trasformazione urbana verso il futuro; lì sotto ci sono zone ferroviarie dismesse, aree industriali.

Guardare avanti

«Genova bisogna guardarla per quello che è
Qui Renzo Piano ha voluto che fosse proiettata come sfondo la pianta della città: una sottile striscia tra il mare e i monti. Un ‘ago’ l’ha definita. E in questo ago si è svolta nei secoli la sua storia tutta orientata al mare, ai commerci, alle vie di comunicazione.
«Questo evento terribile deve dare forza.» Il cantiere della ricostruzione deve essere un modo per ritrovarsi, Genova deve ritrovarsi. Genova deve costruire sul costruito. «A Genova come si dice “non si spreca niente”. La città non si può espandere. Anche le alture sono già state cementificate. Bisognerebbe piantare milioni di alberi. Tutte le città dovrebbero fare questo

Genova è una città bella e fragile.

«Vorrei però ora parlare di una cosa – ha proseguito Renzo Piano – di cui a Genova non si parla mai: della bellezza. Della bellezza della gente di Genova, sicuramente gente rustica. Guardando la pianta di Genova non si può pensare che la gente non sia parsimoniosa che è una bellissima qualità, “diffidenti” o meglio prudenti perché per andare per mare bisogna essere prudenti. Sicuramente selvatici e taciturni. Beh se si abbassassero un po i toni di voce e si abbassasse lo sguardo sarebbe meglio per tuttiE poi c’è il famoso mugugno… ma i genovesi mugugnano lavorando!»

La bellezza ci salverà

«Ma la bellezza di cui voglio parlare – ha sottolineato Renzo Piano – non è solo quella della gente. Ma quella del mare, che è una bellezza gratis, che non è mai uguale, che è un immenso registratore che per migliaia di anni ha registrato tutto, luci, voci, grida, per restituircelo oggi per chi ha occhi per vedere e orecchie per ascoltare.
«Il mare Genova ce l’ha a sud, quindi la luce ci viene incontro. Questa è la luce dell’intelletto, la luce della generosità, la luce della conoscenza ed è su questi concetti che dobbiamo tutti soffermarci per guardare al futuro. Questa bellezza dell’acqua del mare mi fa pensare che questa parola ci è stata rubata dal marketing e dalla pubblicità che ci fa venire in mente subito la cosmetica. Ma bello è un concetto molto più complesso e profondo che comprende tutto ciò che sta dietro. Si applica a tutto, alla mente, all’arte di stare insieme, non ha nulla della frivolezza che le viene applicata. Genova ha questa bellezza, nascosta, silenziosa

Bellezza, conoscenza e cultura. Su questi concetti l’architetto ha voluto terminare il suo intervento che ha suscitato una ‘standing ovation’ di diversi minuti, la cui eco speriamo non si disperda nel chiacchiericcio futile della banalità.

«Io ho avuto la fortuna – ha concluso – di costruire luoghi per questa bellezza: biblioteche, musei università, luoghi di scienza, conoscenza di comunità. Luoghi che fanno diventare le città migliori, luoghi che fecondano la città. Qui tutto parla di futuro. La ‘visione’ parla di futuro. E chi sa se questa bellezza non sia una delle cose che può salvare il mondo, lo farà una persona alla volta ma riuscirà a farlo. »

La bellezza ci salverà: questo è stato l’augurio, o la raccomandazione; citata il giorno seguente da Mario Tozzi, sempre al Festival della Comunicazione, nella sua relazione sull’Italia da proteggere, con l’aggiunta: «Ma prima siamo noi che dobbiamo salvare la bellezza, senza dimenticare Dante :“fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza“».

In questo video a cura di Festival della Comunicazione Camogli l’intera

Genovese, Renzo Piano si laurea in Architettura al Politecnico di Milano nel 1964; lavora con Louis Kahn a Filadelfia, quindi a Londra dove con Richard Rogers, avvia la Piano&Rogers (1971) con cui vince il concorso internazionale per il Centre Georges Pompidou di Parigi. Dal 1981 apre il suo studio a Genova, con cui realizza negli anni più di 130 progetti in Europa, Nord America, Australia e Asia. Insignito dei più prestigiosi premi internazionali, Piano è stato visiting professor alla Columbia University di New York, alla facoltà di Architettura di Oslo, al Central London Polytechnic e alla Architectural Association School di Londra. Dal 2013 è Senatore a vita.