Furio De Denaro se n’è andato, d’improvviso, la notte del 13 gennaio scorso, lasciando costernati e increduli i suoi tanti amici e ammiratori. Triestino, grande xilografo, studioso delle tecniche dell’incisione, era apprezzato non soltanto per i suoi ex libris ma anche per la sua attività didattica.
Vogliamo rendere omaggio a questo artista ricordardandolo per i suoi studi sulla fisiografia o stampa naturale.
Uno studio esauriente e approfondito di Furio, fu pubblicato nel 2008 nei “quaderni didattici” a opera del civico orto botanico del Comune di Trieste, nella sua elegante collezione. QuadernoDieci è dedicato alla stampa naturale calcografica, detta anche fisiografia, una tecnica poco nota, ma di profondo interesse culturale e didattico.
Affidato a un esperto qual è l’artista incisore Furio De Denaro, docente all’Università di Trieste – come dice la presentazione – il Quaderno soddisfa egregiamente il compito di pubblicazione divulgativa, ma allo stesso tempo completa e approfondita.
Furio De Denaro ha, tra le altre cose, dedicato molte ricerche e molta pratica a questa attività ottenendo interessanti risultati illustrati in quest’opera.
Dalla sua opera – cui rimandiamo – riprendiamo alcuni brani significativi che illustrano questa tecnica.
La fisiografia
La stampa naturale (1) risale al 1852 a Vienna (anche se esiste un documento che ne attesta la scoperta nel 1848 in Inghilterra) quando l’Autore, Alois Auer Ritter (1813-1869) la presentò all’Accademia Imperiale delle Scienze, quale “invenzione del mezzo di produrre nel modo più pronto ed il più semplice, dall’originale stesso, delle forme di stampa d’erbarj interi, di stoffe, di merletti, di ricami, ed in generale d’ogni sorta di oggetti originali o di copie, per quanto sottili possano essere i loro rilievi e le loro cavità”.
Rilievi e cavità appunto, ché la fisiografia si basa sul concetto dell’inchiostrazione di oggetti naturali (ad esempio foglie, ma anche farfalle) con due metodi: quello incavografico, e quello a stampa alta. E qui Furio De Denaro ci offre tutte le spiegazioni possibili con numerosi esempi, e si comprende perché l’opera sia pubblicata dall’Orto Botanico, trattandosi di un vero e proprio erbario stampato con questa tecnica.
La riproduzione dell’immagine o della forma di un oggetto – riporta l’introduzione – può essere infatti ottenuta comprimendo lo stesso sulla superficie di un materiale più morbido, in modo da ricavare su quest’ultimo un’impronta, quale testimonianza plastica della morfologia volumetrica.
Le impronte degli animali, le orme dell’uomo o le impressioni dei sigilli sull’argilla sono alcuni degli esempi che possono essere ricondotti a questo principio e la loro osservazione permette di individuare tracce di vita animale, ricostruire attività umane, interpretare espressioni culturali fino a registrare, nel caso dei crateri generati dalle meteoriti, l’esito di trascorse attività geologiche.
Il termine fisiografia individua, però, quella sezione delle scienze geografiche che si occupa della natura e della distribuzione delle terre emerse e dei mari. Sarebbe però opportuno – ci avverte lil testo – servirsi del medesimo termine, prelevandolo da un vocabolario storico nemmeno troppo remoto, nell’identificazione della tecnica calcografica in oggetto, impiegata intorno alla seconda metà del XIX secolo nella riproduzione a stampa di determinati soggetti dell’illustrazione scientifica.
Dopo un capitolo dedicato alle denominazioni delle tecniche di stampa storiche: xilografia, tipografia, calcografia, litografia,, si passa alla descrizione della stampa naturale.
La stampa naturale
Nella sua forma più elementare, che potremmo denominare stampa naturale diretta (dal greco ektipa, fuori dai tipi), la riproduzione di un oggetto naturale può essere ricavata attraverso la distribuzione dell’inchiostro sulla superficie dell’oggetto stesso in modo da ottenere, esercitando una leggera pressione sulla carta, l’immagine
speculare dell’originale. In un secondo genere di stampa, che potremmo denominare stampa naturale indiretta, l’originale viene impiegato per ricavare un’impronta su una matrice servirà alla riproduzione dell’immagine dell’oggetto stesso.
La denominazione di stampa naturale proposta da Auer potrebbe fin qui risultare etimologicamente corretta – precisa De Denaro – ma è opportuno osservare che l’impronta, o la riproduzione meccanica di un oggetto naturale, può essere ricavata su diversi materiali i quali possono a loro volta servire la realizzazione di differenti generi di matrici, capaci di riprodurre l’immagine dell’oggetto naturale compatibilmente a diversi sistemi di stampa.
Fisiografia è dunque una stampa naturale calcografica e, a pagina 50 del testo, si precisa a tale proposito la distinzione storica tra fisiotipia e fisiografia, proprio riferendo a tecniche che si servono di sistemi di stampa diversi: nella fisiotipia la distribuzione dell’inchiostro interessa la parte superficiale, ovvero non incisa, della matrice per produrre una stampa di genere xilografico o tipografico, mentre nella fisiografia l’inchiostro deve essere distribuito nella parte cava, ovvero incisa, della matrice per produrre una stampa di genere calcografico.
In una ricerca del genere non poteva infine mancare un cenno a Leonardo da Vinci, nel cui Codice Atlantico si fa un riferimento alla tecnica di “stampare in modo positivo” vale a dire il procedimento per ricavare un’impressione calcografica da una foglia.
Un glossario e un’ampia bibliografia completano il lavoro raccomandabile non solo ad artisti incisori, ma anche alle scuole d’arte e di grafica.
Per informazioni: ortobotanico@comune.trieste.it tel 040 360068 www.retecivica.trieste.it
(1)
La stampa naturale – chiarisce in una nota – in tedesco Naturselbstdruck, tecnica calcografica in oggetto,
che come sostenuto in seguito sarebbe legittimo denominare fisiografia, è termine già preso in considerazione dallo stesso Auer. In questa sede si intende proporre un contributo alla ricostruzione sperimentale della stampa naturale, operata attraverso la lettura del testo di Alois Auer già edito in una versione in lingua italiana all’epoca della sua pubblicazione, nel 1853. Il procedimento in oggetto era stato impiegato in Inghilterra ove erano state ricavate impressioni da tessuti e merletti in funzione di campionari d’uso commerciale. In seguito ad una visita condotta alla Stamperia imperiale di Corte e di Stato di Vienna e nel corso di successivi contatti e scambi di campioni, Henry Bradbury aveva informato Auer che sperimentazioni tecniche analoghe alla stampa naturale erano già state realizzate nel 1848 in Inghilterra ad opera di Ferguson Branson. Bradbury ha impiegato il termine Nature printing al pari di Autotype e Photogliphy per denominare questo procedimento.
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