Recentemente un lettore amico (e cliente) mi ha bonariamente fatto notare come i nostri editoriali siano spesso pessimistici e mi ha suggerito di scrivere qualcosa di più positivo. Proviamoci.
Del resto, “la crisi è finita” (parola di Confindustria – v. intervista a Alberto Mazzoleni).
Ha ragione, anche se di questi tempi è molto più facile vedere ciò che non funziona nella nostra società e nel mondo del lavoro. O quanto meno, è ciò che più salta all’occhio. Temevo che, restando ancorati alla realtà quotidiana, non fosse possibile scrivere positivo. E invece nel giro di poche settimane ho vissuto casi molto positivi in tre aziende totalmente differenti tra loro, che mi hanno dato lo spunto per far contento non solo l’amico-cliente, ma, mi auguro, i lettori di MetaPrintArt.
Non farò nomi. La prima azienda è proprio quella da cui parte l’iniziativa. Si trova in Veneto, nel profondo, e mitico, nord-est. Le altre due significativamente in Emilia, zona terremoto.
In tutte, già entrando, si nota un clima positivo, dall’accoglienza, con il sorriso e la disponibilità anche nei confronti di chi non viene qui per acquistare.
Ci è capitato di visitare l’azienda veneta in due occasioni, sempre giungendo nel tardo pomeriggio, dopo l’orario di lavoro. Come entri ti accolgono spillando un bicchiere di birra. E qui i due soci, con collaboratori o visitatori più o meno occasionali, si parla di progammi o dei fatti del giorno. Discussioni informali dalle quali magari vengono nuove idee. Fa parte di ciò che i moderni metodi di organizzazione aziendale chiamano “lean” o “metodo Toyota” dove ciascuno esprime un’opinione a fini costruttivi. Risultato: azienda funzionale, in crescita, che ha vissuto la crisi come opportunità per sé e per i propri clienti.
In Emilia ci colpisce un’azienda produttrice di macchine nel settore delle etichette, che ha vissuto in diretta, e in presenza di clienti stranieri, i terribili momenti del terremoto, che ha letteralmente reso inagibile il capannone, e danneggiato macchine pronte per la consegna. In questa azienda, anziché piangere e attendere gli aiuti statali (del resto non ancora pervenuti) si è costruito un nuovo capannone antisismico, lasciando intatto, a futura memoria, quello distrutto, che chiamano significativamente “la zona archeologica”.
Ma, tanto per non limitarsi a ricostruire, il nuovo edificio, in acciaio e vetro, ha oggi anche una funzione espositiva dove i clienti possono assistere al collaudo delle loro macchine o sperimentare soluzioni su misura.
Altra azienda è una nota serigrafia che esporta per l’85% essendo specializzata nella fornitura di loghi per macchine agricole e movimento terra. Un’azienda che chiamarla oggi serigrafia sarebbe alquanto riduttivo, visto come ha esteso le proprie forniture a soluzioni che altri non hanno saputo trovare e che si sono nel tempo rese indispensabili, e uniche, per i propri clienti. Un particolare: il personale di fabbrica è tutto femminile (compresa la guida dei muletti) per una ragione semplice: “qui il nostro lavoro richiede molta attenzione e precisione e le donne sono più affidabili degli uomini”. Parola del titolare (uomo), che aggiunge “siamo stati la prima azienda in Emilia, a fornire baby sitter alle nostre dipendenti”. Un altro esempio di efficienza organizzativa.
Scrivo queste righe nella convinzione che le tre citate non siano delle eccezioni, perché il nostro Paese, tutto sommato si regge in piedi, grazie proprio (e aggiungerei, tanto per non perdere l’abitudine, nonostante la mala-politica), alle tante piccole e medie aziende che affrontano crisi e avversità col sorriso, ma soprattutto con energia positiva e la voglia di vincere.
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