Oggi fa molta presa una protesta sacrosanta contro una classe politica in parte incapace e in parte corrotta. Ma se il rimedio fosse peggiore del male?
Chi è datato, come chi scrive, ricorda bene le vicende degli scioperi dei ‘padroncini’ nel Cile di Allende. In Italia si rispondeva con scioperi di alcune ore, peraltro inutili, per protestare (c0n chi?) per quanto si presumeva stesse per accadere nel lontano Paese “quasi alla fine del mondo”, per usare le simpatiche parole dell’Uomo dell’anno.
E accadde: il Cile visse per anni una feroce dittatura che non risolse comunque i problemi economici del Paese.
Oggi qui da noi, da questa parte del mondo, si tende a guardare con simpatia il movimento che sta paralizzando le aree industriali dell’Italia per destabilizzare un governo che, sostengono, non sta facendo nulla per gli italiani.
Non è compito nostro valutare questo e altri governi, se non riferire quella che è l’opinione dei più. In effetti, se non ora, negli anni precedenti poco o nulla di buono si è saputo, o voluto, fare. Ma prima di giudicare l’operato attuale, occorre attendere ancora qualche mese. Nel frattempo, i dati dicono che le cose stanno lentamente migliorando. Resta ancora molto da fare per rimediare ai guai della crisi e degli errori dei governi passati: in particolare evitare gli sprechi, combattere la corruzione e l’evasione.
Volendo si potrebbe ma la domanda è: c’è la volontà?
Tornando alle proteste e ai blocchi stradali di queste settimane bisognerebbe guardare con occhio attento e critico: il populismo piace all’italiano medio, salvo poi farsi fregare dal furbo di turno, che promette mari e monti per poi farsi gli affari suoi (e dei suoi famigliari).
Ciò che invece deve preoccupare davvero è chi può essere dietro a coloro che bloccano le strade con i TIR. Chi li comanda? E chi li paga? E il fatto che la polizia sia a volte solidale, non fa venire qualche cattivo pensiero? Certo a pensar male, diceva il mitico Giulio, si fa peccato…
Leggendo le analisi congiunturali delle associazioni di categoria – e limitiamoci alla filiera del nostro settore specifico – si tende a un “forse si sta migliorando o quanto meno non peggiorando” anche se si è ben lontani da quei “tempi ‘d’oro” che, piaccia o no, non torneranno più.
Però intanto, come ci ha confermato Marco Calcagni nella recente intervista che gli facemmo come nuovo presidente di Acimga, l’export delle aziende italiane del settore converting sta andando bene. E questo nonostante il famigerato Euro, nonostante i costi dell’energia che in Italia sono i più cari d’Europa, nonostante gli elevati oneri fiscali e del costo del lavoro.
Ma allora ci sarà una ragione perché si esporta. A noi viene in mente una sola risposta: che molte aziende italiane producono macchine (ma anche servizi) di alta qualità. E sono ben condotte. Altre forse fanno più fatica a entrare sui mercati esteri, come dimostra il recente nostro articolo sulla internazionalizzazione.
È certo che se anche i politici fossero come i buoni imprenditori, le cose andrebbe molto meglio.
Ma se poi coloro che, quasi sempre a ragione, vogliono mandarli tutti a casa, quando si tratterà di andare a votare per eleggere quelli che dovrebbero sostituirli (scelti da noi, s’intende), si asterranno o voteranno scheda bianca, allora quelli resteranno ancorati alle loro redditizie poltrone.
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