Sul tema “Il piacere di voltare pagina: il libro di carta nell’era digitale” Nando Pagnoncelli e i responsabili della filiera carta-grafica-stampa hanno discusso il settore. Ma manca qualcosa. Anzi molto.
L’Assemblea pubblica del 17 giugno della Federazione della Filiera della Carta e della Grafica * ha puntato il dito sull’ormai radicato problema del calo di stampati. E fin qui nulla di nuovo. La delusione resta nel vedere la reazione delle associazioni e degli imprenditori.
I dati congiunturali dei comparti industriali rappresentati, illustrati dal presidente Paolo Culicchi evidenziano “che nonostante il leggero ottimismo di fine 2013, il 2014 non ha ancora interrotto il trend negativo degli ultimi semestri, con gli opportuni distinguo che vedono il comparto grafico maggiormente caratterizzato da una situazione di difficoltà e persistenti negatività rispetto agli altri.” Un quadro che evidenzia la grande difficoltà di settori con scarsa apertura al commercio internazionale e legati a consumi non primari.
“Il rilancio potrebbe essere legato ad alcune iniziative, più volte ribadite nelle opportune sedi istituzionali, come la detrazione della spesa per l’acquisto di libri e abbonamenti a quotidiani e periodici, la detassazione della pubblicità incrementale, un sostegno all’industria manifatturiera con una riduzione dei costi energetici.”
Tutti rimedi di cui si parla da anni, ma che oltre a essere disattesi, non hanno finora dato alcun risultato. Tanto da chiederci: “Ma sono questi i provvedimenti da prendere? Non c’è altro che gli imprenditori e chi li rappresenta, possono fare?” Ma anche: “Se il mondo della comunicazione è cambiato, perché non cambiare anche l’approccio delle aziende di stampa nei confronti della comunicazione?” Domande banali, ma che all’Assemblea non hanno avuto riscontro.
Il problema digitalizzazione
Dopo il quadro negativo sulla nota abitudine degli italiani a non leggere presentato da Nando Pagnoncelli (ma non c’era bisogno di tale conferma) il dibattito tra i presidenti delle varie associazioni di filiera si è incentrato sul fenomeno della digitalizzazione che “può portare anche a profondi cambiamenti strutturali, le cui ripercussioni potrebbero produrre effetti a oggi complessivamente non dimensionabili.”
Il condizionale ci sembra superfluo: è un dato di fatto, anche se a qualcuno sembra essere sfuggito.
Tornando alla ricerca condotta da IPSOS e illustrata da Nando Pagnoncelli, su “il libro di carta nell’era digitale” non solo i principali fattori che incidono sulla riduzione dei volumi di prodotti stampati sono correlati ad aspetti diversi dallo sviluppo dei media digitali, ma “il nostro Paese è altresì connotato da alcuni specifici trend, quali l’elevato tasso di invecchiamento della popolazione, il basso tasso di istruzione e la scarsa abitudine alla lettura [ultimi in Europa con il Portogallo – ndr] che pur non incoraggiando la stampa di libri e giornali, “rallentano inevitabilmente l’affermazione del processo di digitalizzazione.”
Con una serie di dati proiettati in cui si evidenziano i vantaggi indiscutibili della carta, ci tranquillizza dicendo che “la carta quindi non scomparirà anzi il libro è tuttora preferito all’e-book.”
Fin qui niente di nuovo. Ma, ecco il succo: “Saranno comunque gli imprenditori del settore a dovere dare un ruolo nuovo al prodotto, sia nei contenuti, sia nella confezione e nell’uso. Un fenomeno quindi che rappresenta più una sfida che non una minaccia.” E meno male che ci ha pensato Pagnoncelli a dirlo.
Ed è su questo punto che vorremmo richiamare l’attenzione.
Non siamo d’accordo con il ‘mea culpa‘ di Gianbattista Colombo, secondo cui è mancato uno sforzo comune tra le associazioni di filiera per una comunicazione efficace, soprattutto nei confronti del pubblico, inteso come istituzioni.
A nostro modesto parere – per quel che conta – da queste c’è da aspettarsi ben poco oltre a vane promesse. Gli italiani non leggono perché ormai da generazioni la scuola e le famiglie hanno dato forfait sull’istruzione; perché le televisioni commerciali e, più colpevolmente, quella di Stato hanno preferito abituare la massa al divertimento facile ed esente dal pensiero, secondo il ‘sano’ principio del “panem et circenses” che portò alla disfatta dell’Impero romano.(1)
Oggi poi, che assicurare il “panem” può creare qualche problemino in più, è difficile investire in libri o giornali (anche se in molti casi con la lettura ci si aggiorna e si possono scoprire soluzioni non immaginate) o in cultura in generale.(2)
Una volta, chiedendo perché se vendono tante macchine da stampa in Romania, mi risposero che i ‘rumeni leggono’. Il sillogismo è dunque questo.
Cosa manca all’imprenditoria
Ma tornando alla discussione della tavola rotonda moderata da Andrea Biondi, giornalista de Il Sole 24 Ore, e che ha raccolto il punto di vista dei presidenti di Assografici, Giovanni Battista Colombo; di Assocarta, Paolo Culicchi; di Acimga, Marco Calcagni; di Aie, Marco Polillo e di Anes, Antonio Greco, è ancora emerso che le misure ritenute da tutti necessarie per una rinnovata spinta alla crescita “si riconducono al sostegno mirato da parte del pubblico, all’accelerazione del cambio generazionale e della riduzione del gap digitale nelle aziende, alla realizzazione di contenuti di qualità, alla migliore promozione degli aspetti di sostenibilità e riciclabilità della carta.”
A parte Marco Calcagni, il più sereno nell’illustrare un andamento positivo del settore vendite macchine per il converting il cui export tocca quote de 90%, non abbiamo rinvenuto proposte concrete e risolutive.
Solo una domanda ci resta: quanti imprenditori della stampa e attività correlate, hanno finora preso in considerazione le nuove strade che si stanno profilando e che non solo negli USA, ma in molti Paesi evoluti hanno fatto dell’azienda di stampa, una azienda di comunicazione interattiva a 360° ?
Del resto, come evidenzia anche la foto di copertina, ci sono ‘attività’ preferite non solo alla lettura su carta, ma anche al godimento di un buon panorama.
Quanti hanno fino a oggi preso in considerazione le potenzialità della carta a realtà aumentata, sia nel campo della pubblicità, sia nel campo dell’informazione e della documentazione tecnica ? Del resto tra i messaggi illustrati da Pagnoncelli risalta questo riferito dal giornalista Luca De Biase “Il tema dell’interfaccia resta aperto a nuove creatività: la carta a realtà aumentata è una di queste” (si rileggano in proposito questi articoli: “Le App come strumenti di vendita” e “Industria grafica: trend e prospettive“, quest’ultimo quale resoconto del convegno organizzato da Kodak a Milano. (3) E a chi non lo avesse ancora letto, raccomandiamo il libro di Giuseppe Berta “Produzione Intelligente” (Einaudi Editore), che analizza tra l’altro, il comportamento di Confindustria e Sindacati, istituzioni non più adeguate alle necessità attuali.
E questa sarebbe la notizia buona. Ma quella cattiva è che, parlando con diversi operatori, ci risulta che queste innovazioni (e altre) siano percepite più dai collaboratori tecnici delle aziende, che dagli imprenditori, ancora troppo legati alla tradizione, e lentissimi a recepire i cambiamenti.
E allora perché si lamentano?
* Che rappresenta i comparti industriali di Assografici (grafica e cartotecnica), Assocarta (carta) e Acimga (macchine per la grafica e cartotecnica) e che conta di più di 20mila aziende con circa 180 mila addetti e un fatturato di 23 miliardi di euro pari all’1,5% del PIL italiano.
(1) A proposito dell’informazione pubblica e ufficiale nel nostro Paese, si può andare a rileggere questo articolo che risale al 2012, ma sempre attuale: “Rashōmon, le due verità”
(2) Purtroppo le statistiche mostrate da Pagnoncelli fanno di tutta l’erba un fascio e non distinguono quali tipi di letture: libri rosa, romanzi storici (conoscere la storia è sempre utile per capire dove si sta andando) o saggi i economia e scienza? Quali giornali: Il Sole 24 Ore o La Gazzetta dello Sport e Novella 2000?
(3) Per chi fosse interessato, il prossimo 8 luglio si terrà a Brescia un corso sulle tecniche con le App per la comunicazione interattiva, con le ultime novità viste a un convegno a Chicago. Daremo informazioni dettagliate.
** L’articolo citato nel commento di Mario Di Berardino qui sotto si può leggere qua: Andrea Garnero
Leggere fa venire l’emicrania, questo è scientificamente assodato – pare, ma la dottrina è divisa in merito – che leggere possa perfino portare a pensare. Attività questa del tutto rivoluzionaria e come tale da essere decisamente deincentivizzata a livello governativo, come da efficiente programma statale in atto. Quanto a eventuali promozioni, teoriche perché autolesionistiche, qualora dovessero essere per assurdo prese in considerazione, non risolverebbero il problema. Difficile ipotizzare un incentivo alla lettura di diverso peso se diretto a supporto cartaceo o a supporto elettronico. Quindi il deprecabile intervento sarebbe comunque a impatto zero nei confronti della scelta cellulosa / Bit.
Resta poi la vexata quaestio di due aspetti: mercato & progresso. Sono 2 componenti che nella storia dell’umanità hanno sempre giocato un peso non indifferente. Direi che sarebbe meglio concentrare l’attenzione sugli aspetti umani di una rivoluzione che si muove molto più veloce di quella dei tempi di nonno Gutenberg. In altre parole, se vogliamo usare un linguaggio forbito che usualmente serve per condir via tutti, si tratta di “ristudiare l’allocazione delle risorse rivelatesi esuberanti. Risorse umane in primis”. Anche gli impianti vanno un cicinin rivisti. Recentemente in CCIAA a Milano nell’esaminare le percentuali di riduzione nei quantitativi di carta annualmente consumati, si è cercato di tradurre in termini di produzione da continua. I più ottimisti hanno concluso che ogni anno diventa inutile almeno una ‘continua’ di quelle belle moderne. Il processo sembra in accelerazione.
Caro Picasso
come al solito questi incontri portano solamente a lunghe presentazioni in un bell’Italiano senza molta sostanza e senza i fatti crudi. Alla fine tutti hanno parlato hanno fatta bella figura. Tutti sono contenti intanto non cambia niente. Marco Tu poi immaginarti come è difficile scrivere poi qualcosa su questi incontri per un rivista estera.
Mio caro Marco,
se nei comparti industriali che fanno parte della Filiera della carta e della stampa aspettano il rilancio del settore da parte delle opportune sedi istituzionali, non non hanno ancora ben capito quale dovrebbe essere il ruolo degli imprenditori; non possiamo quindi aspettarci che in futuro le cose possano migliorare. Anzi, credo che questo modo di intendere l’impresa, che purtroppo è ormai un fatto congenito di gran parte delle nostre Aziende ( ved. l’articolo di Andrea Garnero su IL FOGLIO del 24 aprile u.s.: “Produttività, questa sconosciuta….”), faccia indubbiamente il gioco di un signore chiamato Bill Gates del quale Massimo Gramellini parla in questi termini nel suo libro “Fai bei sogni”: “Sono momenti duri per gli ultimi seguaci di Gutenberg: l’orco Bill Gates ha appena dichiarato di voler abolire la carta entro la fine del prossimo decennio. E l’han pure applaudito, anziché tirargli una Playstation in testa”.
Questi signori continuano purtroppo a non capire che già da tempo avrebbero dovuto rimboccarsi le maniche e darsi da fare per la ricerca di nuovi orizzonti e di nuovi lidi verso cui volgere il timone, come sostenevano i tuoi antenati navigatori genovesi; la globalizzazione… ma cosa significa?
Ciò che i vari operatori con i quali hai parlato ti hanno riferito risponde alla nostra realtà, che purtroppo non è attuale, ma datata: le innovazioni e le nuove tecnologie sono (da sempre) percepite più dai collaboratori tecnici che dagli imprenditori.
Temo quindi che la risalita non sarà molto facile se il pensiero ricorrente dei principali attori del comparto, quali sono le Aziende, non avranno la capacità e la voglia di guardare oltre il proprio orticello.