Nell’editoriale di fine luglio “Fake news, analfabetismo e stampa”  annunciavamo una analisi di Carlo Fraschetti sul tema dell’analfabetismo digitale. Puntuale, nonostante le sirene delle vacanze al mare, Carlo ci offre questo interessante studio che condividiamo con i nostri 28 lettori. Invitiamo a leggere e a tenere presente questa analisi che, nella parte finale, affronta con competenza un tema di grande attualità nel mondo del lavoro: l’intelligenza collettiva e il reverse-mentoring.

di Carlo Fraschetti *

Carlo Fraschetti

Carlo Fraschetti

Le notizie nel 490 a.C. viaggiavano a piedi e di corsa. Fidippide era un militare ateniese di professione emeròdromo «colui che può correre per un giorno intero» per portare notizie. Quando l’esercito persiano si attestò a Maratona, Fidippide (noto anche come Filippide) partì da Atene per chiedere aiuto a Sparta, ritornò subito ad Atene e quando i persiani furono sconfitti a Maratona corse ad Atene per annunciare la vittoria. In pochi giorni l’emeròdromo percorse circa 500 km e morì stremato dalla fatica. La specialità olimpica chiamata Maratona è dedicata alla sua impresa. [I chaski incas erano più organizzati e le loro staffette coprivano le stesse distanze in meno tempo. Senza lasciarci la pelle – ndr]

La necessità di avere più notizie o comunicare più in fretta rispetto a 2.500 anni fa ci ha portato ad avere una infrastruttura come internet, che ha radicalmente cambiato la comunicazione, il lavoro e lo stile di vita di molte persone, ma non in modo omogeneo e non per tutti gli strati sociali.

Quando accendiamo un pc, uno smartphone o un tablet, è come stare davanti a un getto d’acqua ad alta pressione, che rischia di farci annegare se non utilizziamo una nostra ‘diga mentale’ fatta di rubinetti, che riducono e selezionano il flusso per consentirci un assorbimento ragionato. [Ogni minuto vengono inviati 42 milioni di messaggi su whatsapp  – ndr].   Rende forse meglio l’idea la gran mole di informazioni disponibili che abbiamo, pensando di entrare in una biblioteca, consultare un archivio o una enciclopedia mondiali, non sapendo da dove cominciare.

Nel corso dei secoli la comunicazione e la cultura dei popoli è passata dalla modalità orale a quella scritta, alla stampa e ora a quella digitale, ma le classi sociali che ne potevano usufruire erano quelle più elevate per censo, stato economico o culturale.

Nuovi analfabetismi

L’evoluzione della comunicazione, e l’accesso alla cultura, ha permesso di ridurre in modo considerevole l’analfabetismo strumentale (incapacità di leggere e scrivere), ma ogni volta che l’evoluzione tecnologica ha migliorato la cultura dei popoli, si sono riproposti nuovi analfabetismi.

L’accesso al sapere o al saper fare è rimasto appannaggio di una parte delle popolazioni più progredite dal punto di vista economico, sociale e culturale, e tutt’ora l’infrastruttura di internet, per esempio, è deficitaria in molte zone del mondo e anche nel nostro paese [il 59% della popolazione mondiale ha accesso a internet – ndr].

Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi, è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti.”
I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.”   (Umberto Eco)

Umberto Eco possedeva una biblioteca personale di migliaia di libri cartacei e riusciva a trovare in pochi minuti il testo che cercava. Quando apparvero le prime tecnologie multimediali, come i CD-Rom, esclamò: ”Finalmente possiamo scrivere la storia del mondo” e nacque il progetto Encyclomedia, un’enciclopedia che raccoglie migliaia di saggi di centinaia di esperti messi a disposizione di scuole, studiosi e di chi vuole saperne di più. Prevedeva la fine degli elenchi telefonici, dei dizionari e delle enciclopedie, ma non quella dei libri cartacei.

Elogio del libro cartaceo

I libri da leggere non potranno essere sostituiti da alcun aggeggio elettronico. […] Sono fatti per essere presi in mano, anche a letto, anche in banca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, possono essere sottolineati, sopportano orecchie e segnalibri, possono essere lasciati cadere per terra o abbandonati aperti sul petto o sulle ginocchia quando ci prende il sonno, stanno in tasca, si sciupano, assumono una fisionomia individuale a seconda dell’intensità e regolarità delle nostre letture […].  Il libro da leggere appartiene a quei miracoli di una tecnologia eterna di cui fan parte la ruota, il coltello, il cucchiaio, il martello, la pentola, la bicicletta.

(Umbeto Eco – La bustina di Minerva)

Umberto Eco era molto favorevole alla consultazione di Wikipedia, ma da grande studioso e intellettuale quale era, non si fidava della bontà delle notizie riportate e contribuì lui stesso alla stesura della voce “Umberto Eco”.

Ma allora, quello che leggiamo tramite internet è vero o falso? È una bella domanda e la risposta dipende da diverse motivazioni.

Euristiche e bias cognitivi

La massa e la velocità delle informazioni ricevute mettono in condizione il nostro pensiero di utilizzare delle scorciatoie chiamate “euristiche” che semplificano il processo di assorbimento dei dati. Non tutti possiamo sempre verificare e valutare la bontà di quello che leggiamo o ascoltiamo, come faceva Umberto Eco. Ci fidiamo perché lo ha detto il TG, l’ho sentito alla radio, l’ho letto su Facebook, ne parlavano al bar o al supermercato.

Annamaria Testa, consulente per la comunicazione, giornalista, saggista ha affrontato più volte questo tema sul suo blog Nuovo&Utile.

L’ULTIMA NOTIZIA DISPONIBILE. Se i media fanno (alcuni meglio, altri peggio) il loro lavoro, sta a noi fare il nostro. È un lavoro di igiene del pensiero e della memoria. Si fa selezionando le fonti. Considerando bene i fatti. Ampliando le prospettive, comprese quelle che riguardano la percezione del rischio, che non va né sovrastimata né sottostimata. (Annamaria Testa)

Se non regoliamo bene i nostri rubinetti mentali e le euristiche, rischiamo di impelagarci nel binario morto di bias cognitivi errati, costituiti da preconcetti o pregiudizi errati alimentando la diffusione di notizie false, più note come fake news. È provato dal punto di vista statistico (fonte MIT-Massachusetts Institute of Technology) che le notizie false viaggiano a una velocità maggiore di quelle vere e in modo più esteso.

Altri analfabetismi

La situazione delle competenze digitali in Italia non è confortante.

[…] L’Italia si colloca al 24º posto fra i 28 Stati membri dell’UE nell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI- Digital Economy and Society Index) della Commissione europea per il 2019.  L’Italia è in buona posizione, sebbene ancora al di sotto della media dell’UE, in materia di connettività e servizi pubblici digitali. […] Tuttavia tre persone su dieci non utilizzano ancora Internet abitualmente e più della metà della popolazione non possiede competenze digitali di base.  Il livello delle competenze digitali di base e avanzate degli italiani è al di sotto della media UE. […] Solo il 44 % degli individui tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (57 % nell’UE) [Fonte Commissione Europea-Relazione Italia-DESI 2019].

Siamo in presenza di un analfabetismo digitale, che si aggiunge all’analfabetismo funzionale.

Mentre una persona completamente analfabeta non è in grado di leggere o scrivere, una persona funzionalmente analfabeta ha una padronanza di una base dell’alfabetizzazione […] riesce a comprendere il significato delle singole parole, ma non riesce comunque a raggiungere un livello adeguato di comprensione e di analisi ed a ricollegare contenuti nel quadro di un discorso complesso.” (Fonte Wikipedia).

I dati più attendibili a cui far riferimento sono quelli dell’indagine Piaac – Ocse (2019). Secondo queste statistiche, in Italia, il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Il dato è tra i più alti in Europa, eguagliato dalla Spagna e superato solo da quello della Turchia (47%).

Purtroppo l’analfabetismo è oggettivamente un instrumentum regni, un mezzo eccellente per attrarre e sedurre molte persone con corbellerie e mistificazioni”.
(Tullio De Mauro)
[E purtroppo lo possiamo constatare ogni giorno, non solo sui social, ma anche con le interviste TV a certi politici e dai titoli di certi giornali – ndr]

Analfabetismo di ritorno

Notizie false (bufale o fake news), bias cognitivi, euristiche errate, analfabetismo funzionale e digitale danno vita a un analfabetismo di ritorno che rende difficile stare al passo con il progresso tecnologico in continua evoluzione.

Abbiamo strumenti e infrastrutture da dover utilizzare al meglio nella vita reale (off-line) e nella vita virtuale (on-line), ma non per il solo beneficio di una parte della popolazione.

Ormai non viviamo più solamente nella biosfera come gli altri esseri viventi, ma anche in quella che viene chiamata infosfera, costituita dall’insieme dei mezzi di comunicazione e delle informazioni che da tali mezzi vengono prodotte. E forse non ce ne siamo accorti.

Intelligenza collettiva e reverse-mentoring

Non possiamo e non dobbiamo aspettarci che la soluzione del problema ci venga imposta sempre e solo dall’alto, dal governo, dallo Stato, dall’azienda o ente dove lavoriamo o da un altro ente supremo.
Ognuno di noi deve essere più partecipe, disponibile a condividere le proprie esperienze con gli altri, curioso, insaziabile di voler sapere e conoscere non accontentandosi mai.   La pigrizia, l’accidia e l’ignavia sono i migliori alleati di chi non vuole assumersi le proprie responsabilità, a beneficio di chi vuole che tutto cambi non cambiando nulla. [«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» Giuseppe Tomasi di Lampedusa “Il Gattopardo” – ndr]

Oggi, se due persone distanti sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l’una con l’altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai generale, per grandi linee, è questa in fondo l’intelligenza collettiva” (Pierre Levy).

Trasmettere il sapere

L’intelligenza collettiva di cui parla Pierre Levy sembra l’uovo di Colombo: condividere e connettere due o più persone per migliorare il proprio sapere cooperando, nella vita privata e in quella professionale.
La premessa a tutto questo è che ognuno deve dare prima il proprio contributo di conoscenza, sapere e competenza e poi ricevere altrettanto.

Nel passato i giovani apprendisti iniziavano a lavorare nelle aziende per imparare un mestiere. Erano affiancati dai più anziani “maestri artigiani” con il compito di insegnare a saper fare e accrescere le competenze delle nuove leve.  Proprio adesso occorre recuperare quello spirito di collaborazione tra senior e junior anche nella modalità inversa, chiamata “reverse-mentoring“.   I giovani nativi digitali sono più esperti per insegnare ai più anziani a utilizzare al meglio gli strumenti del mondo digitale.

I dirigenti aziendali, se non lo hanno già fatto, devono facilitare e incentivare l’intelligenza collettiva dei collaboratori a tutti i livelli, nella modalità verticale e orizzontale dell’organigramma.

Chi ha timore o non vuole perdere lo status quo o la propria rendita di posizione costituirà un vero freno al superamento dell’attuale crisi economica causata dalla pandemia e al ripensamento di un nuovo modo di lavorare nel breve periodo.

La conoscenza è potere. La scrittura è fonte di potere nelle società moderne, perché rende possibile trasmettere conoscenza meglio, più rapidamente e più lontano.” — Jared Diamond, “Armi, acciaio e malattie

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* Carlo Fraschetti si occupa di carta e “… consiglia la miglior scelta di carte e supporti da stampare per il tuo progetto grafico”. A sua firma abbiamo pubblicato il 18 dicembre 2019 l’articolo “Leggere, Ascoltare e Partecipare per essere più liberi”.

FOTO  credits: Ketty la Rocca