Drupa rappresenta da sempre una pietra miliare nello stato dell’arte dell’industria della stampa. Quest’anno, se pur in tono minore per numero di visitatori e affari realmente conclusi, aveva un significato specifico, tale era l’attesa di vedere come si sarebbero comportate le aziende in crisi e come avrebbe risposto il mercato.
In parole povere, per vedere che aria tira.

Ma drupa oltre che la fiera delle tecnologie di stampa per eccellenza, da cui ricavare informazioni sulle tendenze, è anche una ‘fiera delle vanità’ in cui tutti proclamano il meglio di tutto. Per un’analisi corretta occorre quindi eliminare la crosta dorata degli annunci e guardare più nel profondo. Proviamo.

drupa è la fiera simbolo della stampa ma anche del packaging

La carta stampata serve?

Primo punto: la stampa serve ancora? È richiesta? Secondo un’indagine condotta da Canon e di cui ha riferito David Preskett, direttore stampa professionale di Canon Europa, i clienti degli stampatori sono per la maggior parte soddisfatti dei loro fornitori (88%) ma solo il 30% lo è pienamente. Il problema è che praticamente nessuno ha idea del ritorno reale dei loro investimenti in carta stampata. Questa mancanza di informazioni contrasta con i servizi via web in cui tutto è misurabile e misurato. Anche se, occorre precisare, a volte le misure sono fuorvianti nei settori industriali in cui non si può far il confronto con i grandi numeri di siti dedicati ad argomenti non tecnici. Basta vedere quanti sono i follower in Twitter  di personaggi famosi e quanti quelli di un sito di scienza e tecnica, tanto più se specializzato.

Conoscere il mercato

Ciò che è preoccupante invece, è che se la maggioranza dei print buyer ritiene che gli stampatori, pur se aggiornati in fatto di macchine e tecnologie di stampa, siano poco propensi (meno del 50%) ad aggiornarsi in fatto di servizi innovativi e se lo sono lo fanno in maniera approssimativa. Sorprendente anche la scarsa conoscenza reale da parte dei compratori di stampati sulle possibilità offerte dalla stampa digitale in fatto di personalizzazione, della stampa on-demand e delle tirature su misura o delle pre-tirature: questo può significare che gli stampatori loro fornitori non li tengono sufficientemente informati.
Molto interessante a questo punto l’opinione della associazione dei fornitori americani di tecnologie per la stampa, editoria e converting (NPES). Da un’analisi del mercato negli anni della crisi (2008-2012) emerge che il mercato degli stampati è in ripresa ma il fatturato globale viene suddiviso tra un minor numero di stampatori rispetto al passato (il loro numero è calato da 37.673  nel 1998 a 28.285 nel 2011 – e guardando queste cifre ci dovremmo rendere conto di come in Italia ci sia eccessiva esuberanza di aziende di stampa, come del resto è stato sottolineato nella recente analisi di Alessandro Nova per GCT).

Negli USA il 15% del fatturato delle aziende di stampa non riguarda la carta stampata

Ma ciò che va sottolineato è che dal 2009 a oggi il 15% del fatturato degli stampatori sopravvissuti proviene da servizi ausiliari e non dalla carta stampata e questo la dice lunga sulle tendenze e su come le aziende di stampa dovranno muoversi nel prossimo futuro.
Una delle più importanti aziende di stampa negli USA, che maggiormente ha puntato sulle innovazioni, sostiene che non è più il tempo del “quanto e quando”, e se è vero che la stampa digitale e le nuove tecnologie (vedi Landa nanotechnology) prima o poi surclasseranno la stampa litografica − concetto che sarà duro da accettare − il problema degli stampatori sarà invece quello di sapere quali servizi fornire e come. Le nuove generazioni daranno sempre più importanza alla comunicazione cosiddetta cloud, tramite smart phone e tablet – e ci sono aziende fornitrici pronte in questo campo – anche perché sono mezzi considerati più ecologici rispetto alla carta (anche se ciò non è affatto vero ma, come sappiamo, “fa più rumore un albero che cade che una foresta che scompare”, e nel nostro caso la ‘foresta’ sono le popolazioni e i territori il cui sottosuolo fornisce le materie prime per le batterie dei telefonini).

Risvolti tecnologici

Questo in termini generali e di mercato. Ma quali tecnologie sono emerse da questa drupa?

Una vista ravvicinata della macchina Landa con nanoink

Ormai la nanotecnologia di Benny Landa ha fatto il giro del mondo e senza dubbio è quella che maggiormente ha impressionato i visitatori. Il suo stand è stato di gran lunga il più affollato e non tutti hanno potuto vedere le macchine da vicino. Nessuno poi ha potuto avere in mano uno stampato. Ma ciò che più conta è il principio: la rivoluzionaria tecnologia di stampa di Landa quando sarà sul mercato avrà un impatto non indolore per tutte le altre, quelle digitali in primo luogo. Benny Landa ha fatto anche una intelligente operazione di marketing (e di business) facendo prenotare le macchine a colpi da 10.000 dollari (almeno due in Italia) con cui finanzierà il proseguo delle ricerche e la definitiva messa a punto delle macchine.
Gli accordi con le grandi Case produttrici di macchine offset (e non digitali) stanno a dimostrare in che modo entrerà sul mercato. Ci sono i detrattori che ritengono la nanostampa più una battuta di marketing che una realtà tecnologica: ma ricordiamo che la rivoluzione sta nel concetto innovativo nel suo insieme, e non tanto nel ‘nano’ che in fondo non è una novità nell’inkjet.
Il nuovo inchiostro (il nanoink) forma infatti un puntino perfetto non tanto per le dimensioni, ma perché non viene assorbito e si fissa istantaneamente sul supporto senza spandere.

MasterFlex Bobst

La MasterFlex Bobst con 8 gruppi stampa e controllo registro in linea

Ma anche le altre tecnologie hanno mostrato qualcosa di interessante. In particolare vorremmo sottolineare come il punto focale di questa drupa sia stato il packaging: converting e cartotecnica sono i settori in cui si sono viste più novità reali, come abbiamo già scritto e su cui torneremo. Senza dimenticare ciò che sta alla base di una buona gestione della stampa del packaging: i software. Prodotti difficili da valutare su uno stand fieristico se non con lunghe e complesse dimostrazioni. Da quanto abbiamo potuto osservare, sono poche le Case fornitrici di software professionali, ed è comunque arduo valutarne le differenze sia a priori, sia nella gestione ordinaria e nell’assistenza. Anche su questo torneremo per approfondire quello che offrono ad esempio i cinesi della Founder (in Italia BeeGraphic) che con la loro ormai lunga esperienza e una ricerca approfondita in collaborazione con l’Università di Pechino e altre istituzioni prestigiose, hanno risolto non pochi problemi a imprese cartotecniche e di converting, compreso il mondo delle etichette, in tutto il mondo, Italia compresa.