Con il suo commento settimanale cui rimandiamo, il nostro esperto economico, Vittorio Malvezzi, con il suo sano “pessimismo che si basa sui fondamentali” ci dice che non c’è da stare allegri. Questa settimana, anche in base a recenti esperienze, presentiamo il suo commento con queste note.
A metà maggio è bastata la notizia che tutto sommato la Cina non tira più come prima che da Tokyo fino a noi le Borse crollassero. Poi, per evitare il peggio (se c’è un peggio) si è cercato di diffondere notizie positive (ci vuole molta fantasia a dir la verità) per ridare fiato alla finanza (ma non all’economia).
E così di notizia in notizia si arriva a quelle che il nostro esperto cita nel suo commento settimanale definendole, in termini sintetici, “disinformazione“.
Pare che però il pessimismo non sia solo quello del nostro, ma condiviso sempre più. Il suo timore, che comunque vi invitiamo a leggere per intero (SoldiOnLine) è che “Le riviste internazionali più o meno specializzate, sono nel caos più completo e mandano messaggi preoccupanti“.
E intanto il tasso di disoccupazione continua a crescere.
Pochi giorni fa i poligrafici di Bologna e Modena si sono incontrati con alcuni giornalisti del nostro settore e, soprattutto, con funzionari di banca, per interrogarsi sul futuro (ne parliamo in questo articolo); martedì 4 giugno (domani) si incontrano quelli di Milano e sentiremo cosa si dirà.
Qualcuno sperava di uscire dall’incontro sapendo come aumentare il proprio fatturato fin da domani. Ci è sembrato un po’ deluso perché nessuno ha saputo dargli la formula magica.
Si cercano colpe per spiegare la situazione irreversibile in cui ci stiamo trovando e, si dice che una di queste sia l’Euro.
Chi scrive queste righe di commento non è in grado di valutare se e come questo sia vero (ma forse lo è).
Così il commenta con realismo Malvezzi: “Se una strada a senso unico mi porta verso un ponte crollato o pericolante per il mezzo che sto guidando, sarebbe follia proseguire. Lo dica un Grillo o invece un qualunque chaffeur di buon senso.”
In tutti i casi quegli imprenditori (stampatori) e loro consulenti che ancora credono o sperano che da qui a qualche anno le cose si rimetteranno a posto, forse dovrebbero stare un po’ attenti e prendere le necessarie misure, prima che sia troppo tardi.
Per tornare al pareggio dei conti, e quindi a un po’ di tranquillità, secondo i sindacati ci vogliono 60 anni; secondo ISTAT ce ne vogliono 80.
Sempre che banche, banchieri, finanzieri, governi facciano le cose come vanno fatte, cioè pensare alla nazione e alla collettività, e non solo alla propria pancia.
Ma ne dubito.
Scrivi un commento