Il Flexo Day 2018 è occasione per scambiare due opinioni con Marco Gambardella nella sua nuova veste di presidente ATIF e di titolare in una importante azienda di packaging.

La prima domanda che rivolgiamo al nuovo presidente ATIF, Marco Gambardella, non può che essere: come vede il settore nella sua doppia posizione.

Gambardella Marco

Marco Gambardella presidente ATIF

Marco Gambardella – In generale vedo il nostro settore in positivo, perché il mercato è in crescita, la flessografia è in continua evoluzione tecnica. Allo stesso tempo, bisogna prendere coscienza del fatto che in questo momento siamo in tanti nel nostro settore. Di conseguenza si sente una mancanza di figure tecniche. Del resto questo è un problema generale che non riguarda solo noi. L’ATIF come associazione ha un compito importante perché deve svolgere un ruolo di protagonista implementando la formazione, la ricerca e la comunicazione dei documenti tecnici che sviluppa.

Rispetto alla presidenza di Sante Consenlvan che è un fornitore oltre che un tecnico, ora abbiamo alla presidenza un operatore diretto.

M.G. – Sante ha fatto un gran lavoro rivoluzionando l’Atif. L’ha resa l’associazione leader a livello europeo. Il passaggio della presidenza a uno stampatore si potrebbe considerare come un completamento. Si è aggiunta l’area mancante che Sante ha cercato di sviluppare senza poter penetrarla. Come vediamo in questo convegno, ha seminato e ha raccolto buoni frutti. Un altro fattore importante è che oggi abbiamo assistito alla partecipazione diretta di grandi brand come Barilla, Coop, Galbani, Esselunga. Sarà ora nostro compito cercare di sensibilizzare sempre di più i grandi brand alle problematiche della flexo.

Voi, intendo come azienda oltre che come associazione, siete vicini al discorso sostenibilità.

M.G. – Sì. È nella ricerca e sviluppo della sostenibilità dove facciamo i maggiori investimenti con gli utili di fatturato. Oggi, ad esempio, un grande brand a livello mondiale ci ha dato dei consigli che vanno proprio in quella direzione. Credo che la plastic strategy faccia parte delle linee guida che dovremo seguire dal 2022 in avanti. Molte volte la sostenibilità viene vista dai mass media come un attacco verso la plastica. Invece le aziende che producono e utilizzano la plastica si sono occupate negli ultimi anni di etica e rispetto ambientale e sociale. Per l’economia circolare questo può essere un attrattore di moltiplicatore di competitività che sicuramente sfrutteremo.

Potresti dare qualche suggerimento alle aziende flessografiche italiane per esportare maggiormente all’estero?

M. G. – Sicuramente l’export è la linfa vitale per le aziende. Per esportare bisogna strutturarsi, dai fusi orari al capitale umano sono tutti fattori importanti. Bisogna dimostrare che il Made in Italy è un valore importante. In questi ultimi anni, c’è stata una evoluzione: prima si pensava solo alla vendita one-to-one, ora invece si deve dare un servizio e il fornitore è visto come un partner di crescita. Il capitale umano delle aziende che stampano deve parlare le lingue e essere flessibile negli orari.

Packaging isola felice

Il vostro territorio sembra la “capitale del packaging” tra aziende importante e la stessa Università di Salerno.

M. G. – Qualcuno narra che la storia del packaging sia nata in Campania. Credo che una grossa mano l’abbia dato il settore agroalimentare. Poi sostengo realmente che il packaging sia un’isola felice e forse ha trovato la sua mamma nel nostro territorio.

Avete anche l’Università del packaging…

M. G. – Sì, il master universitario è nato proprio dall’esigenza di avere capitale umano con delle qualifiche. Alcune università hanno accolto questa esigenza creando dei corsi da 1500 ore di cui 320 ore a lezione e 600 ore all’interno delle nostre fabbriche.

Grazie

Intervista a cura di Roberto Mercati

Per un resoconto sul Flexo Day 2018 con video delle fasi principali della giornata vedi qui.