Questo articolo è tratto dalla relazione tenuta da Marco Picasso al Convegno “Print Different – Voltare pagina nell’era digitale: nuove opportunità per crescere” promosso nell’ambito del progetto Print Different da Comitato EBAV Grafici, di Confartigianato e CNA Veneto a Mestre il 29 settembre 2012.

PR Consulting

Giampietro Vecchiato, PRConsulting, illustra le finalità di Print Different

Le nuove tecnologie multimediali hanno reso l’informazione e la comunicazione sempre più liquida e il nuovo mercato della comunicazione richiede nuovi approcci imprenditoriali, nuove sensibilità, nuove capacità.
Il progetto Print Different nasce per sensibilizzare le imprese artigiane del settore grafico e tipografico del Veneto ai cambiamenti in atto e ai riflessi che essi avranno sulla loro attività.
L’iniziativa si articola in due fasi: un sondaggio dedicato alle imprese artigiane del comparto (per registrare il loro livello di consapevolezza dei nuovi paradigmi imposti dal web 2.0), e un convegno conclusivo in cui sono stati presentati i risultati della ricerca. I progressi dell’iniziativa e i contenuti prodotti sono depositati all’interno del sito www.printdifferent.info.

In apertura del convegno, Matteo Dittadi, coordinatore della Scuola Grafica San Marco ha illustrato i dati ottenuti dal sondaggio (che gli interessati potranno vedere sul sito).

Matteo Dittadi

Matteo Dittadi illustra i risultati del questionario presso le PMI grafiche. A destra Eleonora Marampon di PR Consulting che ha organizzato il convegno

Diciamo subito che le risposte di quanti (pochi) hanno risposto al questionario sono abbastanza deludenti e rappresentano quindi un quadro poco confortante sulle piccole aziende grafiche in Veneto e non solo. Solo 167 le risposte delle quali appena 100 provenienti da aziende operanti nel settore globale dalla prestampa alla legatoria, e 67 invece da studi grafici o fotografici e da alcune aziende che operano nel web. Sono per la quasi totalità, aziende con meno di 5 dipendenti che hanno un mercato basato soprattutto sul passaparola (62%), quindi improvvisato; è una minoranza quella di aziende che vedono nella collaborazione con altre delle possibilità di miglioramento, e pochi fanno corsi di aggiornamento significativi. Dai dati emerge anche una scarsa o errata conoscenza del siginficato di cross media e di ICT, restando molti ancorato ai vecchi concetti, mentre le conoscenze del nuovo sembrano piuttosto legato al ‘sentito dire’.
A seguire Martina Gianecchini, dell’Università di Padova, ha parlato di “Imprenditorialità e management nei settori del terziario avanzato” sottolineando come per affrontare le nuove sfide siano necessari una preparazione multiskilling, flessibilità nel lavoro, nuove e differenti conoscenze tecniche e di mercato.
Biagio Vanacore, presidente della Associazione Italiana Tecnici Pubblicitari, ha poi illustrato come dalla stampa si passi alla comunicazione atraverso il marketing e la pubblicità in tutti i suoi aspetti.

Nella seconda parte del convegno Vittorio E. Malvezzi ha condotto una tavola rotonda cui hanno partecipato il fotografo professionista Marco Ambrosi, l’esperto di interattività web Fabrizio Ventre di Omniaweb Italia e l’imprenditore grafico di successo Amedeo Nicola di Grafica Valdarno di Varese, il quale in particolare, dopo aver detto che più o meno bene “facciamo tutti le stesse cose” ha chiesto se mai si è fatta una analisi della propria azienda, se si valutano i punti critici, se si pensa a quello che vogliono i clienti e, infine, se si conoscono realmente i propri costi, senza di che non si possono preventivare investimenti.

Print Different

Vittorio E. Malvezzi, imprenditore grafico da tre generazione, esperto di analisi economiche, guida la tavola rotonda al termine del convegno Print Different

La situazione

Esaminiamo qual è la situazione del mercato, quali possono essere le cause delle difficoltà che incontrano le PMI grafiche e se è possibile trovare un rimedio.
I dati del settore non sono confortanti come vediamo dall’andamento del primo semestre 2012  https://www.metaprintart.info/?p=6746 (fonte Assografici) e da quella della produzione industriale italiana che è la peggiore d’Europa. Del resto, come sappiamo, i fattori di influenza sul mercato grafico sono l’andamento dei consumi e dei beni durevoli, tutti in netta riduzione (questi ultimi del 6% nell’ultimo anno).
Nonostante la pubblicità in generale – come si può vedere in questo articolo – investa 9,3 miliardi di Euro, solo il 18% va su carta compreso il costo delle pagine su quotidiani, mentre solo il 9% delle industrie italiane usa esclusivamente la stampa per la propria comunicazione.
Ma ciò che più conta è che la struttura dell’industria della stampa (globale) evolve verso quella che gli economisti chiamano “struttura di un mercato di oligopolio”, che gli Americani chiamano struttura “a bilanciere”. A un’estremità del bilanciere ci sono poche ma grandi aziende e dall’altro estremo più di 25.000 ‘altre aziende’.
Questo è il risultato di alcuni decenni di fusioni nell’industria grafica e in questo momento il fatturato è diviso a metà tra i due estremi.
Gli ultimi dati PIA (Printing Industries of America) ci dicono che le aziende più grandi stanno crescendo, contro una riduzione delle piccole i cui proprietari hanno deciso di uscire dal mercato prima che sia troppo tardi. Un esempio lo vediamo nelle GDO discount in cui negli anni si è verificata una concentrazione e una oligopolio che ha schiacciato i piccoli operatori.
Analogamente avviene nel mondo della stampa. Rimandiamo per un approfondimento all’articolo “Come le PMI grafiche possono sopravvivere alla crisi“.
Secondo le previsioni a medio termine (3-4 anni) la quota del mercato globale della stampa offset si ridurrà di un altro 25%, mentre la quota del mercato globale della stampa digitale crescerà del 50%; le linee dei due processi si incroceranno e poi ci sarà il sorpasso da parte della stampa digitale sulla stampa offset.

È cambiata la comunicazione

Ma non è questo il problema: in fondo si tratta di due tecnologie per lo stesso tipo di manufatti.
Il vero problema è che è il mercato che cambia e in particolare cambia il mercato della comunicazione.
Oggi il mercato è più dinamico, mutevole ed esigente, e oltretutto non è neppure riconoscente. La fidelizzazione del cliente risulta sempre più problematica.
Ma intanto nella stampa il volume di vendite è in discesa non solo dal 2007-2008, perché già dal 1995 si registra una contrazione nella richiesta di stampati: tirature più brevi, paginazione ridotta, dimensioni degli ordinativi in calo anno dopo anno.
In più, a danno delle PMI, la struttura a oligopolio cui si accenna sopra porta a conseguenze che si possono sintetizzare così: poche grandi aziende controlleranno il 70-80% del totale del fatturato e il rimanente 20-30% sarà suddiviso tra molte piccole aziende l’80-90% delle aziende di stampa.
Il numero delle aziende di stampa è destinato a ridursi del 40%, e se e quando ci sarà una ripresa, i profitti li faranno solo le aziende “avanzate” a scapito delle “ritardatarie”. Questo concetto è approfondito nell’articolo citato sopra.
La situazione quindi è di una crisi che perdura almeno dal 2008 e non sappiamo come andrà a finire. In tutti i casi è certo che non sarà più come prima.

PMI: pregi e difetti

Per capire come muoversi in una situazione di crisi, e quindi, come dicono di opportunità e progresso, occorre esaminare il ruolo e la situazione delle PMI: pregi e difetti, fattori positivi e negativi.
Se oggi molte PMI perdono in competitività ci sono delle ragioni che si identificano in: nanismo imprenditoriale, sono troppo piccole per operare nei mercati internazionali e per attivare processi di innovazione; bassa produttività con scarso valore aggiunto (Il valore aggiunto per addetto nelle piccole aziende è meno della metà di quello delle grandi – Alessandro PENATI, La Repubblica, 04.08.06), nessun investimento in ricerca e sviluppo, e questo è un punto fondamentale, sia in mezzi, sia in risorse umane e gli investimenti fissi per addetto sono troppo bassi. Scarsa professionalità nelle nuove tecnologie e scarso aggiornamento professionale (le PMI fanno “pochi investimenti in capitale umano” – Traù, 1999); scarsità di personale dedito alle tecnologie innovative.
Un’economia e una società prosperano e decadono  innanzitutto in dipendenza delle conoscenze, delle capacità, delle abilità del complesso della forza lavoro.
Oltre a quanto appena detto, in Italia un ostacolo alla crescita dimensionale delle imprese sta nella resistenza culturale e psicologica degli imprenditori a mettere a rischio il controllo familiare dell’impresa, frenando il processo di innovazione. Inoltre, un’impresa piccola non è in condizione di trarre rilevanti vantaggi di efficienza dall’adozione di un software gestionale di tipo ERP  che per sua natura rende più precisi ed efficienti i flussi informativi tanto più incisivamente quanto più l’organismo a cui si applica è grande, complesso sofisticato (su questo tema si è parlato in altre relazioni, in particolare quella di Fabrizio Ventre.
Oltre alle difficoltà di accesso al credito, di cui soffrono tutte le aziende e le PMI in particolare, c’è il grave e annoso problema della guerra dei prezzi, dovuta spesso anche alla miopia di molti imprenditori.
Alcune di queste cause non dipendono direttamente dalle PMI, ma altre, come il problema del ricambio generazionale e la mancanza di strategie di rete e lo scarso o errato aggiornamento tecnologico, sono fattori che dipendono dalla volontà dell’imprenditore.
C’è molta riluttanza da parte delle imprese a cooperare. Il problema, quindi,  non è solo nella dimensione, ma nella mancanza di cultura cooperativa. Lo sforzo deve essere indirizzato alla creazione di reti di distretto e di filiera di PMI, in  grado di mettere a valore comune le risorse, favorire economie di scala e creare sinergie per la realizzazione  di investimenti in innovazione capaci di garantire un futuro  di crescita alle imprese stesse.

Imitare innovando

Il musicista classico non è incoraggiato ad innovare; al contrario quello di jazz sì: anzi ha il dovere di cercare sempre nuove soluzioni. Dovremmo tutti avere l’atteggiamento mentale di un jazzista.
Questa frase riconduce a un’altra frase pronunciata in occasione di un convegno di parecchi anni fa proprio qui a Mestre, che diceva pressappoco così: evitate di imitare.
Nel senso ben preciso che un’azienda non deve imitare quello che il vicino ha fatto prima di lui. Negli anni ’90 e primi 2000 si è vista la corsa alle 64 pagine, ma anche si è visto nella corsa a comprare la sei colori perché l’aveva comprata il vicino. Con il risultato di inflazionare l’offerta e avviare la guerra dei prezzi. Le conseguenze sono state pagate da tutte quelle aziende di stampa che hanno chiuso.
Allora non imitare. Certo, ma non si può neppure inventare sempre qualcosa di nuovo. E allora viene bene il seguito della frase vista prima: il jazzista imita sì, ma innovando, apportando alla sua musica idee nuove.
Perfetto. Direte voi, abbiamo trovato la soluzione: il mio concorrente è arrivato prima di me a fare una nuova installazione e allora io lo imito, ma invece di una macchina digitale di un tipo ne prendo una da un altro fornitore. Questo non è innovare, ma imitare e pure nel modo sbagliato.
Vediamo allora di approfondire il concetto di innovazione nell’industria grafica.
Ma prima apriamo una parentesi: cos’è uno stampatore? Direi che il nome stesso di stampatore, così come tipografo, non risponde esaurientemente al lavoro che dovreste offrire, oggi, ai vostri clienti. Prima di Gutenberg c’era l’amanuense, colui che copiava i testi, e Gutenberg non fu che un imitatore (e infatti morì in miseria). Con Aldo Manuzio, inventore, tra l’altro, del libro tascabile, il ruolo dello stampatore divenne quello di divulgare la scienza e le opere degli antichi: era avvenuta una rivoluzione.
I libri non erano più destinati solo ai ricchi (il loro costo equivaleva a quello di un appartamento oggi), ma divennero popolari.
Quindi lo stampatore era (ed è) un divulgatore di cultura e conoscenza.
Poi è venuta l’era industriale: e la stampa è evoluta in più direzioni. Oltre alla cultura serviva a diffondere la conoscenza delle macchine, con i manuali per il loro uso. Ma anche per vendere queste nuove macchine. Nasceva la pubblicità e il ruolo dello stampatore-comunicatore diventava fondamentale, specialmente con l’avvento della stampa in pluricromia. Il resto della storia lo conosciamo.

E oggi?

Oggi, anzi, ieri, c’è stata una rivoluzione ben più drammatica. Quale? La stampa digitale? No. È la comunicazione che è cambiata e che si è globalizzata. La stampa digitale, così come la stampa tradizionale non è che una tecnica; ma ciò che è cambiato drasticamente è la comunicazione stessa.
E lo stampatore è, ecco qui la definizione e la risposta alla domanda di prima: “un comunicatore”.
Cosa deve fare allora un imprenditore della comunicazione per restare sul mercato e possibilmente restarci in maniera vincente?
Deve innovarsi con idee e proposte creative per rispondere nel modo migliore possibile alla richiesta di comunicazione, che tuttora c’è.
Mi direte che c’è crisi e che i vostri clienti non vogliono più spendere. Questo è vero, ma solo in parte: se mai non vogliono spendere male.
Ogni tipo di attività che ha la necessità di vendere i propri prodotti, che siano manufatti o servizi, ha bisogno di farlo sapere. Prima e meglio degli altri. È una necessità e non può farne a meno. Chi si è reso conto di questa necessità è andato avanti; chi si è ancorato al concetto che l’importante è produrre, spesso ha chiuso i battenti. L’importante è fornire il prodotto o il servizio giusto, al momento giusto e al cliente giusto. Qui sta la difficoltà, se vogliamo.
Ma cosa si intende per Innovazione?
Innovazione è la capacità di trasferire nell’economia scoperte scientifiche, tecnologiche e nuovi metodi di lavoro.
Una breve digressione: Internet ha cambiato la stampa. Oggi c’è da parte degli stampatori una corsa al web-to-print: alcuni hanno fatto una fortuna su questa base. Naturalmente moltissimi hanno cavalcato l’onda, ma non con gli stessi risultati. Sempre in base al principio che è inutile imitare se non si aggiunge qualcosa di nuovo. È arduo per una PMI decidere di punto in bianco di fare fortuna imitando ciò che ha fatto un’azienda  che si è organizzata appositamente per un certo servizio (e parlo in particolare del w-2-p). Qui ci vuole un’organizzazione che va ben oltre quella del tipografo tradizionale. E questo presuppone conoscenza e utilizzo di software particolari, saperli scegliere tra le tante offerte, e soprattutto saper mantenere il contatto giusto con il cliente che in questo caso, è ‘virtuale’.
Tornando all’innovazione possiamo dire che significa essenzialmente reinterpretare un prodotto o un servizio, mediante la creatività e la conoscenza (il know-how).
Quindi fornire il prodotto o il servizio giusto, con nuove idee, secondo un nuovo modo di vedere e affrontare il mercato, un nuovo modo di vendere e, quindi, acquisendo nuove capacità, mediante un aggiornamento continuo e mirato.
Rimandiamo all’articolo già citato su come sopravvivere al cambiamento di mercato per analizzare i punti del successo di un’impresa, che sono l’attuabilità, la pertinenza, l’adattabilità, la durabilità, e per vedere come reagire, secondo le indicazioni di un esperto qual è Bill Lamparter.

Concludendo

Prendendo in prestito le tecniche di un buon giocatore di scacchi, che deve essere sia uno stratega, sia un tattico, questi possono essere alcuni suggerimenti utili:
◊ Analizzate la situazione generale e nei particolari con obiettività e non con la convinzione che quello che avete fatto finora può ancora andare bene.
◊ Prefissatevi un obiettivo raggiungibile e concreto sulla base dell’analisi.
◊ Preparate un piano che tenga conto dei vostri punti di forza, ma anche delle vostre debolezze.
◊ Perseguite questo piano tenendolo costantemente sotto controllo ed eventualmente apportando modifiche solo se cambiano alcuni parametri esterni.
Ma ricordate che anche un solo errore nell’esecuzione del piano può mandare tutto all’aria.

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