Si entra in Danimarca, ma per avere successo con l’autostop è meglio evitare il sabato.

Al mattino ci fu un piccolo incidente simpatico che poteva convalidare la tesi del papà albergatore: quando ci recammo ai bagni per lavarci, senza accorgerci entrammo in quello delle ragazze. Ci si può immaginare la scena, mentre noi entriamo e le ragazze a torso nudo che si lavavano. Loro cominciarono a ridere mentre noi, imbarazzatissimi, tornavamo sui nostri passi. All’epoca nessuno avrebbe osato disturbare delle ragazze che si lavavano nei bagni loro riservati. Fortunatamente il papà albergatore non c’era e la cosa finì in grandi risate specialmente da parte delle ragazze.
Partimmo e a piedi entrammo nella monarchia danese ben contenti di essere ormai prossimi alla meta prefissata, che era l’arrivo a Vejle proprio in quel giorno: il 13 agosto, sabato.
vejle_1Avevamo parecchio tempo a disposizione perché la città di Vejle non era molto lontana, nella penisola dello Jutland, a capo di un lungo fjordo. Accettammo il passaggio di una famiglia inglese che aveva meno fretta di noi e cominciò a girovagare per le strade piú secondarie per godersi il paesaggio. Ci chiesero se per noi non era un problema, e naturalmente ci adattammo al loro ritmo turistico e alla loro proverbiale flemma.
Finito il lungo giro, senza peraltro essere avanzati di molto verso la nostra meta, ci facemmo lasciare su una strada nazionale che conduceva direttamente a Vejle, dove appena giunti avrei telefonato a Inge, la mia pen-friend con la quale ero in corrispondenza da circa un anno e che in fin dei conti aveva provocato questo viaggio. Di Inge conoscevo solo una fotografia del viso, grassotello ma carino, e nient’altro. Era una studentessa come me, di famiglia agiata e nelle nostre lettere si parlava piú che altro di usi e consuetudini dei nostri Paesi, che allora ci sembravano cosí lontani e diversi.
Con nostra somma sorpresa restammo sulla strada in attesa per ore senza che nessuno si sognasse di darci un passaggio. Eravamo piuttosto perplessi perché ci avevano detto che in Danimarca gli automobilisti sono molto propensi a prendere gli autostoppisti. Quando ormai il pomeriggio ci faceva rischiare di non arrivare a tempo, ci dirigemmo alla piú vicina stazione ferroviaria, per percorrere quei pochi km che mancavano in treno. Qui mentre facevamo i biglietti e ci informavamo sui treni, lamentandoci naturalmente per il mancato passaggio ci dissero che naturalmente di sabato solo i militari che tornano a casa in licenza sono presi come autostoppisti. Ecco la ragione di tanta inutile attesa.
Dovemmo quindi prendere il treno, molto costoso per le nostre tasche, e giungemmo finalmente a Vejle a pomeriggio inoltrato. Qui andammo all’ostello e telefonai a Inge che mi diede appuntamento per la sera stessa invitandoci a cena. vejle
Abitava in un tranquillo ed elegante quartiere del centro, in una di quelle casette tipiche del nord. Finestre molto grandi, con vetrate quadrate e tante piante all’interno. Ci scambiammo i doni come si usa tra pen-friends: un merletto di Portofino da parte mia, e un tagliacarte d’argento – che possiedo tuttora – da parte di Inge.
I genitori e una sorella minore ci accolsero con grande simpatia e la serata trascorse molto piacevolmente. Serata per modo di dire, perché alle sei si era già a tavola e alle otto si rientrava in ostello.
L’appuntamento era per il giorno seguente, domenica, perché avevano programmato per noi una gita in auto fino alla punta estrema settentrionale della Danimarca.
Nonostante la delusione per il fisico, diciamo abbondante, di Inge, fui felice della gita programmata per la domenica. Avrei battuto ogni record di nord, certo ben lontano da quello di mio padre, che negli anni ’20 del XX secolo aveva raggiunto il Capo Nord con i mezzi dell’epoca.
La penisola dello Jutland (che loro pronunciano senza la T) oltre a esibire un verde smagliante in pieno agosto quando da noi l’erba ingiallisce, è cosparsa di fjordi. Forse questi impallidiscono di fronte a quelli norvegesi, ma a noi ragazzi mediterranei facevano un grande effetto.
Non saprei quale impressione abbiamo fatto ai genitori di Inge, certo è che sembravano divertiti alle nostre esclamazioni di meraviglia a vedere paesaggi per noi cosí esotici e diversi. Forse loro avrebbero fatto lo stesso visitando alcune nostre coste o montagne.
La giornata trascorse allegra e spensierata e rientrammo a tardo pomeriggio salutandoci perché il giorno seguente avremmo iniziato il viaggio di ritorno.