Un libro, forse non abbastanza noto al pubblico, rivela come il disegno dei bambini sia un linguaggio universale per seguire il suo sviluppo, con oltre 400 disegni a colori raccolti in mezzo secolo.
A qualsiasi latitudine i bambini hanno sempre disegnato attraverso immutabili strutture formali. Vico Avalle, psicologo eporediese, che ha scritto questo testo (pubblicato da Hever Edizioni), non è più tra noi, ma ci ha lasciato un’indagine sul mondo del bambino attraverso il disegno, che merita di essere conosciuta.
Questo articolo non vuole essere una recensione ma molto di più. Quanto i genitori conoscono i propri figli? E gli insegnanti quanto sanno e comprendono dei loro giovani alunni, dalla scuola materna in avanti? Una malattia può influire sul segno e quindi sulla psiche del bambino? E l’ambiente in cui vive? E se sì, come riconoscere il disagio? L’essere umano è predestinato da una sorta di determinismo o può essere programmato a piacimento? A queste e tante altre domande Vico Avalle ha provato a dare una risposta attraverso la sua minuziosa indagine e grazie alla collaborazione di colleghi specialisti. Scopriamolo.
Genetica vs educazione a riflessi condizionati
Il bambino è una somma algebrica di una lunga colonna di addendi: alcuni con segno positivo, altri negativo.
Su quel progetto d’uomo, incidono le alterazioni genetiche dei genitori, la loro salute, le loro abitudini alimentari e anche le abitudini non necessarie, i loro vizi e le virtù. L’accettazione della maternità, la gravidanza, il parto, l’allattamento, la sicurezza affettiva, sono pietre miliari sul cammino dell’uomo in divenire.
C’è chi, nello sviluppo dell’uomo, punta tutto sulla genetica. Nel seme c’è in potenza tutta la storia dell’uomo: le malattie a cui è predestinato, il suo carattere, la sua intelligenza e, a giudizio di alcuni, anche le sue inclinazioni verso il bene o il male, come se ci fosse una sorta di determinismo, di predestinazione nella creazione del santo, dello scienziato, del delinquente.
Un’altra scuola di pensiero, ragiona invece all’opposto, asserendo che alla nascita i bambini sono tutti uguali, nel fisico e nella psiche (salvo differenziarsi nel peso o nel colore dei capelli), e che con un’educazione adeguata, e quindi su ordinazione, si possa programmare il loro istinto e le capacità creando di conseguenza avvocati, missionari o mendicanti. Esagerano sia i fanatici dei geni, sia quelli che riducono l’educazione a riflessi condizionati. Il giusto sta nel mezzo e ogni risultato che omologhi non è infallibile perché, sei anni di un bimbo lappone non corrispondono a quelli di uno scugnizzo napoletano o palestinese.
I bambini sono tutti uguali? La Svizzera non è la Sicilia
Jean Piaget spiegava come il pensiero di un bimbo di cinque anni non fosse ancora reversibile. Egli chiedeva a un bambino se avesse una sorella. La risposta era affermativa: il bimbo aveva una sorella che si chiamava Maria. Ma alla successiva domanda: E Maria, lei, ha un fratello? Il bambino rispondeva di no senza esitazione. L’esperimento eseguito con bambini della Svizzera tedesca è stato riportato ai coetanei palermitani, ottenendo un risultato molto diverso, accompagnato da un sorriso di compatimento.
L’età siderale è diversa da quella fisiologica e da quella mentale. Ma una malattia, come una banale pertosse, se ha arrestato lo sviluppo ponderale del piccolo, tormentato dal vomito, non può non essere tenuta in considerazione con segno negativo nel conto dei suoi anni.
Certi sradicamenti affettivi, conflitti tra genitori, ad esempio, influiscono sul risultato finale. Quindi qualsiasi teoria sullo sviluppo del segno grafico e la tabella che ha generato le ricerche di Avalle, vanno interpretate con buon senso.
Il disegno parla
Vico Avalle è stato uno psicologo clinico e ha collaborato con una schiera di ricercatori appassionati e svolto un’indagine su migliaia di disegni infantili durata mezzo secolo. In seguito a ciò, ha tracciato un dettagliato atlante delle forme, delle strutture principali e degli archetipi grazie ai quali i bimbi (da quelli delle caverne a quelli di oggi e di domani) si esprimono graficamente. Da sempre, disegnare per un bambino è un’azione spontanea e i segni che traccia (dallo scarabocchio iniziale alla prospettiva) hanno un preciso significato che permette di individuare se qualcosa non va nel suo sviluppo psichico (magari a causa di sequele neurologiche da pregresse malattie) o anche solo nel suo stato d’animo (gelosia, shock, paura, carenze affettive, e via dicendo).
Il bimbo, normalmente, disegna ciò che sa, più che ciò che vede: è perciò possibile, vedendo ciò che disegna, rendersi conto di quello che sa, e rilevare se ciò che sa è conforme alla sua età fisiologica. Per agevolare una ragionata interpretazione del segno, il libro è dotato di uno strumento (il disegnometro) che, messo a disposizione di chiunque sia interessato a individuare lo sviluppo intellettivo di un bimbo dalla maturità del suo segno, riassume i concetti fondamentali contenuti nel volume.
Con il suo utilizzo è possibile interpretare un disegno infantile, attraverso la presenza o l’assenza di certe strutture grafiche (trasparenza, appiattimento, mancato verticalismo, ribaltamento, lateralismo e altri) che caratterizzano momenti precisi dello sviluppo psico-neurologico di un bambino normale.
Il libro, di 144 pagine, interamente a colori, è scritto in modo scorrevole per essere destinato alla mamma ansiosa, all’insegnante di verde didattica, al pediatra affermato e allo psicologo dell’infanzia.
Attraverso le diligenti ricerche dei suoi allievi e collaboratori, Vico Avalle ha esaminato nel corso di molti anni, disegni di bambini di paesi diversi e comparato disegni infantili di oggi con quelli di tanti anni fa. Il risultato è sorprendente. A qualsiasi latitudine i bambini hanno sempre disegnato attraverso immutabili strutture formali: c’è la fase della finestra contro il tetto ai lati della casa, delle case trasparenti, quella degli omini con le braccia che spuntano dalla testa e così via. I risultati di questa indagine, su una decina di scuole e quattrocento alunni, fa emergere un rapporto tra la fase del disegno e lo sviluppo intellettivo del fanciullo. Il segno infantile, inoltre, è caratterizzato dall’emotività. Il bambino è un autentico poeta ma, spesso, un pessimo artista che deve inventare faticosamente una difficile tecnica e adeguare la sua logica a quella adulta per far giungere ai “grandi” il suo messaggio.
Non bisogna soffocare il poeta con interventi precoci e non calibrati per creare l’artista.
Nel segno c’è una gioiosa scoperta che ha subito bisogno di una partecipazione affettiva. Non è necessario che l’adulto assicuri il bambino di vedere anche lui, nello scarabocchio, la casa o il lupo di Cappuccetto Rosso, basta che non rompa il cerchio magico che il disegno ha creato.
La sabbia non è farina
La stessa cosa accade nel gioco: se sta giocando a cucinare fingendo che la sabbia sia farina e le foglie secche insalata, e accetta che l’adulto partecipi al gioco, l’ospite non dovrà mai provare a masticare il finto cibo per rendere più verosimile la scena, perché il bambino griderà, indispettito, che è finta e, insistendo si rovinerà tutto. La foglia ritornerà foglia e la sabbia riapparirà sabbia. E anche lo scarabocchio, che permetteva al bambino un meraviglioso viaggio nel regno della fantasia, ritornerà solo uno scarabocchio.
Tale ricerca è un invito a proseguire questo affascinante lavoro che ha visto riuniti medici, neurologici, insegnanti e psicologi, nella comune certezza che l’uomo è unitario e semplice e che le diverse leggi psicologiche, fisiologiche e fisiche non sono che osservazioni di un’unica realtà effettuate da angolature diverse e per scoprire tale unità, bisogna avere il coraggio di riconoscere che molte distinzioni convenzionali: spirito, energia e materia, psiche, non sono che parole.
La conquista del movimento nel disegno del bambino
Le immagini proposte in questo articolo sono un modesto esempio della ricerca contenuta in questo libro: il lateralismo, la misteriosa paura che spinge il bimbo a disegnare le finestre ai lati estremi della casa, e ad attaccarle al tetto, oppure gli occhi o le gambe. L’evoluzione del lateralismo è quasi sicuramente legata alla maturazione del profilo intellettivo; il movimento, un’ardua conquista: la cosa è viva solo se si muove. La staticità dei disegni infantili è dovuta solo a carenze tecniche, ma la volontà dell’autore è diversa. Un albero chino sotto le sferzate del vento fa sentire a tutto il disegno la violenza del maestrale. Il vento burlone che assume un volto umano e strappa il cappello all’omino che pare stia allo scherzo. Le caldarroste nella padella disegnate a distanza per far capire che l’uomo che le cuoce le sta facendo saltare. Le foglie che cadono dall’albero che animano la scena che prende vita contagiata da quel particolare movimento.
E che dire degli schemi spaziali che a volte raddoppiano, come già facevano gli antichi egizi.
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