La cronaca, che  Maria Moroni ci ha inviato  sull’incontro “Lettura su carta e scrittura a mano patrimonio culturale dell’umanità”, organizzato da Federazione Carta Grafica e Comieco, per il Book City Milano, presso Fondazione Corriere della Sera, ha ispirato una scrittrice emergente, nostra preziosa collaboratrice, a considerazioni, che abbiamo il piacere di pubblicare, a beneficio di tutti gli appassionati alla lettura, che ancora si trovano, sia pur con qualche difficoltà, nel nostro Paese.

di Wilma Coero Borga

Il profumo delle pagine dei libri, mi insegnò a sentire, tre anni fa, un editore bolognese, conosciuto a Modena a una fiera per l’editoria.

L’esperienza olfattiva, insieme a quella tattile, stimola il cervello a creare un contatto emotivo prima che inizi la lettura. E proprio la vasta gamma di carta, ci porta a sceglierla per i più svariati motivi: per un disegno, una stampa di pregio, un libro di qualità, una lettera e molto altro.

Sarebbe sufficiente soffermarsi su una semplice lettera per comprendere l’entità del cambiamento della società nei confronti della scrittura, negli ultimi anni. Per gli uomini e le donne della mia generazione [che poi non è così datata… – ndr], scrivere una lettera d’amore in bella grafia, e riceverla, rientrava nella normalità, così come la sana abitudine, appresa sui banchi di scuola, di ampliare la cerchia delle conoscenze oltre confine, corrispondendo, usando rigorosamente la carta, con gli amici di penna, un esercizio che univa l’utile al dilettevole.

A distanza di alcuni decenni, oggi, in veste di autrice di libri, riesco a spiegarmi perché ho sempre iniziato a scrivere a mano le bozze dei miei testi, quando sarebbe tanto comodo e veloce utilizzare la tastiera di un computer.

È innegabile che l’evoluzione tecnologica sia un valido aiuto e, spesso, anche un supporto ai vari livelli di istruzione, nelle disgrafie di quegli studenti che, viceversa, sarebbero costretti a compiere sforzi enormi e non raggiungerebbero buoni risultati nelle prove scritte. Ma è altrettanto vero che l’uso smisurato della tecnologia, dei social e degli smartphone, ha reso la comunicazione, seriale, stereotipata, senz’anima, se si eccettua quella trasmessa con le espressioni delle emoticon, sempre più dettagliate [ma sempre meno ‘letterarie’ – ndr]. Le emoticon oggi, tra i giovani, rappresentano la sostituzione alle vere emozioni, ma non si sa, in realtà, se corrispondono al vero o se sono un freddo palliativo all’interazione reale.

Purtroppo, solo chi ha provato l’esperienza della scrittura con carta e penna riesce a evitare gli eccessi del click facile su WhatsApp e sulle varie App di comunicazione virtuale, non perdendo il contatto con la realtà.

Ma possiamo biasimare unicamente gli studenti, bambini o adolescenti che siano? Da qualche anno, ormai, già nella Primaria, gli insegnanti hanno l’abitudine di consegnare loro fotocopie da ‘crocettare’, limitando l’uso della penna a una semplice X o a brevi frasi, che non superino l’ampiezza dei puntini previsti per le risposte. E, proseguendo gli studi, la situazione non migliora di certo.

Questo voler fare sempre meno fatica, conduce verso un appiattimento delle capacità, con un conseguente sviluppo parziale delle stesse. Tuttavia, esistono anche situazioni positive, all’interno delle strutture scolastiche e complementari ad esse, volte a indirizzare i giovani verso un apprendimento sano, che permetta di sviluppare abilità e talenti, grazie all’impegno di insegnanti consapevoli.

E, tornando alla lettura, l’avvento del più pratico, ma meno ‘profumato’, ebook ha semplificato anche l’approccio con il libro, che viene sostituito da un’immagine elettronica che si vede, ma non esiste nel mondo dei cinque sensi, perché sparisce quando si arriva all’ultima pagina. Di sicuro non occupa spazio nella libreria di casa, ma quale emozione suscita? Sui ripiani della libreria, invece, meritano di essere riposti i libri che hanno lasciato un segno, che contengono una dedica che emoziona ogni volta che la si rilegge, che conservano un segnalibro particolare che apre la memoria a vecchi ricordi o, persino, la traccia di un’orecchia su una pagina degna di nota.

Non si chiede di scegliere di passare dalla matita alla penna stilografica, ormai soppiantata dalla più pratica penna a sfera, né di rinunciare alla praticità dei social e di WhatsApp che, nelle giuste dosi, sono molto utili, né di sperperare denaro nell’acquisto di libri di carta, e neppure di ricoprire la scrivania di volumi presi in prestito in biblioteca, ma di dosare al meglio ciò che si sceglie di fare, evitando gli eccessi e lasciando alla mente il giusto margine per progredire.

Gli articoli precedenti di Wilma Coero Borga:
La città che legge e il paese che sta a guardare 
Ferrero incarta le merendine e la strategia delle 5R
L’Editoria è malata
Una stimolante esperienza nel mondo dell’editoria

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Ringrazio Wilma per questo prezioso contributo. Basterebbe già la frase iniziale, che sarebbe – con il complemento oggetto che, per la sua importanza, precede il soggetto – un indovinato incipit per un romanzo (forza Wilma, scrivilo!), per leggere tutto l’articolo fino in fondo, e meditare. E, a proposito della scrittura a mano, ho saputo recentemente, che in Italia esistono solo 200 calligrafi. Che poi sono quelle persone che non solo sanno scrivere bene a mano, ma ne hanno la cultura. Ebbene, ho scoperto che i bambini della prima elementare, anche dopo mesi di scuola, non riescono a leggere le lettere minuscole! Insegnando loro a giocare a scacchi, ci siamo resi conto che riescono a individuare i numeri, ma non le lettere sui bordi della scacchiera, indispensabili per indicare le posizioni sulle caselle, come quando a scuola si giocava (di nascosto) alla battaglia navale. Forse c’è da ripensare qualcosa…

M. F. P.