Il racconto che segue, è una versione ridotta, dell’originale (inedito) che, chi fosse interessato, può scaricare in PDF nella forma completa.  Perché questo racconto “Il gringo genovese” ?  Inizialmente doveva far parte di una Antologia (1) di cinque racconti (in via di pubblicazione).   L’Antologia ne conterrà quattro, scritti da due autori. Racconti tra loro diversi, ma con un unico filo conduttore: l’iperdeterminismo. (2)

“Il caso creò una situazione; il genio ne approfittò” dice la storia. Ma che cosa è il caso? Che cosa è il genio?”
Lev Tolstoj (Guerra e Pace )

La storia, secondo il concetto del grande pensatore e scrittore russo, è il risultato di una serie di fatti fortuiti, casuali. Una serie di combinazioni. Ma quando questi ‘fatti casuali’ sono improbabili, messi assieme, uno dopo l’altro, diventano assai improbabili, pressoché impossibili, per cui, prendendo a prestito un termine della fisica quantistica, possiamo parlare di ‘iperdeterminismo’.  Doveva capitare così e forse era ‘scritto’ nell’Universo.

Il racconto ‘Il gringo genovese‘ descrive la genesi di un romanzo “Il Segreto dei Dieci Laghi” (3) che nasce da una serie di fatti casuali, sia pure non così ‘iperdeterministici’ come quelli (tutti veri e realmente accaduti) raccontati nella Antologia.

In principio ci fu Paperino e ci furono Qui, Quo, Qua

In quell’estate del 1949, il ‘gringo genovese’ alternava le lunghe corse in bicicletta con il fratello, le partite al pallone, le passeggiate lungo i torrenti dell’Appennino, ai compiti delle vacanze e alle sue letture preferite. Queste in realtà si limitavano al Topolino, che entrava regolarmente in casa fin dal numero 1 nella nuova edizione mensile a libretto, uscito nell’aprile di quell’anno.
In agosto lesse con avidità il racconto ‘Paperino e il mistero degli Incas’ tratto dall’originale Lost in the Andes! di Carl Barks (1), uno dei massimi autori di fumetti di Walt Disney. Barks fu anche il ‘padre’ di Paperon de’ Paperoni, e lo fece praticamente in una storia che in qualche modo può essere considerata il seguito di questo racconto in cui Paperino con i nipotini va alla scoperta di un misterioso popolo sulle Ande.
Cosa raccontava questo fumetto – non più ristampato e oggi rara pubblicazione in forma di libro – uno dei classici Disney?

[…]

Vado un po’ più in là

Ma già da alcuni anni una certa curiosità si era insinuata nella sua fantasia di bambino. Quando ancora non sapeva leggere, una zia gli leggeva, quand’era a letto con la febbre, uno di quei libri che all’epoca era d’obbligo conoscere: Cuore, di Edmondo De Amicis. E in questi episodi ‘educativi’ uno lo aveva colpito irrimediabilmente: ‘Dagli Appennini alle Ande’. Già si vedeva, il bambino di cinque anni, percorrere le cime degli Appennini, iniziando proprio sopra la casa di Genova in cui abitava e dove spesso alla domenica si recava con la famiglia. Lui pensava: “un giorno voglio andare avanti, mica fermarmi sul primo prato che incontriamo. Vado avanti. Devo solo ricordarmi di farmi dare la frittata dalla mamma.
E poiché aveva già alcune nozioni di geografia diceva tra sé: “Vado avanti verso sinistra perché là so che c’è la Francia. Me lo ha detto mia sorella che queste cose le sa. E la zia mi ha detto che le Ande sono un po’ più in là, oltre la Francia. Certo, un giorno ci vado.”

Ormai aveva deciso: il Perù sarebbe stata la sua meta.

[…]

Negli anni si fece una cultura sulle civiltà, non solo del Perù, ma anche del centro America, gli Aztechi e i Maya, in attesa del momento di andarci di persona.

Un Alpino a Toronto

Quel momento finalmente giunse quando iniziò a lavorare. Ci fu un giorno, infatti, in cui l’azienda per cui lavorava, decise di mandarlo proprio in Perù. O forse lui stesso aveva brigato perché ciò accadesse.
Per agevolare la decisione di effettuare quel primo viaggio in Perù scelse il volo meno costoso, anche se forse era il più lungo: via Toronto, che come sappiamo è in Canada, sullo stesso meridiano di Lima, ma parecchi paralleli più in su.

[…]

Al gate delle partenze, in fila tra i tanti viaggiatori che provenendo da varie parti del mondo, stavano per volare verso il Perù, si trovò accanto a un signore che per altezza lo sovrastava di tutta la testa, e vedendo che portava sulla giacca il distintivo del CAI, iniziarono a discorrere.  Scoprì così che era un friulano residente da una trentina d’anni in Perù, dove aveva fatto molti lavori, prima di realizzare una fabbrica di chiodi e aveva una agenzia di turismo, affidata al fratello più giovane, giunto dall’Italia. Ma, soprattutto, era un grande arrampicatore, ‘andinista’ che corrisponde a quello che da noi è un ‘alpinisita’. Tutto questo, e molto altro, raccontò durante il viaggio per tutta la notte, tra una grappa e qualche dolcetto friulano. Fecero amicizia, anche perché scoprirono un altro punto in comune: erano entrambi Alpini, tanto che il nostro da quel momento fu iscritto alla sezione ANA del Perù.
Celso, così si chiamava questo Alpino, aveva partecipato a diverse spedizioni sulle cime più importanti delle Ande, che conosceva meglio delle Alpi, e di cui era diventato una guida. Era socio accademico del CAI (istruttore), aveva fondato la sezione Alpini del Perù, insomma era un personaggio ben noto in quel mondo.
L’amicizia si consolidò e fu questo un punto di riferimento alcuni anni dopo, per la realizzazione di un viaggio molto particolare, non da turista, che il nostro gringo genovese fece nel cuore delle Ande. Quel viaggio fu l’occasione per la nascita di un romanzo, che ancora non era in gestazione, ma neanche nelle intenzioni.Perù01_Quechua

Galeotto fu il libro

Se l’incontro con l’amico Celso fu quanto meno casuale, il successivo, questa volta con un libro, lo fu altrettanto.
In quegli anni il ‘gringo genovese’ viveva con la famiglia in Lombardia. Genova era solo il ricordo dell’infanzia, della giovinezza e degli studi. Dopo ci fu il servizio militare negli Alpini, in Friuli, e poi il lavoro, tra Milano e Porto Marghera, la Svezia e altri Paesi.  A Genova andava appena possibile a trovare la mamma e allora si prendeva un paio di giorni per passeggiare tranquillamente in riva al mare o in centro. Una di quelle volte, mentre percorreva la via XX Settembre, passando davanti alla vetrina della Mondadori viene attratto dalla copertina di un libro dal titolo improbabile: ‘QUIPU, il nodo parlante dei misteriosi Incas‘, pubblicato da una casa editrice genovese.
Dopo aver letto negli anni precedenti tutto quello che si poteva leggere sul Perù e sugli Incas questo non poteva mancare sui suoi scaffali.

Fu questo il libro che lo accompagnò nel viaggio sulle Ande, fonte di tanti dialoghi con quel gesuita che divenne il co-protagonista del romanzo. E in più, in quel libro scoprì una strana e quasi incredibile, oltre che sconosciuta, storia di Raimondo di Sangro principe di San Severo, che era stato in possesso di un quipu e di documenti avuti da un misterioso gesuita nel diciottesimo secolo.
Il fatto che in quella passeggiata nel centro di Genova avesse deciso di percorrere la via XX Settembre sul lato sinistro anziché su quello destro, più abituale per chi proviene dalla stazione Brignole, è un caso piuttosto insolito, come il fatto che quel giorno in vetrina ci fosse un libro all’apparenza poco appetibile per il grande pubblico, è altrettanto insolito.

Etichette e matematica

Un giorno a fine anni ’90, dopo il famoso viaggio sulle Ande, il ‘gringo genovese’, che aveva cambiato lavoro, si trovava a Chicago per una importante fiera tecnologica del settore etichette. Ormai il periodo dei viaggi in Perù era terminato, le attività come geologo si erano trasformate in attività giornalistiche tecniche. A Chicago era, in veste di giornalista, con un gruppo di imprenditori italiani, titolari dei maggiori etichettifici.

L’ultimo sabato pomeriggio, passeggiando lungo la Michigan Avenue, entra in una enorme libreria, la Borders. Più per curiosità che per altro, perché non aveva idea di cosa cercare, né se aveva intenzione di cercare realmente qualcosa.  Tra i vari scaffali, per istinto si avvia verso la sezione che riguardava le civiltà dell’America Latina. E scopre un libro poco appariscente: ‘Mathematics of the Incas. Code of the Quipu‘.

Tornato in albergo con il libro sotto il braccio incontra il titolare di un etichettificio di Treviso gli chiede dove l’avesse preso: “Da Borders, una libreria non lontana da qui”. Il dr Celante, data un’occhiata rapida al libro, mostra il suo interesse alla analisi matematica dei nodi peruviani e va immediatamente ad acquistare il libro, trovando l’ultima copia disponibile. Si può immaginare la sorpresa dei commessi a notare che nel giro di un’ora vendono le due uniche copie di un libro, che certamente non avevano mai venduto. A due italiani, per giunta.

La collega impertinente

Mesi dopo, nel corso di un viaggio in Svezia in visita a una cartiera con il rappresentante e una collega giornalista, parlando del più e del meno, il discorso volge sul tema dei nodi, forse innescato dal racconto dell’episodio di Chicago. Per curiosità i colleghi chiedono di cosa si trattasse e perché i nodi potrebbero essere una scrittura e non solo un sistema di calcolo, come normalmente si suppone. Il ‘gringo genovese’ dà le sue spiegazioni e, forse per l’entusiasmo mostrato nel parlarne, la collega giornalista gli dice, convinta, “ma perché non ci scrivi un romanzo? Potresti spiegare le tue ipotesi in forma di romanzo. Del resto hai anche avuto le tue esperienze in Perù, che puoi raccontare”.
Una proposta allettante, ma non facile da realizzare, bisognava pensarci. E la notte porta consiglio.

Il giorno dopo, in aereo, guardando dall’oblò, gli viene un’ispirazione. Si rivolge alla collega che sedeva accanto e dice: “Sì, hai ragione. Provo a scrivere un romanzo, facendo tesoro delle mie esperienze sulle Ande. E inizierà proprio in aereo”.
L’incipit era pronto:

«La spessa coltre di nebbia, come d’incanto, sfilacciandosi si dissolse. D’improvviso la violenta luce del sole entrando dall’oblò mi riscosse dai miei pensieri. Tutt’attorno, il profondo blu del cielo apparve come un’esplosione.»

Ora si trattava ‘solo’ di scrivere le altre 230 pagine de “Il Segreto dei Dieci Laghi”, in cui alla fine il ‘gringo genovese’ diventa un ‘quechua genovese’.Segreto dei dieci laghi

________________________________________

(1) L’Antologia “I Cavalieri Astrali” contiene questi quattro racconti: ‘I Monelli’; ‘L’Ingegnere’; ‘Il Serpente fuma la pipa’; ‘A/R’.

(2) L’iperdeterminismo viene ben spiegato, da un professore universitario di fisica, in un intermezzo in uno dei quattro racconti dell’Antologia di cui si accenna sopra. In altri termini l’iperdeterminismo, può essere definito con quella che Tolstoj chiama “la manifestazione della volontà divina”.

(3) “Il Segreto dei Dieci Laghi” – Di Marsico Libri – aprile 2020.