Con il caro energia i settori energivori a rischio chiusura. Tra questi le cartiere. Non diciamo niente di nuovo perché è un tema quotidiano, solo offuscato da omicron e dalle diatribe presidenziali, ma il fatto reale è che le industrie si trovano di fronte a un drammatico aumento dei costi energetici, che sta mettendo a rischio la loro sopravvivenza e chiedono al Governo misure immediate e un tavolo di confronto. Come affrontare quindi il caro gas e cosa succederà nel prossimi mesi ?

Il prezzo dell’energia elettrica continua a registrare valori record e ha raggiunto il picco di 374 €/Mwh, +280% rispetto al gennaio 2021 e +650% sul gennaio 2020.  Le quotazioni al principale hub europeo hanno superato negli ultimi giorni di dicembre i 180 €/MWh.

Questa situazione impatta principalmente sulle industrie dell’acciaio, della carta, del cemento, della ceramica, della chimica, delle fonderie e del vetro e della calce.
Il paradosso è che gli ordinativi sono ai massimi degli ultimi anni e ben oltre i livelli pre-pandemia.

Al di là della semplice constatazione di una situazione insostenibile, le associazioni imprenditoriali, tra cui Assocarta, hanno elencato possibili soluzioni, che potrebbero permettere alle imprese per lo meno di non dover affrontare un ulteriore peggioramento nel 2022, dato che lo scenario relativo ai prezzi delle commodity energetiche si annuncia ancora più complesso nei prossimi mesi.

Cause e rimedi

Ma vediamo con l’aiuto di Mazziero Research quali sono le cause del caro-gas.

«Le dinamiche – spiega Mazziero – sono legate da un lato allo sanzioni occidentali a Russia e Bielorussia, alle pastoie burocratiche (create ad arte) per ritardare l’entrata in funzione del gasdotto Nord Stream 2. Dall’altro si consideri che la Russia usa il gas come arma di geopolitica per evitare ulteriori sanzioni e spingere a un veloce avvio del gasdotto.»

Inoltre la Russia cerca di evitare ingresso di Ucraina nella Nato, in quanto un missile occidentale in Ucraina colpirebbe Mosca in un paio di minuti senza dare il tempo di reazione.
La contrapposizione sta tutta qui, la Russia al momento non sta facendo contratti a lungo termine di fornitura, ne fa arrivare poco in Europa e quando se ne chiede di più lo nega (contrariamente al passato).
Quindi, sintetizziamo,  il caro gas non è dovuto alla mancanza del prodotto, ma a ragioni geopolitiche. E perché, allora, in Italia le prospezioni sono bloccate? Perché la termovalorizzazione è osteggiata?

Cosa succederà?

«Difficile dirlo – sostiene Mazziero – oggi il gas scende dopo aver toccato il massimo di tutti i tempi oltre i 180 euro/Mwh. C’è poco da fidarsi a fare previsioni in queste condizioni, perché basta un comportamento miope dell’Europa che fa il grande amico degli americani per vedercelo sopra i 200 euro.»

A conferma di questa opinione, ricordiamo che il costo del gas naturale europeo nell’ultima settimana dell’anno è in caduta del 18%, il cui prezzo è calato da 187 a 90 Euro per mMWh.
Ma c’è di più: Bloomberg ha segnalato un crescente numero di navi gasiere, pare siano 25 carghi, che sta attraversando l’Atlantico con il GNL statunitense in direzione dell’Europa.
Nel frattempo, forse avendo presenti queste notizie, Putin ha dichiarato che il Nord Stream risolverebbe molti dei problemi attuali. (fonte websim.it del 27 dicembre 2021).

Dunque ? La nostra modesta impressione è che forse la politica italiana, ma anche Europea, dovrebbe essere più concreta senza lasciarsi distogliere troppo da altre situazioni emergenziali contingenti. Non vorremmo che queste fossero delle scuse per non affrontare seriamente il caro-gas.

Interventi immediati

La stessa industria cosiddetta ‘energivora’ ha infatti suggerito al Governo, sia pure in maniera più edulcorata rispetto a noi, alcune soluzioni per mitigare gli effetti devastanti del costo impazzito del gas naturale.
Occorre valorizzare la risorsa del gas nazionale. sia mediante una procedura di gas release per il periodo invernale, sia creando un meccanismo temporaneo che allochi quote del gas estratto in Italia in sostituzione di gas importato alle imprese a ciclo termico, impegnate nella decarbonizzazione dei loro processi.

Sul fronte dell’energia elettrica deve essere rinviato il capacity market (un nuovo onere che dal 1° gennaio 2022 porterà un aggravio pari a 39,799 €/MWh nelle 500 ore di picco, quelle in cui il sistema ha la maggiore congestione di consumo, e pari a 1,296 €/MWh nelle altre ore) e deve essere data la più ampia applicazione possibile all’art. 39 elettrico.
Con uno sguardo di medio periodo serve riformare il mercato elettrico nazionale. I costi energetici crescono e impoveriscono le imprese, produttori e grandi venditori di energia continuano a fare profitti al di sopra di qualsiasi logica di mercato.

In materia di ETS servono i correttivi, anche temporanei, per limitare la possibilità si spinte speculative causate da investitori non industriali. Inoltre va sbloccata la compensazione dei costi indiretti che in Italia sembra essersi arenata.