(R)evolution, il termine coniato da Ritrama per il suo lancio, ben evidenzia il concetto innovativo che sta alla base di questo nuovo supporto autoadesivo linerless per etichette.
Nel nostro resoconto su Labelexpo 2013 affermavamo, confortati dal parere dei principali etichettifici che abbiamo intervistato, che la vera novità in fiera era il nuovo supporto adesivo senza il liner di base, messo a punto dalla collaborazione fra tre aziende italiane: Ritrama, Prati e ILTI.
Come si riferiva nell’articolo citato, è un supporto linerless autoadesivo costituito da una pellicola sottile in PP su un liner siliconato, che entrerà a breve sul mercato con il brand Core Linerless Solutions® (CLS®) di Ritrama.
Poiché ad alcuni è sfuggita questa novità e certi stampatori di etichette autoadesive ci hanno manifestato alcune perplessità, abbiamo voluto approfondire recandoci a parlarne sia con Prati Company, che ha realizzato la macchina, sia con l’ingegner Tomas Rink, presidente di Ritrama, che ha sviluppato questa idea innovativa. Cercheremo quindi di comprendere come è stato realizzato, quali sono i suoi vantaggi e gli eventuali limiti.
Inoltre, questo filmato realizzato da Ritrama illustra in modo molto chiaro sia la tecnica di fabbricazione, sia l’applicazione del nuovo lineless.
Inoltre, maggiori dettagli sul procedimento descritto sotto, si possono trovare sulla pagina Core Linerless Solutions® del sito web www.corelinerless.com.
Un sandwich molto particolare
Innanzi tutto, vediamo di chiarire in cosa consiste il nuovo CLS® e quali sono i suoi limiti e, soprattutto, i vantaggi.
Come ben sanno gli stampatori di etichette autoadesive, il supporto crea problemi di costi, spazio e smaltimento. Con la nuova soluzione molti di questo problemi vengono bypassati.
Sentiamo Tomas Rink: «Noi consegniamo allo stampatore un materiale normalissimo come lui è abituato a stampare. Non solo, ma lo consegniamo anche con l’adesivo con il quale è abituato a lavorare. Il materiale viene stampato come un qualsiasi altro supporto dotato di liner siliconato, e la macchina può lavorare a 300 m/min, perché non dovendo fustellare, non c’è bisogno di rallentare la rotativa.»
Ricordiamo a questo punto che è richiesto il passaggio successivo su una macchina particolare, costruita da Prati Company di Faenza.
«Ma non è necessario che lo stampatore abbia questa macchina in casa, almeno inizialmente – ci precisa Rink. Dipende da quanto materiale utilizza e ovviamente, almeno all’inizio, può affidare a noi il passaggio successivo.»
Ma in cosa consiste questo passaggio successivo, vale a dire la fase in cui un materiale normale diventa un linerless?
«In questa macchina di Prati – ci spiega Tomas Rink – il laminato, che è costituito da quattro strati (PP, adesivo, silicone, PET), viene aperto, e quindi la parte siliconata viene capovolta; ora la bobina è pronta per l’etichettatura. In altre parole la grafica viene incapsulata, e quindi protetta esattamente come con il materiale normale.» In pratica, l’etichetta è un laminato che non richiede laccatura e non richiede di essere fustellata. «Ora la bobina è finita e pronta per passare ai sistemi di etichettatura appositamente realizzati dalla ILTI.»
«Questo perché – prosegue Rink – la pellicola è dotata di una micro-perforazione secondo un sistema brevettato da Catch Point, con cui siamo associati per questa applicazione.»
Questa perforazione, basata su una alternanza di punti e strisce, varia secondo la durezza del materiale, delle dimensioni dell’etichetta e da altri fattori, ma questo è un dettaglio che non implica alcunché per lo stampatore e per l’applicatore delle etichette sul flaconi o bottiglie.
Chiediamo come e perché è venuta l’idea.
«L’idea è sorta quando eravamo a fare delle prove con un nuovo materiale [un copolimero molto flessibile, misto PET e PP – ndr], presso la ILTI. In quell’occasione, ci fu manifestata la necessità che il cliente dell’etichettificio potesse disporre di un materiale semplice da dispensare con una nuova etichettatrice che ILTI aveva sviluppato e che offriva notevoli vantaggi di velocità e affidabilità.»
Il problema era che un materiale ideale per questa applicazione non esisteva, perché adesivo e silicone si dovevano aggiungere dopo la stampa. Occorreva però un materiale già pronto e che non generasse problemi in fase di etichettatura.
«Sulla base di questa esigenza, abbiamo cominciato a studiare se esisteva la possibilità di produrre un materiale che rispondesse a queste esigenze. La prima idea fu quella di prendere il liner e poi aggiungere l’adesivo, ma questo richiederebbe un’operazione in più per il convertitore che dovrebbe tenere a magazzino l’adesivo da applicare.»
«L’idea risolutiva fu quindi quella di mettere noi l’adesivo, ma tale che fosse solo successivamente attivabile in modo da non influenzare le operazioni di stampa.» In questo caso l’adesivo è attivato nel passaggio sulla macchina di Prati «e anche questo fa parte del brevetto» aggiunge Rink.
Vantaggi e limiti
Parliamo prima di limiti. Alcuni stampatori di etichette hanno manifestato perplessità sulla capacità di adesione e sul formato, che deve essere rettangolare (o quadrato), ma sempre lineare. Sulla prima obiezione abbiamo constatato da tutta la campionatura che non c’è assolutamente alcun problema. Le etichette aderiscono perfettamente su qualsiasi materiale plastico e anche su flaconi con forme irregolari, grazie proprio alla flessibilità del materiale. E questo perché l’adesivo è esattamente lo stesso utilizzato su liner plastici convenzionali.
Quanto alla possibilità di fustellati non lineari il problema si supera con il ‘no label look‘; è la stampa che dà il formato. Teniamo infatti presente che il CLS® consiste in uno speciale laminato (film trasparente, ma anche bianco o metallizzato) dello spessore totale di circa 60 micron, 55% più sottile di un materiale autoadesivo tradizionale, in cui lo strato di silicone viene laminato sulla superficie stampata. Il basso spessore del materiale e la micro foratura, come abbiamo potuto vedere, non crea problemi.
Se proprio vogliamo trovare dei limiti, questi sono per ora l’impossibilità di stampare sul retro e la mancanza di una finitura in linea. Eventuali stampa a caldo, goffratura, laminazione dovranno essere lavori successivi. Ma è chiaro che non si tratta di etichette di carta, per cui tali finiture sono rare.
Tomas Rink ci tiene però a precisare che un limite al momento è che il Core è destinato a chi ha grossi volumi di produzione, perché necessita di una apposita macchina applicatrice che richiede un certo investimento. Ad esempio, per chi stampa in digitale questo linerless non è ancora conveniente. Pertanto il target è sui grandi numeri. Come si diceva, chi non ha la macchina ‘capovolgitrice’ può comunque rivolgersi al service di Ritrama.
Altro limite, è che la decisione di utilizzare questo nuovo materiale non è di uno solo, ma richiede l’accordo tra etichettificio, produttore di packaging flessibile, e il produttore finale o il distributore: il problema è che questi ultimi sono quelli che traggono minori vantaggi dal minor costo del linerless.
Ambiente e risparmio
Sembra invece che i vantaggi del CLS® siano fondamentali: il più significativo è l’assenza di un supporto siliconato da smaltire, che per gli etichettifici e per i loro clienti è un costo, ma anche un problema di stoccaggio; le bobine sono molto più piccole a parità di metri di liner.
Infine, va sottolineata la maggiore velocità di stampa proprio grazie all’assenza di fustellatura. Da non sottovalutare anche il minor impatto ambientale, sia in produzione e smaltimento, sia nel trasporto e quindi un minor consumo energetico e una riduzione delle emissioni di CO2.
Il linerless CLS è stato lanciato a settembre 2013 al Labelexpo: ci sono in atto diverse trattative in alcuni settori specifici, quali l’acqua, la birra, e persino con un importante produttore di vini in Argentina, e poi soprattutto nel settore dei prodotti per bagno e cosmetica. Un prodotto che potrebbe rivoluzionare il mondo delle etichette e del packaging flessibile.
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