Secondo uno studio di due Università, si potranno costruire batterie ecologiche utilizzando gli scarti di lavorazione delle cartiere.
Tratto da un articolo di Francesco Toti pubblicato il 27 Marzo 2012 sulla rivista online Galileo (http://www.galileonet.it)
Si potrebbero costruire batterie ecologiche partendo dagli scarti della carta, quindi si potrebbe anche fare a meno del famigerato Coltan, causa di guerre e genocidi in Congo, o elementi rari e difficili da smaltire (come il cadmio).
La base starebbe nella lignina, tratta ecologicamente dai liquami delle cartiere. La notizia riportata dalla rivista Science, parla di una batteria a basso impatto ambientale pensata da ricercatori del Politecnico di Poznan, in Polonia, e dell’Università di Linköping, in Svezia.
L’invenzione, che si basa su un catodo di lignina e polipirrolo (un polimero conduttore), risponde all’esigenza di immagazzinare in modo economico e intelligente l’energia generata dai sistemi fotovoltaici.
«La natura ha risolto il problema di come catturare la radiazione solare molto tempo fa», ha detto Olle Inganäs, principale autore dello studio.
E dalla natura viene l’ispirazione per il catodo a lignina, in particolare dalla fotosintesi clorofilliana, la catena di reazioni con cui le piante assemblano i composti organici. Una fase di questo processo, infatti, prevede l’acquisto degli elettroni da parte di molecole trasportatrici, i chinoni, che hanno il compito di rilasciare il carico al momento opportuno (liberando energia). I chinoni, presenti anche nella lignina, agiscono come dei veri e propri accumulatori di carica negativa, il che li assimila al catodo di una batteria. A differenza dei catodi tradizionali, però, la densità di carica è particolarmente elevata: un aspetto senza dubbio vantaggioso.
Costruire un catodo a base di lignina è conveniente soprattutto dal punto di vista economico e ambientale. Questa macromolecola vegetale è il composto più prodotto in natura dopo la cellulosa, e gli alberi ne sono composti per il 20/30 per cento. Fortunatamente, però, non serve abbattere foreste per disporne: è uno dei principali rifiuti dell’industria cartaria (il cosiddetto “brown liquor”). Tuttavia nello sviluppare il nuovo progetto si dovranno risolvere alcuni problemi, tra cui l’incapacità di trattenere a lungo il potenziale accumulato.
Dai primi test, la struttura del materiale (una pellicola di lignina e polipirrolo spessa mezzo micron) sembra garantire una buona “tenuta” iniziale rispetto agli elettroni caricati, i quali però tendono a scivolare via troppo rapidamente. Sono comunque in programma ricerche volte a portare la nuova forma di stoccaggio energetico alla scala industriale, un passo verso il sogno di racchiudere le fonti rinnovabili in serbatoi graditi all’ambiente.
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