Per la prima volta riuniti e studiati i siti archeologici (192) del territorio dell’intera provincia di Pistoia

L’Italia potrebbe, e forse sarebbe una soluzione, basare tutto il suo PIL sul turismo e la cultura con il relativo indotto. Prendiamo il caso in questione: la sola provincia di Pistoia possiede ben 192 siti archeologici, in cui non si contano tutti i numerosissimi beni artistici a partire dal Medioevo.

È stata presentata presso la sede storica dell’Istituto Geografico Militare (IGM) di Firenze, della “Carta archeologica della provincia di Pistoia“, pubblicazione che porta a compimento un lavoro di ricerca avviato nel 2003 e resa possibile grazie a un progetto editoriale ideato congiuntamente dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Pistoia e grazie al determinante contributo finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. L’opera è stata oggetto di un accordo di coedizione con l’IGM, che ha curato il progetto grafico, la stampa dell’intera pubblicazione nelle proprie officine tipografiche e ha fornito la cartografia di base, sulla quale sono stati inseriti i tematismi archeologici. Hanno contribuito inoltre alla sua realizzazione la Società Pistoiese di Storia Patria, che ha collaborato con la Provincia alla gestione amministrativa, e la Regione Toscana, che ha sostenuto la pubblicazione.

La “Carta archeologica della provincia di Pistoia” è frutto del lavoro di un gruppo di studiosi ed esperti coordinati da Paola Perazzi. Si presenta con una veste grafica particolarmente pregevole, composta da un cofanetto contenente un volume di 500 pagine, un ricco apparato cartografico – 25 carte – ed un CD Rom.

L’opera fa il punto sulla situazione delle conoscenze archeologiche dell’intero ambito territoriale della provincia di Pistoia, ha richiesto anni di studio e di lavoro con la partecipazione dei principali enti che a vario titolo interagiscono sulterritorio.

La realtà archeologica della provincia di Pistoia era finora poco conosciuta, le informazioni frammentarie e molti scavi erano rimasti inediti. C’era dunque l’esigenza di poter disporre di un’opera di sintesi aggiornata che potesse raccogliere tutte quelle notizie utili alla ricostruzione dell’occupazione del territorio pistoiese dalla preistoria all’età antica (il medioevo non è stato trattato), con l’obiettivo, non di ricercare nuovi siti, ma di sistematizzare il noto, con una valutazione critica del dato archeologico, epubblicare quanto finora inedito.

Nel 2003 la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ha così messo a punto un progetto pluriennale finanziato con fondi della programmazione ordinaria del MiBAC che ha previsto di censire, documentare, verificare e sistematizzare la moltitudine disorganica delle notizie disponibili, tramite l’analisi delle fonti documentarie ed il censimento dei depositi di reperti archeologici, cui è seguito il controllo sul campo dell’esistenza e dell’entità dei siti individuati tramite l’incrocio dei dati documentali, con il conseguente loro posizionamento cartografico geo-referenziato su supporto sia cartaceo, sia informatizzato.

I punti, corrispondenti a 192 presenze archeologiche, sono mappati su base cartografica dell’IGM che da sempre ha accompagnato le edizioni delle carte archeologiche. è composta da un quadro d’insieme 1:100.000 e, per ognuno dei 22 comuni, da un dettaglio delle sezioni 1:25.000 della serie aggiornata. Tenuto conto delle esigenze di pianificazione territoriale i punti sono riportati anche sulla CTR (Carta Tecnica Regionale) che è consultabile per stralci nel testo del volume e su CD Rom.

Dopo un’introduzione storico-metodologica della curatrice Paola Perazzi, un inquadramento geologico di Pasquino Pallecchi e una storia delle più antiche ricerche di Gabriella Capecchi, il volume offre per grandi fasce cronologiche – epoca preistorica (Paola Perazzi), preromana (Giovanni Millemaci) e romana (Cristina Taddei) – una sintesi delle conoscenze che scaturisce dallo studio analitico dell’insieme dei siti (di vari autori), ordinati in schede sintetiche per comune in ordine alfabetico, restituendo omogeneità al quadro delle conoscenze.

Il risultato è un panorama completo per alcuni periodi storici, per altri meno, ma in ogni caso la visione archeologica del territorio avuta finora viene completamente cambiata non solo dal punto di vista quantitativo ma, per certe fasi cronologiche, anche nella valutazione storica, molto più approfondita che in passato.

Oltre che strumento basilare per indirizzare future ricerche e analisi più approfondite, quest’opera rappresenta un insostituibile mezzo di conoscenza per esercitare una migliore tutela del patrimonio archeologico provinciale, in rapporto alla trasformazione e alla pianificazione del territorio e a un suo più giusto utilizzo anche in termini di scelte future di valorizzazione. Questi, in ultima analisi, gli scopi della carta archeologica,uno strumento che vuole essere di massima utilità in primo luogo per le amministrazioni locali per poter orientare le scelte programmatiche dei rispettivi territori, anche se la carta non ha un valore normativo. Essa fotografa quindi lo stato attuale delle conoscenze, senza precludere l’ipotesi di eventuali futuri ritrovamenti archeologici.

Esempi di alcuni siti significativi per il territorio e la città

I crinali appenninici restituiscono un quadro abbastanza completo della frequentazione preistorica in particolare per il Paleolitico superiore/Mesolitico, in parte già noto, ma ulteriormente precisato alla luce delle nuovescoperte anchein aree circumvicine.
Meno attestati risultano i rinvenimenti riferibili al Neolitico, Eneolitico, età del Bronzo distribuiti ai margini del Padule di Fucecchio (Buca delle Fate, Montecatini Alto, Pieve a Nievole Liceo Statale); per alcuni di questi siti vengono proposte riletture ed aggiornamenti documentari e bibliografici.

Per il periodo etrusco mancano a oggi testimonianze della I e II età del Ferro (Villanoviano, Orientalizzante) mentre per l’età arcaica (VI-V a.C.) nonostante la povertà e la frammentarietà dei dati, è stato possibile evidenziare alcune caratteristiche del popolamento, finora poco o affatto note.
In particolare, è evidente l’esistenza di un “limite” culturale coincidente con il rilievo del Montalbano: ad est, il territorio pistoiese con il nuovo rinvenimento di un abitato a Montale Alto, è compreso entro la sfera d’influenza di Fiesole e dell’abitato etrusco di Gonfienti; ad ovest, il diffuso sistema insediativo, intuibile dagli scarni ritrovamenti di Pieve a Nievole, è invece rivolto verso Pisa ed il suo agro.
Le stele e i cippi fiesolani di reimpiego nella città di Pistoia (ex Monastero di S. Mercuriale e antico Palazzo dei Vescovi) attestano comunque la presenza di una possibile area funeraria in quello che poi, in epoca romana, diventerà il centro storico di Pistoia.

Per l’età romana la rilettura dei dati editi e lo studio di quelli inediti ha portato alcuni contributi significativi per delineare le vicende dellaromanizzazione del territorio avvenuta, nell’ambito delle guerre liguri durante il II sec. a.C., con una progressiva occupazione delle zone pedemontane e delle pianure portata a termine coinvolgendo anche i gruppi liguri vinti.
Piccoli siti rurali in età imperiale, ma forse anche in precedenza, punteggiano la pianura centuriatalungo un percorso pedemontano (Spedalino di Agliana, Santomato-Casa al Bosco, Pieve a Nievole), altri si attestano inmontagna e sono collegati alle ampie proprietà fondiarie di pianura o alla viabilità transappenninica (Cireglio, San Marcello).
La città di Pistoia
si conferma, a partire dall’epoca imperiale, l’unico sito di tipo urbano riconoscibile, sebbene con una forma ancora da chiarire, forse organizzata per livelli o terrazzi, privo di una cinta muraria e attraversato da un via lastricata, la via Cassia. Da una prima occupazione tardo repubblicana dell’area settentrionale dell’attuale centro storico, la struttura urbana del municipium pistoriense, sembraestendersi anche a quella meridionale in un periodo successivo.
Le tracce più significative si riferiscono all’epoca imperiale e comprendono ora, oltre alle già note testimonianze della domus di Piazza del Duomo, dell’Antico Palazzo dei Vescovi, di San Mercuriale,dati inediti relativi a Vicolo S. Atto (giardino dell’ex Prefettura), S. Iacopo in Castellare, fino a quelle recentemente emerse nel cortile di Palazzo de’ Rossi dove è presente un’area residenziale o mista con funzioni anche artigianali affacciata su una via glareata e un pozzo.