Pubblicato da Àncora, “Dentro i veli” è un libro ‘diverso’ dai tanti sulla Sindone e merita una accurata presentazione.
Tralasciamo subito ogni illazione e parliamo di questo libro e delle ricerche sull’immagine da un punto di vista ‘tecnico’ e non religioso o anti-religioso. Sappiamo, se siamo intellettualmente onesti, che il “sacro-telo” conservato nella Cattedrale di Torino, non è un falso rinascimentale come fu dichiarato e pubblicato dal National Geographics, perché le datazioni col C14 non sono affatto attendibili su un reperto inquinato da passaggio di mano, incendi, rimaneggiamenti vari anche in epoche recenti. L’enigma sull’origine, tuttavia resta e non è compito di questo lavoro risolverlo. E la storia stessa di questo “telo” è già in sé un romanzo. Qui si analizzano le immagini impresse sul telo.
Passione e competenza iconica
“Dentro i veli” rappresenta invece il risultato di uno studio scrupoloso, appassionato, innovativo compiuto dalle autrici e che, dopo un percorso non facile, vede la luce grazie a Delio Remondini, direttore di Àncora, e che appassionerà il lettore.
Innanzi tutto le Autrici: Piera Argelà Bider e Maria Grazia Ellero Minelli, che hanno messo tutta la loro passione e competenza in questo lavoro non banale e complesso, qual è lo studio approfondito di quella che forse è l’immagine più nota e diffusa nella storia. Piera Bider ‒ che conosciamo da quando abbiamo curato insieme l’opera postuma su Dante di Massimo Battolla ‒ è una valente iconografa che ha riprodotto e custodisce nel suo studio una copia del telo esattamente uguale all’originale, stampata in digitale su plotter di grande formato.
Un po’ di storia
Cos’è la Sindone? Tutti lo sanno: oltre a essere la più importante reliquia della Cristianità, custodita a Torino è soprattutto un enigma. «Per noi è stata un’avventura straordinaria, unica, che passo passo ci ha legato a sé con tutto l’interesse e le energie di cui disponevano» ci ha detto Piera Bider.
La Sindone è il telo di finissimo lino, certamente tessuto in Palestina nell’epoca di Gesù, come dimostrano sia la tecnica di filatura e tessitura, sia i pollini che vi sono stati rinvenuti, che ha avvolto un uomo dopo la sua morte. Secondo le autrici si tratta “del corpo di Gesù una volta staccato dalla Croce per essere rinchiuso nel Sepolcro messo a disposizione da Giuseppe Di Arimatea.”
Da allora le peripezie di questa Sindone, che a volte scompare per riapparire prima in Oriente (Edessa) e quindi in Francia da Filippo IV, per non parlare dei Templari, per finire nelle mani dei Savoia e infine donata al Cardinale Borromeo e conservata nella Cattedrale di Torino.
Ora, chi scrive queste note sul libro appena pubblicato, non è né un materialista, tanto meno un bigotto. Diciamo “scettico possibilista”, cosciente come dice Amleto che “ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. E allora mai chiudere gli occhi, ma indagare.
Una testimonianza
«Bene, la Sindone ci ha rivelato segni inequivocabili per giungere ad asserire una verità stupefacente, incredibile ‒ ci dicono convinte Piera e Maria Grazia ‒ Gesù è risorto!»
Sì, avete capito bene: ha lasciato nel Sepolcro tracce che dicono come è avvenuto.
«Neppure l’originale a Torino permette di vedere queste tracce ‒ prosegue Piera. ‒ Quanto abbiamo scoperto è riportato fedelmente nel libro. Ma prima di giungere a Torino la Sindone, va detto, ha avuto una vita avventurosa attraversato terre e mari correndo il rischio di cadere in mano di miscredenti che ne avrebbero fatto merce di scambio, di ricatto o forse l’avrebbero distrutta per eliminare una prova “scomoda”.»
La storia che raccontano nel libro è affascinante, proprio un romanzo che attraversa i secoli. Sosta in Paesi di culture e religioni diverse, sempre nascosta o criptata cioè «celata alla vista ma presente testimoniando la presenza di Gesù a chi si era convertito al cristianesimo.»
Tra guerre e incendi
Nel libro le autrici ci accompagnano a scoprire le tappe di questo viaggio avventuroso e dei rischi che la Sindone ha corso, superando praticamente indenne ben 2000 anni di guerre, crociate, furti e incendi.
«Sempre però, a nostro parere, protetta da lassù! I segni che la Sindone rivela sono stati confrontati con documenti, codici e miniature rintracciati in musei all’estero di cui abbiamo verificato l’autenticità.»
Ma cosa emerge da questo studio appassionato, innovativo?
«Ci risulta che Gesù, morto e avvolto in quel prezioso telo, è risorto: lo documentiamo in “Dentro i veli”.»
Una vicenda sorprendente che ci permette di partecipare e viverla con una suspense che potrà sperimentare anche il lettore.
«Una ricerca complessa la nostra che non riteniamo del tutto esaurita tanto ha toccato e tocca la nostra vita, fa emergere la preziosità, il valore di questo dono, suscita stupore e gratitudine per Chi ce lo ha donato e accettando la morte in croce ci ha liberato dal male, dalla morte con la sua resurrezione.»
Quanto si dice in questo libro, sia ben chiaro, non è dogma di Fede e ciascuno è libero di pensare come vuole. Ma resta comunque uno scorcio che ci arricchisce, come hanno fatto le autrici nella presentazione del libro che dal 9 aprile si trova in tutte le migliori librerie.
Nell’immagine in apertura: Il telo (riproduzione fedele fatta eseguire da Piera Bider). Un telo di lino lungo 442 cm e largo 115 cm. Qui ne vediamo metà per poterla osservare meglio in ogni segno che porta. Il telo è pieno di fori a disegno regolare. Ci sono due linee parallele di «scrurimento» del lino “come due binari”; c’è anche un’altra linea di scurimento più spessa delle altre due, trasversale, un po’ irregolare. Al centro dei binari a ben guardare vi è l’impronta del corpo di un uomo. Si consideri anche la croce che si intravede formata dall’impronta del corpo con lo scurimento trasversale. Nel telo si riconscono dei fori piccoli, impronte molto particolari, “di dita ardenti che premendo sul telo l’hanno forato e nei binari segni di scurimento bruciature superficiali causati da un legno che cominciava a bruciare ai lati. Se avvolgiamo quella tavoletta nel lino che viene piegato in 4, troviamo anche i segni di un volto.
“Dei fori grandi hanno la forma di due triangoli isosceli. Fanno pensare ai chiodi della crocifissione; ardenti anch’essi. Introdotti tra i teli, a bruciare quel pacco che li conteneva. Da questa parte il pacco riporta i segni dei pollici di Gesù ardente.”
Da quest’altra parte i segni da indice medio anulare? E segni di occhi aperti rimasti come punti di scurimento del lino. Volti piccoli, rimasti impressi a croce.
C’è un occhio aperto più grande del quale si vede cornea, iride, pupilla e contorno dell’occhio.
Nelle immagini riportate nel libro si vede anche che un telo era a contatto con la Sindone: un bisso su cui è rimasto impresso il volto del Risorto: IL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO, una reliquia che è fotografia. Il bisso è tessuto trasparente e dà a vedere che il volto non è dipinto con nessun materiale. CI SONO DELLE SCRITTE nella trasparenza del velo, neppure queste scritte con pigmenti ma impresse da «foto»grafia. Sul volto e sui capelli è impresso JESV e chiunque che si misuri con la realtà lo può vedere. JESVXHRISTUM REX JVDEORVM: si legge, con qualche difficoltà, sulla reliquia stessa e su lucidi ottenuti fotografando la reliquia, osservati da vicino, alla luce naturale.

Cristo Pantocratore, 1383, Monastero dell’Athos. C’è JESV e anche JHS (sovrapposti) tra i capelli in alto a sinistra. Osservazione della tecnica pittorica: i caratteri di scrittura sono del colore dei capelli di pigmento chiaro. I caratteri di scrittura risaltano al pari di quei capelli superficiali più chiari rispetto ai capelli della base che sono più scuri; il fondo è nero.
Il nome di JESV è sulla Sindone. Lo può leggere chiunque sul fondo del telo, qui riportiamo quel che si vede. In obliquo, da in alto a sinistra: JESV.
Questi 4 caratteri di scrittura che compongono il nome JESV sono del tutto identici e sovrapponibili al nome che si legge sul Volto Santo di Manoppello.

Passiamo all’altra parte della Sindone (dove riconosciamo l’impronta frontale di Gesù). Anche qui si leggono scritte: evidenziamo ora quel che si legge superiormente all’impronta del volto sindonico.
In quanto a queste scritte prese in esame: una pare provenire dal Titolo della Croce, un’altra da un documento rilasciato da Pilato.
In quanto al resto delle scritte, sono tantissime, sui due teli. Come capitò che si fissarono in negativo sui due tipi di tessuto? La luce fortissima fece sì che l’inchiostro trasferito dai due originali (legno e cartaceo?) attraverso un secondo oggetto (benda? Dovette esserci per forza!) formasse un negativo?… il nero diventò bianco; i grigi o mezzetinte restarono più o meno invariate; alla flashata che è luce strapotente passò una luce diversa rispetto al nero (il quale blocca la luce).
In sintesi
Tra mistero, studio e passione iconografica
Dentro i veli si distingue per l’approccio tecnico e iconografico all’enigma della Sindone, evitando derive fideistiche o negazionismi sbrigativi. Con rigore e passione le autrici analizzano il celebre lino conservato a Torino, cercando indizi in codici antichi, miniature e documenti sparsi tra musei e archivi europei. Il lavoro si avvale anche di una riproduzione 1:1 della Sindone, stampata digitalmente e sottoposta a osservazioni meticolose. Le autrici affermano di aver trovato tracce concrete della resurrezione di Cristo. Una tesi forte, che però non pretende di imporsi come verità assoluta: il libro si propone piuttosto come viaggio affascinante tra storia, simbologia e indagine visuale. Resta l’enigma – ancora irrisolto – dell’origine dell’immagine “negativa” impressa sul telo. Le ipotesi, anche arditamente luminose, si affiancano a interrogativi legittimi. Il merito del libro è di non chiudere la questione, ma di rilanciarla con eleganza e onestà intellettuale. Anche per chi resta scettico, Dentro i veli è una lettura suggestiva e, per certi versi, stimolante.
Ha scritto bene Marco Picasso, il contenuto del libro è davvero interessante e lui l’ha valorizzato apprezzandolo