Nata a Milano negli anni trenta, Campo Grafico – Rivista di estetica e di tecnica grafica, segna la più originale impresa collettiva di quegli anni creativi quando un pugno di “padri fondatori” di quello che sarà chiamato “graphic design” – tra cui Attilio Rossi, Carlo Dradi, Guido Modiano, Luigi Veronesi, Enrico Bona, Ezio D’Errico, Antonio Boggeri e Bruno Munari – guida una vera rivoluzione tecnica e culturale che, una volta iniziata, aprirà la strada a modalità del tutto diverse di coniugare testi e immagini nella grafica.
La rivista Campo Grafico fu al tempo stesso innovazione tecnica e rivoluzione modernista
Sulle pagine della rivista, dalle appassionate discussioni sullo stile moderno e sull’astrattismo in pittura, si passava al dibattito sul destino dell’architettura fino alle suggestioni della nuova tipografia, quella presentata nella Sezione Grafica della Germania alla V Triennale del 1933 e simboleggiata dal carattere Futura di Paul Renner.
La rivista diventerà subito anche un ideale punto di aggregazione per un libero confronto di opinioni, aperte agli stimoli intellettuali che avevano caratterizzato le avanguardie europee negli anni venti.
La difficile convivenza con il clima del fascismo
Il miracolo di dare vita nel 1933 a una rivista mensile indipendente come Campo Grafico sarà possibile grazie all’opera volontaria di tipografi, compositori, litografi, linotipisti, fototipisti, grafici e all’ospitalità (ma solo in orario festivo e notturno) di alcuni tipografi e imprenditori che appoggiavano l’impresa, con diversi amici sostenitori provenienti da altri ambiti – pittori, scenografi, scultori, architetti – superando di fatto la distinzione tra lavoro manuale, lavoro intellettuale e le barriere di classe.
Simbolicamente Campo Grafico decolla proprio mentre il nazismo chiude il Bauhaus. La rivista approfitta con intelligenza del fatto che il fascismo non ha un pensiero unico in ambiti come l’arte e la cultura e quindi può portare avanti un’azione di rinnovamento, in qualche caso iconoclastica, anche verso protagonisti del Regime.
Non mancheranno al contempo momenti di duro confronto quando nel 1934, Attilio Rossi, primo direttore della rivista, rifiuterà di pubblicare i manifesti di Persico e di Nizzoli favorevoli al Plebiscito voluto da Mussolini. In quel frangente per fortuna non accade nulla di irreparabile, e l’espatrio in Argentina di Attilio Rossi, da tempo osservato speciale della polizia politica, eviterà guai maggiori, facendo sì che i rapporti tra la testata e le istituzioni corporative fossero sempre più improntati alla prudenza, pur senza cedere all’invito di diventare un organo sindacale ufficiale.
Quarant’anni dopo, nel parlare dell’esperienza di Campo Grafico, indicando in quella impresa la nascita della grafica moderna in Italia, Attilio Rossi scriverà che «gli insegnamenti precedenti […] sarebbero confluiti programmaticamente in una rivista sperimentale di arti grafiche totalmente nuova».
Una rievocazione della storia della rivista, in collaborazione con l’Associazione Campo Grafico, arricchita da un dibattito sulla sua eredità anche nella formazione del mestiere di grafico in Italia, si è svolta il 23 marzo presso AIAP l’Associazione italiana design della comunicazione visiva a Milano
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