Attualità, prospettive e preoccupazioni della “Green Transition” tra opportunità di business e nuove legislazioni all’orizzonte.

Il 42° convegno Nazionale GIFASP con la tavola rotonda che ne è seguita, ha fatto il punto, con estrema professionalità, sulla situazione attuale e in prospettiva della “Green Transition” tra opportunità di business e nuove legislazioni all’orizzonte. Un tema particolarmente sentito e seguito da tutta l’industria grafica che ne risulta direttamente coinvolta.

Il Convegno, che si è tenuto nel prestigioso resort Le Tre Vaselle di Torgiano (PG), è iniziato con una piacevole e istruttiva visita allo stabilimento Tecnocarta, di cui riferiamo a parte, è stato anche allietato da un piacevole programma sociale, presso il Carapace di Arnaldo Pomodoro al Parco delle Sculture di Bevagna e, in chiusura, dalla visita guidata ad Assisi.

Luci e ombre

Luci, poche, e tante ombre caratterizzano oggi le problematiche del packaging a causa di una legislazione europea incerta, imprecisa, basata su considerazioni politiche e non scientifiche, che sta provocando preoccupazioni e mettendo a disagio tutta la filiera, dal brand al consumatore, passando per gli stampatori, i convertitori e la GDO.

Dopo l’apertura da parte di Alessandro Tomassini, presidente GIFASP, Horst Bittermann, di Pro Carton ha dato il via alle relazioni tecniche, mettendo in risalto i vantaggi dell’imballaggio in cartone sulla base dei dati di uno studio del novembre 2022, e il ‘sentiment’ dei consumatori in base a interviste condotte su poco piú di 5000 consumatori in cinque Paesi della UE.

La domanda che emerge è sostanzialmente questa: “Will the PPWR stop green transition in packaging?” (il PPWR frenerà la transizione verde nel packaging?).

In realtà il Regolamento sugli Imballaggi e Relativi Rifiuti (PPWR) è assai controverso e contestato, come è stato piú volte sottolineato dalle Associazioni di categoria, la Federazione Carta e Grafica in primo piano, di cui abbiamo parlato piú volte su queste pagine.

Gli studi basati su interviste ai consumatori, a nostro parere, non sono significative per due ragioni, che sono state poi evidenziate nella tavola rotonda: mancanza di conoscenza, di informazione, di chiarezza. Del resto, quanti sono i consumatori, in grado di riconoscere quale polimero è biodegradabile o riciclabile? O anche quanti sanno che cosa significa FSC? Il fatto stesso di raccogliere assieme qualsiati tipo di plastica – cui si aggiungano le lattine – non ne permette un effettivo recupero o riciclo.

E quindi ovvio che le risposte dei consumatori sono queste: il 94% vuole che i produttori si impegnino di piú (il 61,2% molto di piú; il 32,7% un po′ di piú). In cosa e come non è chiaro.

Risulta anche che i consumatori hanno le idee chiare sul fatto che il packaging è considerato – chissà perché – un punto debole nella transizione verde e che il 42% sceglie il prodotto in funzione dell’imballo. Ma anche qui, non riteniamo che le risposte siano sincere e realistiche.

Materiali e macchine ‘verdi’

Da un punto di vista pratico, Renato Somekh, di Stora Enso Italia e Peter Andrich, AD di Koenig & Bauer Filiale Italiana, hanno illustrato i punti chiave verso la transizione verde delle rispettive aziende.

Stora Enso è il maggior produttore di poliaccoppiato, e quindi direttamente coinvolto nel tema. L’azienda punta infatti a una produzione sempre piú allineata alle direttive europee e alle aspettative dell’industria delo packaging e dei consumatori, sostituendo via via tutti i prodotti che non abbiano una riciclabilità di almeno il 70%. Il suo reprto di R&S è attivo nello studio di nuove soluzioni basate sulle fible cellulosiche in alternativa alla plastica, dove questo sia possibile.

Koenig & Bauer ha avviato nel 2021 una transizione volontaria verso la carbon neutral sui suoi vari siti produttivi e su tutte le macchine di sua produzione.

Per gli stabilimenti produttivi ha raggoiunto il 100% di energia da fonti rinnovabili: fotovoltaico, co-generazione di biogas, illuminazione a LED, Energy Management System in fonderia senza dispersione del calore certificata DIN EN 5000/2018. L’obiettivo è il CO2 neutral entro il 2030.

Per le macchine, ha effettuato la transizione con accorgimenti che riducono al minimo attualmente raggiungibile i consumi energetici (vedi nostri precedenti articoli), ma in particolare l’adozione di tecnologie in comune per le varie macchine, dalla stampa a foglio o rotativa alle fustelle, un brevetto che permette di avere alcuni componenti in comune, facilitando sia la manutenzione, sia la ricambistica, la riduzione degli scarti del 25% sul grande formato e del tutto trascurabili sulle macchine digitali per cartone.

Nuove tecnologie perfezionate sono state adottate sulle macchine a foglio, tali da permettere una riduzione rispettivamente del 70 e dell’80 percento di scarti e consumi. Tecnologie, quale il DriveTronic, che possono essere anche retrofittate su macchine già operative.

La tavola rotonda

Moderata da Stefano Lavorini, Direttore ItaliaImballaggio, vi hanno partecipato Maurizio D’Adda, direttore generale di Assografici; Luciano Villani, Coop Italia; Fabrizio Volpe di Seda International Packaging Group; Giorgio Boccardo di Pharma Partners; Alessandro Lazzarini di Tecnocarta.

Maurizio D’Adda ha fatto presente che bisogna stimolare le aziende che producono non solo a considerare il valore del profitto, ma anche a fare un bilancio di sostenibilità che possa essere misurato con un parametro. La sensibilità al problema cresce e coinvolge tutti gli operatori e sono in aumento le aziende che decidono di inserire la voce sostenibilità nel proprio bilancio aziendale.

Giustamente critico Luciano Villani (Coop), il quale ha affermato che l’impatto zero non esiste e che parlare di Industria Green è improprio come termine. Diciamo piuttosto che ci sono aziende che cooperano per diminuire l’impatto ambientale del packaging, ma nei limiti del possibile.

Emerge che manca la cultura del consumatore sul tipo di packaging e come questo deve essere consegnato ai punti di raccolta. Di conseguenza, il mercato è passivo se l’informazione è sbagliata.

Del resto, se non ci fosse l’imballaggio non esisterebbe neanche la grande distribuzione – è impensabile tornare ai tempi della ‘signora Maria’ che comprava lo zucchero a cucchiaiate – e lo spreco di prodotti alimentari sarebbe un quarto della produzione. Si è fatto anche presente che il confezionamento permette al made in Italy di essere esportato altrimenti non sarebbe possibile la sua alta diffusione nel mondo.

Riciclo o riuso

Tornando al tema della proposta di legge che obbliga, dalla fine del 2022, la riduzione dei rifiuti pro capite mediante riduzione degl imballaggi, è già disattesa, e nel frattempo le scadenze per l’applicazione dellel leggi, peraltro poco chiare, slittano a fine 2023, 2024 e 2025.

Su riciclo o riuso, la legislazione è oscura e non è supportata da dati scentifici, ma impostata solo su considerazioni di carattere politico. I dati confermano che il riuso, come vorrebbe la legge UE comporta maggiori costi e un enorme consumo di acqua.
Nella discussione alla tavola rotonda è emerso chiaramente che le associazioni si devono muovere in un unica direzione – ed è ciò che stanno facendo – per intervenire sul legislatore e cambiare l’impostazione. Il rischio reale è infatti di aumentare l’impatto ambientale anziché ridurlo… quindi per il nostro settore il riuso non si può fare: ed è ciò che dobbiamo comunicare attraverso comunicazioni tematiche.

Proprio nei giorni successivi al Convegno Gifasp, emerge dall’analisi del parere approvato dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera – come  afferma Maurizio D’Adda – la chiarezza della posizione italiana rispetto alle tante, troppe criticità che caratterizzano la proposta europea in materia di imballaggi, senza riflettere su tutti i possibili risvolti per il buon funzionamento dell’economia circolare. “È miope, come avviene nell’attuale formulazione della proposta europea, imporre regole di gestione degli imballaggi in modo orizzontale a tutti gli Stati membri, senza guardare alla storia e all’attuale funzionamento dei rispettivi sistemi, e dunque nel caso dell’Italia all’eccellenza del riciclo della carta e non solo, e senza una credibile valutazione d’impatto sui singoli materiali e sulle rispettive filiere”.
Nell’arco di più decenni l’Italia ha consolidato il miglior sistema del riciclo d’Europa e ha costruito, intorno ad esso, sviluppo industriale e occupazione: “la partita in gioco è dunque importante ed esige anche da parte della Commissione e degli altri attori europei in campo scelte che siano davvero ponderate” come conclude D’Adda.

Chiarezza e informazione

In conclusione Stefano Lavorini ha precisato che l’obiettivo è che dovranno esserci solo imballaggi riciclabili o compostabili e tutti dovranno essere sostenibili accantonando i prodotti non idonei.

Nella discussione che ne è seguita Tonino Dominici, Box Marche, si chiede: “cosa ci portiamo casa da questo convegno?” cui risponde nella convinzione che occorre “che tutti noi che operiamo nella filiera dobbiamo agire con positività e ottimismo e dai nostri comportamenti e da come si comunica e con l’aiuto delle nuove generazioni, potremo risolvere il problema, ma solo se facciamo sistema il regolamento si può cambiare.

In definitiva, come ha affermato Fabio Bonacini, Labanti & Nanni, occorre fare “chiarezza e informazione”.

Luci e ombre sul packaging
Luci e ombre sul packaging