Una azienda innovativa sperimenta prodotti tessili – tessuti e inchiostri di tintura – utilizzando esclusivamente prodotti della natura. Una filosofia basata su concetti green e km 0.

Maekò è un’azienda giovane e dinamica che si occupa principalmente della produzione e della commercializzazione di tessuti naturali quali, canapa, ramiè, bambù, lino e cotone biologico, selezionando attentamente solo materie prime biologiche o provenienti da colture che non hanno subito alcun impiego di pesticidi o trattamenti chimici. Da qui nasce l’idea che presentiamo in questa intervista a Mauro Vismara, titolare dell’azienda.

Le tinte naturali di Maekò sono ottenute solo da fiori, frutta e verdura

Le tinte naturali di Maekò sono ottenute solo da fiori, frutta e verdura

MPA – Abbiamo conosciuto la vostra azienda per i suoi valori non solo ecologici, ma per la volontà di diffondere una tecnologia tutta italiana. Ci può illustrare da dove nasce questa vocazione?
Maekò – L’idea è nata da una filosofia di base legata al tema del naturale, del sostenibile nel campo del tessile. Partendo da qui e volendo seguire il percorso che stiamo facendo nell’ambito dei tessuti, la nostra idea è stata quella di perseguire questa filosofia anche nell’ambito della tintura. Questo significa poter tingere sempre con prodotti che facessero parte della natura.

Quasi un ritorno all’antico…
Infatti, non è una idea nuova, perché c’è sempre stata la tintura naturale fatta con bacche, frutti, ecc (marocco, india). Il vero problema attuale è che oggi la richiesta del mercato è di avere un prodotto costante e che rispetti una certa serie di parametri.
Da qui nasce l’idea di sviluppare una fase tintoriale che permettesse di ottenere un prodotto replicabile nelle tinte. Essendo la base e la materia prima un prodotto derivante della terra, quindi con una sua stagionalità, che cambia a seconda del periodo e della quantità di acqua ricevuta e da altri fatturi naturali, la quantità e qualità di colorante da estrarre non è costante.

Cosa intende esattamente per prodotto derivante della terra ?
Il nostro progetto prevede di usare esclusivamente tinture derivanti dai prodotti naturali della terra: quindi soprattutto frutti, verdure, vegetali vari. Ma per ottenere risultati soddisfacenti per il mercato occorre uniformità, è necessario poter replicare un certo tipo di tinta. Altri parametri fondamentali sono la stabilità e il finissaggio. Questo significa che la fibra di cotone o di canapa deve assorbire pienamente il colore e che non lo deve rilasciare durante la fase di lavaggio e tanto meno in seguito per effetto della luce.

Sappiamo che il settore del tessile, soprattutto in Italia, attraversa da anni una forte crisi. Come l’avete affrontata e superata?
La crisi del settore tessile è dovuta al fatto che oggi purtroppo in Italia si importa di tutto e soprattutto prodotti di bassa qualità dai paesi extraeuropei.
Quindi le industrie dell’abbigliamento, visto che comunque determinate lavorazioni come la tintura e la stampa hanno costi elevati, cercano di risparmiare prendendo come base un tessuto di bassa qualità e cercando di renderlo appetibile attraverso lavorazioni di decorazione, stampe ecc.

Ma il vostro è un prodotto di nicchia.
Appunto quindi la crisi del settore nel nostro caso non si sente molto prima di tutto proprio perché è un prodotto di nicchia. Gli operatori a contatto col nostro progetto costituiscono un target medio alto anche dal punto di vista culturale e preferiscono rivolgersi non al logo, ma alla qualità.
Oggi anche le marche di abbigliamento cominciano a capire in base alle loro ricerche, che il prodotto ecologico fa parte della ‘green economy’ e può dare nuovi sbocchi. Quindi cominciano ad avvicinarsi al nostro progetto per capire se ci può essere uno sviluppo vantaggioso.
Cominciano anche a fare dei tentativi, anche se più commerciali che etici, ma la grande azienda ha bisogno di fare numeri, e i marchi importanti utilizzano sì questo prodotto, ma non sono tanto interessati al fatto che sia ecologico quanto piuttosto all’effetto visivo.  Al momento sono ancora più concentrati sul marchio, il marketing e la comunicazione.

lavanda Il costo è superiore agli inchiostri tradizionali?
Un prodotto come il nostro ha un costo piuttosto alto, perché la domanda è ancora bassa. La azienda tipo cui ci rivolgiamo è per ora rappresentata da piccole realtà, perché le piccole e medie realtà che non hanno un brand affermato, hanno un’impostazione diversa e possono o devono rischiare un po’ di più, avere meno ricarico, e possono dedicarsi a creare prodotti di alto livello in quantità inferiori. Loro non hanno l’obiettivo di fare grossi numeri come le grandi aziende.
L’azienda poco conosciuta deve offrire un prodotto medio alto e quindi punta sulla qualità.

La nostra rivista si occupa prevalentemente di stampa e packaging. In pratica di comunicazione visiva. Ma da anni ormai la stessa stampa digitale inkjet nata per la carta e altri supporti, è entrata nel tessile e nella moda.  Maekò, al contrario, si mantiene fedele alla tintura tradizionale. Quali sono i pro e i contro? Sentite la concorrenza del digitale?
Per la stampa la nostra struttura delega alle stamperie. Certo questo tipo di “inchiostro” si potrebbe provare a utilizzare anche per la stampa. Ma c’è bisogno di un gran lavoro di sperimentazione e voglia di provare. Soprattutto per quanto riguarda il progetto che stiamo portando avanti sulla tintura con inchiostri ricavati dalla frutta. Con la tintura tradizionale possiamo ottenere tutti i tipi di tinte: nell’ambito del naturale, invece, possiamo realizzare una gamma di colori ristrettissima, anche se a volte diversa e quindi innovativa, perché si basa su colori non primari, ma su tinte che già di per sé sono complesse.

Oggi c’è sempre più attenzione alla sostenibilità. Qual è il messaggio che ritenete più importante verso la vostra clientela per essere vincenti sul mercato? 
Puntare sulla natura, e sulla qualità. I prodotti naturali, specialmente nel nostro caso, portano all’utilizzo di risorse italiane, valorizzano la manifattura italiana che si può identificare anche con il rispetto per l’ambiente e per le persone che ci lavorano.
Lavorando un tessuto la cui tintura deriva dal fusto di un albero, anche le polveri che respirano le persone che ci lavorano sono meno nocive, o per niente nocive, rispetto a quelle che respirerebbero se il tessuto fosse in poliestere o ottenuto da derivati dal petrolio. Quindi un rispetto anche per le persone che ci lavorano. E poi importante è anche una sorta di km 0 per quanto è possibile, perché si ha un prodotto che si può gestire sul posto, almeno fin dove è possibile, quindi con un risparmio nei consumi anche per il trasporto.