Il calco digitale di un’impronta delle grotte di Toirano (SV) è un manifesto dell’alba delle immagini che imprigiona il tempo.

Grotte di Toirano – Una stalagmite battezzata ‘Torre di Pisa’ (© Archivio Armus, Genova)

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L’amore e la morte abitano in un’impronta. Non sarebbe mai esistita in assenza dei due canonici concetti di fisica, la pressione e la forza.
Mi trovo nel Complesso delle Grotte di Toirano con il gruppo organizzato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria.  Davanti alla grotta della Bàsura, un cielo immoto annuncia il suo poema epico, la strega racconta lunghe storie e profezie sull’Homo Sapiens, con voce infera squarcia il nero sipario che mi lancia in una costellazione di pietra. Ascolto voci di umani che fluttuano nella preistoria dell’archeologia e il corridoio semibuio sembra continuare all’infinito, oltre la Sala dei Misteri.

Gesto primordiale

Non sarà l’impronta del piede dell’uomo antico nel suo spaventato deambulare quotidiano o quella delle sue ginocchia a stupirmi, ma quella delle sue mani, a circa 200 metri dall’ingresso.
Gli elementi chiave si trovano nel gesto primordiale di un essere umano che si muove nell’oscurità, forse, a carponi ai lati della caverna. Quel buio dà vita all’alba delle immagini.
Qui, dove il presente è inesistente, è accaduto ciò che all’arte non è mai riuscito: imprigionare la quarta dimensione, il tempo.
L’impronta delle dita pulsa il libro che l’Homo Sapiens vi ha imprigionato, un calco di circa 12.000 anni, che è noi nell’universo. Egli è stato l’archetipo della comunicazione non verbale, oscura brevità di forme stringate, o di un linguaggio rituale come gesto del divino e molto altro.
Gli studiosi sostengono che non le carestie, le pandemie o le guerre saranno la ragione che segnerà la fine della sua esistenza terrena, ma l’ingegneria genetica, nella plasmazione del corpo mortale con le nanotecnologie, che muteranno e potenzieranno i suoi organi.
È poco noto che Google Ventures stia investendo miliardi di dollari per ingegnerizzare il successore dell’Homo Sapiens e renderlo immortale simile agli dèi: nel corpo Androide ex Sapiens con il codice genetico riconfigurato, evadere dall’organico renderà possibili missioni spaziali, oggi impensabili.
E allora appare romantica oggi la descrizione minuta del mondo a due dimensioni, pletorico di linguistica elettronica, capace di trasformarsi in una terza dimensione o in qualunque altra cosa non palpabile. L’Uomo risorgerà extraumano.

Archetipi stampati

Grotte di Toirano: corridoio delle impronte, dita della mano penetrate nell’argilla (© Archivio Armus, Genova)

Tuttavia, dovrà fare i conti con quel calco digitale dei Sapiens, che è il loro manifesto umanato e anche il nostro. Le dita penetrate nella materia annunciano la più elementare delle verità del reale: l’altezza, dimensione ingannevolmente fagocitata dai pixel. L’uomo antico segna il suo passaggio lasciandoci il suo vuoto-negativo, etico, e la sua prima bottega di archetipi stampati. Nella Grotta della Bàsura tutto è reale come la notte e il giorno, come il sorgere del sole e il suo tramonto o come il buio ostinato dell’umanità imperfetta, mortale. Qui nulla è escursione, parola chiave della realtà virtuale, ma simbolo tangibile contro l’oblio stesso. Quelle mani organiche e la loro forza digitale, sono state occhi e campane della libertà che hanno ibridato per sempre la Silicon Valley.
Non occorre citare Bill Gates per rendersi conto che il web è alchimista e demiurgo, signore di una terra incantata a cui approdano i naufraghi del mondo reale, menti visionarie di una terra desolata di immagini che divengono lubrificanti dei potenti motori Google e dei suoi epigoni, per poi ricominciare a proporne miliardi di altre, e poi rimuoverle ancora e ancora ricominciare come nella monotonia della fabbrica di Metropolis. Non ci sarà più l’eco dell’uomo mortale e la sua aurora a cantare rasserenanti verità del suo tempo, ma l’Homo Deus (un dio, quindi, perpetuo) che ci intonerà la sua spaventosa omelia…

Museo Preistorico. Scheletro di Homo Sapiens di età romana. Archivio Pirella – Fuji instax

< Quelle immagini imperiose perché complete
sono cresciute nel puro pensiero, ma da dove provengono?
Un mucchio di rifiuti o la spazzatura di una strada… >

                                                                        W.B. Yeats, The Circus Animals’ Desertion

 

Grotte di Toirano (0182.98062), Comune di Toirano (SV) e Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria.   

Nell’immagine di copertina: Corridoio delle impronte, piede sinistro e altre impronte allo studio

 

Ringraziamenti –  Un imprevedibile ponte sui sentieri paleolitici di ricerca lo ha creato Silvana Vernazza, responsabile per il Patrimonio demoetnoantropologico della Soprintendenza, ella rimanda incessantemente dal suo mondo specializzato eventi e itinerari, che promuove attraverso un suo instancabile sistema di messaggi collettivi. La collega Elisabetta Starnini, archeologa, apre il grande libro del sottosuolo per poi passarlo all’archeologo Stefano Giannotti.
Alle Guide, Marco Lamera, che dopo 40 anni potrebbe percorre 1.300 metri di grotte con lo stesso buio preistorico del Sapiens, e a Stefania Canavese, Marta Zunino.

Un suggerimento.   Alla distanza di un batter d’occhio, oltre al Museo Preistorico della Val Varatella Nino Lamboglia, merita di essere visitato il Museo Etnografico (0182.989968), Comune di Toirano (SV) curato, con merito, da Orlando Boccone.

Francesco Pirella, Genova agosto 2017