Pavia rievoca il periodo oscurantista dell’arte e della cultura con una antologia di eventi.

All’interno dell’antologia di eventi: “Cupe vampe: saperi vietati, diritti negati”, si inseriscono le relazioni: “Al rogo: censure e distruzioni di libri dall’antichità a Hitler”, presso l’aula goldoniana del collegio Ghislieri e “L’Arte sotto assedio, dal Novecento al contemporaneo”, presso l’aula magna del collegio Cairoli. Due momenti ricchi d’interesse che riportiamo cercando di riassumere il meno possibile.

Prima parte: la lotta contro i libri

Tutta l’antologia del week-end pavese rievoca il periodo barbaro che negò, sotto varie forme, la libertà di opinione e di espressione di cui i libri, l’arte, la Storia e la Cultura sono l’espressione della creatività e di conseguenza della libertà, temuta dai regimi e dalla politica dall’impero romano ai giorni nostri, sia pur con modalità differenti e in evoluzione, ma pur sempre “pericolose” e da contrastare.

Il rogo dei libri come censura politica

Durante il primo secolo dell’impero romano la censura arriva per motivi religiosi perché il Cristianesimo entra a contatto con il potere centrale, minandolo, per cui si attua una censura di carattere morale e religioso. Dal secondo secolo a. C. si passa a roghi di libri che contengono norme filosofiche considerate pericolose per la religione romana e il pretore Quinto Petilio Spurino li fa bruciare durante il comizio davanti agli occhi del popolo. E ai roghi si aggiunse l’esilio e l’eliminazione fisica dell’autore, con l’accusa di tradimento contro lo Stato, per decreto del Senato.
Ma fu efficace il rogo dei libri e quanti ne circolavano a Roma in quel periodo, si domanda Sara Cappellato, alunna del Ghislieri, autrice della ricerca. Non tutte le copie infatti venivano bruciate, ma solo alcune come atto simbolico, e l’atto ne accrebbe di fatto l’attenzione.

Il concetto più moderno ai tempi del rogo dei libri imposto da Hitler nel 1933 faceva riferimento all’epurazione della cultura e della parola scritta da ciò che non era tedesco iniziando, però, dai volumi presenti nelle sedi dei partiti di opposizione. I roghi si estesero a settanta città della Germania nel corso di tutto il 1933.
Da qui l’impresa simbolica del 10 maggio 1933 davanti all’università di Berlino: il “Bucherverbrennungen” dei libri anti-tedeschi, diventa una sorta di metafora dei poteri politici. Dall’antica Roma a Hitler il metodo e il fine sono gli stessi.
Altro rogo famoso fu quello della biblioteca di Alessandria, voluta dal califfo Omar nel 642 come primo atto degli arabi contro la cultura greco-romana.

La stampa è pericolosa

In una lotta tra potere e conoscenza si arriva a parlare di Gutenberg, che cambia la storia d’Europa e del mondo, anche se le radici della stampa a caratteri mobili sono controverse e riconoscono all’orafo l’uso del piombo e l’applicazione dei caratteri latini a una tecnica già nota in Cina e in Corea. Nel 1453 tra la caduta di Costantinopoli e l’invenzione della stampa a caratteri mobili si conclude il Medioevo e comincia un’età nuova, moderna. In quell’anno in Europa ci sono 250.000 manoscritti, cinquant’anni dopo 15 milioni di libri. Una crescita impressionante, che suscita entusiasmo, ma anche una forte diffidenza nei confronti di questo processo di volgarizzamento del sapere, com’era definito dai suoi detrattori, messo in moto dalla stampa, che può invece essere definita come la prima forma di vera democrazia.

La Chiesa e le sue manipolazioni

Filippo Da Strada, pavese, scrisse che la stampa è uno strumento commerciale e potenzialmente corruttore dell’animo umano, lamentando i costi troppo bassi dei testi a stampa di mitologia pagana, poesie d’amore che solleticano, a suo avviso, le fantasie erotiche dei giovani lettori e delle traduzioni in volgare che rischiano di stravolgere il significato sottile del latino inducendo all’eresia i semplici. Propose di identificare ed espellere gli stampatori a Venezia.
Filippo era un uomo di chiesa, domenicano, appartenente all’ordine dei frati predicatori, che individua nella stampa un concorrente. Come dargli torto? Era amanuense e umanista, amante dei manoscritti.

E poi c’è Lutero che cavalca la tigre, traduce in tedesco la Bibbia e la fa stampare. Una mossa con conseguenze importanti come l’esclusione della mediazione sacerdotale per avvicinarsi al testo sacro. I tedeschi cominciano a imparare a leggere e a scrivere su quel testo, aumentando il tasso di alfabetizzazione e alimentando il bisogno di libri. In Italia si seguono le sue orme traducendo in volgare italiano i testi di Lutero e di altri riformatori.
Le traduzioni della Bibbia in volgare sono stampate di nascosto, raramente in Italia. Per contagiare gli italiani alla riforma, la Francia e la Germania inviano in Italia i libri proibiti nascondendoli dentro casse insieme ai libri leciti o applicando una finta copertina o, corrompendo i mercanti, inserendoli tra i tessuti.
Per la Chiesa il rogo era solo un’alternativa alla difficoltà di eliminare la minaccia del libro con criteri meno drastici, come cancellare il nome dell’autore noto eretico, tagliare le parti compromesse, modificare alcuni passi delicati in senso più accettabile. Espurgare il male e lasciare circolare il libro in maniera deturpata: su questo si basava l’egemonia della Chiesa. Interventi meno drastici ma forse più efficaci.

L’Indice e la novella di frate Cipolla

Dal 1559 la Chiesa cattolica stampa un libro che deve sorvegliare gli altri testi: L’Indice dei libri proibiti. Uno strumento complesso diviso in tre classi di autori: i proibiti in toto come Lutero e Machiavelli, quelli di cui erano proibite solo alcune opere, come le satire di Erasmo contro la Chiesa che però è anche autore di straordinarie edizioni filologiche e di opere di grammatica senza le quali le scuole e i collegi e la Compagnia di Gesù difficilmente potevano andare avanti. E poi gli autori le cui opere non erano ammesse finché non erano state corrette, come Boccaccio letto fino all’Ottocento in una forma ridimensionata nei contenuti sessualmente espliciti e priva delle invettive anticlericali di cui è infarcito. Come frate Cipolla che nella novella diventa il signor Cipolla un laico che si spacciava per frate che andava in giro a distribuire finte reliquie e non era più una satira contro il clero ma un attacco contro quelli che pretendevano di appropriarsi dei privilegi del clero. Anche la Bibbia finirà all’indice nelle traduzioni in volgare italiano. Il Concilio di Trento stabilisce che l’unica versione autorizzata è quella tradotta da San Gerolamo in latino: la Vulgata. Le altre vengono sequestrate e bruciate. E leggere la Bibbia in italiano era considerato un peccato, o quanto mendo disdicevole anche nel secolo passato.
Cambia anche il rapporto degli italiani e delle italiane col libro: le donne non riuscivano a procurarsi i libri perché si pensava che leggessero solo per curiosità e quindi destava sospetto. Avranno bisogno di mediatori maschi che ne sorveglino la lettura.
Oggi i libri stampati sono assorbiti per una buona metà solo da un 5% di lettori forti e anche questa è una forma di rogo, pur senza fiamme.

Il sonetto di Gioachino Belli del 20 marzo 1843 dal mercato di piazza Navona, letto da Lucio Biasioli in romanesco, conclude in modo ironico l’intervento del professore di Padova: “…Sti librai cosa ci vengono a fare? Al mercato s’intende. Cosa impari da tanti libri? Se ne prendi uno a pancia vuota e dopo averlo tenuto per qualche ora in mano dimmi se hai fame o se hai mangiato bene. Che predicava alla missione il prete? I libri non sono roba da cristiano, figli per carità non li leggete”.

Roghi fascisti

Anna Ferrando, insegnante di Storia contemporanea a Pavia, ritorna sulla manipolazione e l’espurgo. Nel periodo fascista si parla di bonifica. Nei primi dieci anni del ventennio l’attenzione si concentra sulla stampa quotidiana, mentre la censura libraria non è tra i primi obiettivi del regime. Il fascismo tenta di inserire gli editori nella propria struttura corporativa attraverso il sostegno economico che diventa una forma di addomesticamento, andando a colpire gli editori antifascisti. Nel 1926 Mussolini in un discorso indica il libro come uno strumento di imperialismo culturale associando al libro la propaganda all’estero della cultura italiana. Dal 1929 l’Italia diventerà il più importante consumatore di traduzioni al mondo. Sarà il paese che importerà maggiormente i libri stranieri. Alcuni editori come Bonanni si dedicheranno alla letteratura straniera come quella russa. L’attenzione dello Stato si sposta e si rivolge all’editoria generalista, non esplicitamente politica, attenzionando la letteratura russa nel timore che il comunismo possa infiltrarsi tra le masse.

Il sequestro dei libri

L’anno di svolta è il 1934. Il 2 aprile di quell’anno viene emanato l’ordine di sequestro per Sambadù, amore negro di Mura, pseudonimo di Maria Volpi, edito da Rizzoli, senza conoscerne il contenuto ma solo per l’immagine di copertina, definita erroneamente contraria ai principi del fascismo e quindi oltraggiosa alla dignità della razza. Non piacque l’immagine di promiscuità razziale rappresentata dall’abbraccio tra una donna bianca e un uomo di colore. Da quel momento si delinea il meccanismo della censura preventiva che obbliga gli editori a inviare alle prefetture di competenza una copia di ciascun libro in fase di pubblicazione e altre due copie, una a Roma alla direzione generale della pubblica sicurezza, per verificare che il contenuto non sia di oltraggio alla pubblica moralità e l’altra all’ufficio stampa del capo del Governo per vagliare i contenuti politici. Nel mirino rientrò anche il romanzo a puntate.Sambadù_roghi

Sambadù roghi libri

Inizia anche la campagna contro i libri stranieri tradotti e la letteratura sulla Grande Guerra, come quelli della collana “I romanzi della guerra” di Mondadori. La casa editrice riesce però a negoziare con l’organo di censura dello Stato, con l’invio in Svizzera di alcuni libri che in Italia non sarebbero potuti circolare, perché mettevano in discussione il mito della Grande Guerra su cui il fascismo aveva costruito la sua retorica.
Ma i libri stranieri tradotti costavano di meno e vendevano di più. E allora nel 1936 gli scrittori si mobilitano. F.T. Marinetti fonda il Sindacato Autori e Scrittori, un albo dei traduttori e una Commissione sindacale per le traduzioni. Nel settembre 1938 sarà istituita una commissione per la bonifica libraria con l’obiettivo di estirpare dalla circolazione tutta la produzione straniera tradotta in italiano. E tra gli esclusi ci saranno gli autori ebrei. Si revisionano tutte le pubblicazioni a partire dal 1850 con un occhio speciale ai romanzi gialli, genere di matrice anglosassone, negati nel 1942 in qualsiasi forma. I lettori delle case editrici manipolano i testi, cassando le parti che possono essere oggetto di censura e i temi su cui si concentra il loro occhio saranno quelli contenenti erotismo, sensualità, sessualità, suicidio, mescolanza fra le razze, pacifismo, antifascismo.

La censura ha però anche dei risvolti positivi: nell’immediato dopoguerra ci fu un boom: libri che durante il fascismo gli editori non erano riusciti a pubblicare, uscirono con successo per l’attrattiva suscitata dalla censura nei decenni precedenti.

A seguire: “La Censura e l’Arte”