Si fa e si farà sempre piú uso di intelligenza artificiale, ma è tutto oro quello che luccica? Quali sono i pro e quali i contro?

Nell’articolo pubblicato in MetaÃlice sull’intelligenza artificiale al servizio dell’editoria, Wilma Coero Borga intervista due esperti: Nicola Mastidoro, linguista computazionale, e Gregorio Pellegrino, ingegnere informatico, entrambi impegnati nel mondo editoriale, con “l’intento di informare e suscitare interesse e coinvolgimento in un’epoca in cui, forse, si esagera a delegare alle macchine”.

Vorrei ora estendere la tematica oltre il semplice concetto di correzione bozze e editing.

Nell’articolo citato si affronta, infatti, il ruolo dell’IA per le opportunità che offre all’editoria, per migliorare la qualità del testo a partire dalla presenza di errori al suo interno: dalla generazione dei testi a quello piú ‘sottile’ e ‘più verticale’, di trovare all’interno dei testi le cosiddette non-informazioni. Fin qui tutto bene.

Al momento attuale ChatGPT è utilizzata soprattutto in procedure di controllo per minimizzare i refusi all’interno del testo. E fin qui tutto bene, come si spiega nell’articolo.
A parte la loro inutilità per la punteggiatura e le regole tipografiche, come fanno osservare i due interlocutori, la macchina non comprende, e neppure i software piú sofisticati comprendono. Sono strumenti, che interpretano il linguaggio in forma matematica, e possono anche essere utili nel rendere il testo scritto più comprensibile agli utenti finali, un esempio è Gulpease.

Ma a questo punto vorremmo andare oltre.

L’IA non ha coscienza, non può avere coscienza

Quindi, se un autore pretende di scrivere un romanzo servendosi dell’IA, potrà scrivere un bel testo, ma arido e, soprattutto “non suo”.
Si dirà che è suo perché è l’autore a dire all’IA cosa e come vuole esprimere, quali sentimenti vuole esternare: l’IA non farà che obbedire alle istruzioni.

Allora c’è il paradosso: se l’autore è bravo l’IA sarà brava e quindi il risultato sarà buono. Ma chi ha scritto il romanzo?

Io non so né disegnare, né dipingere (nonostante il cognome): se con l’aiuto dell’IA decido di dipingere un quadro, indico il soggetto, do istruzioni sullo stile (Caravaggio o Picasso) e poi ci pensa l’IA. Ma quando il quadro sarà realizzato e magari sarà anche bellissimo, io sarò un pittore?
Ma quale sarebbe poi la soddisfazione? Spariranno i talenti? Si uniformerà tutto alla finzione? E i vari premi Strega e compagnia, quale significato assumerebbero? Dovrebbero premiare chi e quali capacità?

Pericoli

D’altra parte, che ci piaccia o no, l’IA è già penetrata nella nostra vita e nelle nostre azioni quotidiane, almeno per chi fa uso dei Social, ma anche delle semplici ricerche su google.

Twitter, Facebook, LinkedIN e ancor piú, mi dicono, Instagram e altri Social, sono dei grandi spioni e conoscono tutto di noi, anche i desideri piú nascosti. Ormai non possiamo accedere anche solo al meteo senza che ci si propongano acquisti o partecipazione a eventi, soltanto perché da qualche parte risulta che abbiamo cercato un’informazione.

Questo significa che l’IA fa sí che la piattaforma che stiamo utilizzando ci mostri solo quello che ritiene di nostro interesse. Quindi non contraddice, non mette in discussione: per questo dimostra di non avere coscienza o anima.

Realtà o illusione?

Ne consegue che i vantaggi che l’IA potrebbe dare sono spesso, anche se non sempre, illusori. Non ci liberano. Usare l’IA senza coscienza è, forse, come voler guidare un’auto senza aver preso la patente.

  1. Per concludere, l’IA è e sarà molto utile per migliorare tutto ciò che è tecnologico, l’utilizzo di macchine utensili, macchine per la stampa e per la cartotecnica, perché troverà sempre il colore giusto, il taglio e la cordonatura giuste e piú convenienti, ma non sarà mai Arte, sia pur Arte Grafica.