Da uno studio Deloitte prevale preoccupazione, ma la maggior parte delle aziende non affronta il tema con la dovuta attenzione e il corretto atteggiamento strategico.
La sfida demografica plasmerà il futuro del nostro Paese a livello sociale ed economico. In base alle stime più recenti, nel 2050 le persone di età pari a 65 anni o superiore rappresenteranno il 34,5% del totale, mentre il rapporto tra gli individui in età lavorativa e quelli in età non-lavorativa passerà dall’attuale 3:2 a 1:1. Questa prospettiva chiama urgentemente le imprese italiane a ripensare e innovare i propri modelli di business e gli assetti organizzativi, programmando investimenti mirati per aumentare la produttività del capitale umano e tecnologico, nonché per adattarsi e prosperare in un contesto di business profondamente diverso per il quale non esistono al momento chiari modelli di riferimento.
Attivarsi già oggi
Sono infatti molteplici gli ambiti di intervento su cui le imprese dovranno concentrare le proprie riflessioni strategiche, adeguando di conseguenza le rispettive scelte di investimento. Si tratta di un cambiamento profondo, che inizia con un deciso “cambio di passo” in termini di mentalità e visione strategica. Di conseguenza, esso richiede un approccio olistico e trasversale. Attivarsi già da oggi significa gettare le basi per la creazione di organizzazioni sempre più resilienti e inclusive, dove i benefici e i vantaggi risulteranno più che proporzionali rispetto agli investimenti e ai costi sostenuti.
Sono queste alcune delle evidenze principali del report Deloitte, “La sfida demografica italiana. Verso un nuovo modo di fare business”, che analizza quanto le imprese italiane siano pronte a gestire l’impatto della dinamica demografica ripensando le proprie strategie e piani di sviluppo.
A differenza di specifici “shock” come la recente pandemia, l’inverno demografico è un fenomeno multidimensionale che si sedimenta progressivamente e ineluttabilmente. Le conseguenze sono molto estese, complesse e oggi solo in parte prevedibili. Comprendere gli impatti e le evoluzioni di questo cambiamento è quindi un imperativo per tutte le organizzazioni che vogliono continuare ad essere protagoniste nel mercato negli anni a venire.
Imprese consapevoli
La imprese italiane sono consapevoli, ma occorrono strategie lungimiranti e strutturate.
L’inverno demografico è una realtà i cui effetti iniziano già ad essere percepiti da molte aziende italiane, ma si tratta di un fenomeno che rimane ancora troppo poco discusso a livelli apicali. Infatti, nella maggior parte delle interviste condotte da Deloitte, si registra una presa di coscienza del potenziale problema che, tuttavia, rimane ancora troppo spesso fuori dagli ordini del giorno dei CdA e delle decisioni manageriali. Questi ultimi risultano, piuttosto, focalizzati su altre priorità, ad esempio legate alla profittabilità di breve/medio periodo, denotando una marcata miopia da parte delle organizzazioni. I settori più attenti alle conseguenze delle dinamiche demografiche sono quelli che già oggi hanno un’esposizione più marcata a una clientela senior, come il comparto dei servizi finanziari e assicurativi, il real-estate, la moda e l’agroalimentare.
Aree chiave d’intervento
Lo scarso grado di preparazione del tessuto imprenditoriale italiano non esenta le aziende da una riflessione su quali saranno i possibili impatti dell’inverno demografico sulle diverse aree aziendali in funzione della specifica fase del ciclo di vita aziendale e delle ambizioni di crescita. Sarà necessario adottare un approccio olistico e trasversale, che metta in discussione i modelli tradizionali e il “business-as-usual” e accolga con proattività e inventiva i cambiamenti già ora intellegibili.
Le aziende devono accelerare l’adozione delle tecnologie digitali nei processi aziendali, creando un ambiente favorevole alle interazioni digitali ed esplorando nuove opportunità per supportare la produttività dei lavoratori, superare l’eventuale resistenza al cambiamento e concentrarne il talento sulle attività a maggiore valore aggiunto.
Il connubio tra intelligenza umana e artificiale nelle sue declinazioni (AI, GenAI) rappresenta un’opportunità centrale per ripensare il ruolo stesso delle persone nell’azienda e abilitare nuovi paradigmi operativi. In questo senso, l’interesse delle aziende è più pronunciato su use-case legati all’automazione dei processi produttivi e distributivi, al potenziamento e ottimizzazione dei touch-point con il cliente, al supporto alla progettazione e al design del prodotto. Inoltre, le organizzazioni devono lavorare sull’evoluzione dei modelli tradizionali di gestione organizzativa delle risorse umane puntando su nuovi approcci che aumentino l’employability dei lavoratori e minimizzino i fenomeni di disengagement e silent quitting. L’attenzione del top management deve essere rivolta al costante aggiornamento del know-how del proprio capitale umano (ad esempio potenziandone le skill digitali), al fine di contrastare l’obsolescenza delle competenze e favorire l’ibridazione inter-generazionale.
Il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità nel 2040 con un calo del PIL – nella migliore delle ipotesi – del 13% (-9% del PIL pro-capite) (Banca d’Italia, 2024). In un momento storico dove la disoccupazione è ai livelli più bassi di sempre (6,2% – ISTAT, 2024), il primo step è aumentare il livello di maturità digitale dei processi aziendali. Occorre cioè esplorare nuove strade e opportunità di interazione digitali, per aumentare la produttività dei lavoratori e concentrare il loro talento nelle attività a maggiore valore aggiunto.
Un altro aspetto cruciale è investire oggi stesso nella formazione continua dei lavoratori di ogni età, in una logica di “lifelong learning”. Devono essere attivati percorsi multidisciplinari e personalizzati volti all’upskilling e reskilling delle competenze, in linea con la trasformazione digitale dell’azienda stessa, anche per attrarre maggiori risorse e talenti.
Le organizzazioni devono anche ripensare strategicamente le modalità di crescita percorribili, in modo tale da avere a disposizione le risorse, le conoscenze e la scala necessaria per progettare un modello di business idoneo a prosperare nel nuovo scenario competitivo. La sfida demografica sta infatti lentamente – ma inesorabilmente – ridisegnando il contesto di mercato in termini di geografia delle attività e relazioni tra attori economici. Le organizzazioni, quindi, dovranno interrogarsi non solo su quale sia il bene/servizio che possono erogare (e la sua relativa qualità) ma anche su come creare sinergie e avere accesso a conoscenze e competenze nuove per differenziarsi e rafforzare la propria competitività, soprattutto nei settori cardine del “Made in Italy”.
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