In questa sesta tappa si attraversa la grande diga e si entra in Frisia sul Waddensee.

Dopo una mattinata cosí dura fu una vera soddisfazione ricevere quel passaggio, almeno per me fu un vero colpo di fortuna. Ci levammo le giacche a vento e ci disponemmo bene; Pierino fu fortunato perché toccava a lui sedere davanti, secondo l’accordo che si doveva fare una volta a testa, salvo quando si doveva parlare tedesco, nel qual caso sarei passato avanti io. Sati in macchina per prima cosa ci scusammo perché avremmo bagnato i sedili: “C’est la plui” ci rispose pacatamente il nostro autista.
Con il nostro giovane autista conversammo a lungo in francese, dato che in genere gli olandesi oltre alla loro lingua, ne parlano tranquillamente altre tre. Scoprimmo cosí che era un rappresentante di piroscafi, un mestiere piuttosto insolito secondo il nostro modo di vedere e sicuramente redditizio. Viaggiava parecchio e fu molto contento di sapere che venivamo da Genova, città che visitava spesso per il suo lavoro. Ora stava andando in vacanza a pescare su un’isola in Frisia, che probabilmente era sua.
Ci mise al corrente di molte cose relative all’Olanda, ci parlò dei polder, i terreni ricavati dal mare per mezzo del loro ingegnoso sistema di dighe. Ma ci parlò anche molto degli olandesi, delle loro usanze, del loro spiccato senso di libertà e tolleranza.
Trascorremmo cosí un intero pomeriggio molto piacevole sotto ogni aspetto, anche perché restavamo tranquillamente riparati dalla pioggia che ci accompagnò ancora per molto. Il passaggio era il piú lungo finora ottenuto con i suoi piú di 300 km, e per di piú in compagnia di una persona giovane, colta e simpatica.

a metà lungo la Afsluitsdijk

a metà lungo la Afsluitsdijk

Verso le sei del pomeriggio giungemmo alla famosa diga dove ero stato l’anno precedente senza attraversarla, mio precedente record di latitudine nord. È la Afsluitsdijk, letteralmente ‘diga di sbarramento’, lunga 30 km costruita per formare il polder piú grande dell’Olanda. Una vera autostrda in mezzo al mare. La costruzione di questa diga fu realizzata nel 1932 e chiude il mare interno formando quindi un lago chiamato IJsselmeer che negli anni sarà prosciugato mediante opportuni drenaggi per dare agli olandesi nuovo terreno coltivabile. All’esterno, verso nord, si trova il Waddenzee, un mare che rispetto al Mare del Nord resta chiuso da una serie di isole che si affacciano sulla regione che è appunto la Frisia, dove si parla un dialetto detto frisone. I polder sono la ricchezza dell’Olanda e i primi, ci raccontò il nostro esperto di piroscafi, furono costruiti fin dal dodicesimo secolo.
Ci spiegò queste cose facendoci scendere dall’auto per vedere questa imponente costruzione con il mare ondoso e grigio a nordovest, e un pacifico lago, altrettanto grigio, a sudest.
Ripreso il viaggio terminammo l’attraversamento della diga e in circa mezz’ora e giungemmo a Harlingen. Qui ci facemmo lasciare perché c’era un ostello, altrimenti ci avrebbe portati anche piú avanti, se non addirittura sull’isola a pescare con lui. Ma la nostra meta era la Danimarca. Per completare la sua cortesia, ci accompagnò fin davanti alla porta dell’ostello, cosa di cui ci vergognavamo un poco. Gli lasciammo i nostri numeri telefonici di Genova con la promessa che la prima volta che veniva in Italia ci avrebbe telefonato per darci modo di ricambiare la cortesia.
L’ostello era piccolo, ma molto accogliente e carino. Qui trovammo solo olandesi, ovviamente tutti in bicicletta. Naturalmente fummo ben accolti anche perché forse qui non erano mai arrivati degli italiani. Dopo aver cenato e discusso tra noi facendo i conti, naturalmente ad alta voce come si conviene agli italiani, ci preparammo per andare a visitare, si fa per dire, il villaggio, cosa che si poteva fare in non piú di mezz’ora. Due ragazze, riuscirono peraltro a venire con noi, dicendoci che gli italiani sono dei “Teddy Boys”: noi dimostrammo il contrario comportandoci con molta educazione e gentilezza, ma forse non avevamo capito che la loro provocazione puntava a ben altro. Ma eravamo nel 1960!

Il centro di Harlingen

Il centro di Harlingen

Questo paese di Harlingen ci piacque molto. Era semplicemente quel genere di villaggio del nord, estremamente tranquillo, tanto che ci sembrava di vivere in un documentario. Dato che, secondo loro faceva caldo, e poiché alle sette di sera c’era ancora molta luce, molti erano fuori casa per la passeggiata del dopo cena. I pescatori erano nel loro costume caratteristico, con zoccoli di legno, e le loro imbarcazioni erano ormeggiate nei canali che fiancheggiavano le strade.
Ci meravigliò molto vedere che le case non avevano persiane alle finestre, ma anzi si poteva, passando per strada, vedere all’interno, dove c’era chi ancora era a tavola, chi leggeva, chi chiacchierava fumando la pipa. Alcune finestre erano appena coperte da piccole tende bianche con il pizzo che coprivano solo la metà inferiore. Spesso le porte delle case erano aperte.
Ma lo spettacolo piú affascinante fu il tramonto sul Waddenzee localmente chiamato Waadsee e le isole frisone che si vedevano a tratti sullo sfondo e che separano questo mare, che sale fino alla Danimarca, e il Mare del Nord. In realtà il Waddenzee  è una specie di laguna, dai fondali molto bassi e fangosi (Waad) e le stesse terre emerse sono assolutamente piatte e a volte invase dalle maree.
Il cielo si era schiarito completamente e il tempo prometteva al bello.
Quando fummo in prossimità del molo lo oltrepassammo fino a una piccola spiaggia sabbiosa. Il sole stava per tuffarsi in mare: erano le 20,15 (all’epoca c’era ancora l’ora solare), ora insolita per un tramonto alle nostre latitudini il 10 di agosto, giorno in cui a Genova tramonta alle 19,30 (oggi alle 20,30).
All’orizzonte le poche nuvole che restavano avevano assunto un colore bianco tendente al verde, come il ghiaccio, mentre il sole dava al cielo delle tinte pallide con sfumature che passavano dal turchese al celeste chiaro. Solo il mare si tingeva di rosa, mentre il bianco delle nuvole si faceva sempre piú vivido e si rifletteva sul cielo.
Quando il sole fu completamente immerso nel mare, d’improvviso il cielo assunse tinte piú forti e tendenti al rosso porpora, colore di cui si striavano le nuvole. Potemmo cosí vedere dei contrasti magnifici dal verde ghiaccio, al rosso cupo e al celeste pallido. Purtroppo questo crepuscolo, impensabile alle latitudini mediterranee, fu uno spettacolo breve ma non per questo meno interessante.
Dopo aver riaccompagnato le ragazze all’ostello ritornammo in centro per la nostra birra quotidiana assaggiando un’ottima Amstel, dopo la Heineken del giorno precedente.
Quando rientrammo e andammo in camera a dormire, ci sorprese l’idea del papà albergatore di far addormentare gli ospiti a suon di musica. Come ci fummo coricati iniziò a suonare Eine kleine Nachtmusik di Mozart. Ne fui anche contento perché era presto e pensavo cosí di ascoltarne tutti i quattro tempi. Ma già e durante l’adagio alla fine del primo tempo, mi addormentai. Wadden
Mentre alla sera fu la musica ad addormentarmi, il mattino seguente, 11 agosto, furono gli acuti e fortissimi stridii dei gabbiani a svegliarmi. Appena affacciato alla finestra ne vidi a stormi che volavano tra il mare e i prati intorno all’ostello.