Il ruolo di Assocarta e Conai nel recupero e riciclo per un packaging sostenibile in una intervista a Massimo Ramunni * (Assocarta) e Simona Fontana ** (CONAI). L’intervista – di cui riportiamo una sintesi – può essere ascoltata in questo video (durata 19′). Qual è la realtà e quali le prospettive.

C’è in queste settimane molto ‘movimento’ e molta attenzione all’ambiente e alle problematiche del riciclo e recupero. Del resto ci siamo accorti, nostro malgrado, che la quarantena per il Covid 19 ha avuto l’effetto collaterale di migliorare (provvisoriamente) l’ambiente.
Tuttavia il rischio dopo le fasi 2, 3 sarà quello di un peggioramento: il calo del prezzo del petrolio ritarderà o, peggio, farà passare in secondo piano la ricerca e l’applicazione di energie pulite. Per non parlare del proliferare di guanti di plastica gettati per strada…

Ma il tema che vogliamo affrontare qui è quello degli imballaggi, in particolare nel settore alimentare e nella GDO.

Secondo le indagini di TwoSides di cui Ramunni è Country Manager per l’Italia, e di OnePoll per conto DS Smith, azienda che si occupa di packaging sostenibile, emerge che gli imballaggi cellulosici (carta/cartone), con il vetro, sono privilegiati nell’opinione del consumatore. La carta perché ritenuta riciclabile. (v. articolo del 20 maggio scorso)

Metodi e protocolli

MPA – Promuovere il recupero e riciclo della carta diventa quindi un fattore essenziale. E l’Italia è in buona posizione. Tuttavia, c’è ancora qualche lacuna.
Tra l’altro il 24 giugno parlerete delle linee guida per migliorare la riciclabilità dei prodotti di imballaggio grazie a una armonizzazione di test e metodi nei differenti protocolli nazionali. Possiamo iniziare da qui ?

Massimo RamunniCome emerge nell’articolo citato, quando si parla di ambiente la predilezione del consumatore nei riguardi del packaging va verso la carta e il vetro. Gli studi effettuati sia in Italia sia a livello europeo confermano questa percezione. La carta è preferita per la sua sostenibilità e ricliclibilità. È, inoltre, rinnovabile e biodegradabile. 
La carta (e il cartone – ndr) ha un valore intrinseco: è un prodotto naturale di origine vegetale. Ma ha anche un secondo valore legato alla sua capacità di riciclo. Lo studio ha evidenziato che su questo punto la sensibilità del cittadino italiano è un po’ sopra la media rispetto a quello europeo. 
Posta questa premessa, per quanto riguarda il riciclo non parlerei di lacune ma di un sistema in continua evoluzione. Si è molto investito grazie a Conai e Comieco e siamo passati da essere importatori di carta da riciclare a esportatori. Il settore ha sempre saputo reagire ai cambiamenti e anche ora grazie a importanti investimenti è aumentata la capacità di riciclare in Italia. Persino durante la fase 1 dell’emergenza sanitaria è continuata la raccolta e si è continuato a riciclare.

Qual è la realtà oggi e quali le prospettive a breve?

Simona FontanaParto da una buona notizia: l’Italia non ha nulla da invidiare al resto d’Europa. Per tasso di riciclo pro capite, è seconda solo alla Germania. Siamo partiti nel ’98, quando solo un imballaggio su tre veniva riciclato. Oggi si raggiunge oltre il 71%. Nel comparto degli imballaggi cellulosici, poi, raggiungiamo l’81%: un dato che ci pone al di sopra del livello minimo previsto dalle nuove direttive per l’Economia Circolare al 2025 – che prevede il 75% – e vicini addirittura all’85% imposto per il 2030. 

MPA – Quindi è un settore che è cresciuto con risultati molto importanti.

Sì, e ci sono ancora opportunità di miglioramento. In Conai è costante l’impegno in ricerca, sviluppo, promozione e innovazione per realizzare imballaggi a ridotto impatto ambientale. Abbiamo promosso anche una linea guida di “design4ricicling” per gli imballaggi cellulosici. Strumenti molto importanti per le imprese. Fare la raccolta differenziata, ovviamente, resta fondamentale: deve continuare a crescere non solo in quantità, ma anche in qualità. Ciò che viene raccolto deve poter essere trasformato in nuova materia. La raccolta deve essere pensata in funzione delle filiere a valle: deve produrre materiali omogenei, facilmente gestibili e trasformabili in nuove risorse. Devo ricordare anche una terza area di miglioramento: servono investimenti in impiantistica di supporto alle attività di trattamento e valorizzazione dei materiali di imballaggio. Una necessità collegata a quella di interventi per lo sviluppo del mercato del riciclo.

MPA – I consumatori, cioè noi, a volte abbiamo difficoltà a capire come smaltire gli imballaggi: troppo packaging è composto da poliaccoppiati, che abbinano carta a plastica. Pur con la buona volontà non sempre è possibile separarle. Ci sono rimedi ?

S. F. – Prioritaria è la prestazione, soprattutto se parliamo di imballaggio alimentare.  Se esistono oggi tipologie di imballaggi più complesse è perché sono cambiati i consumi e gli stili di vita che ci contraddistinguono e che rispondono a esigenze di maggiori prestazioni. Il packaging ha come primo obiettivo proteggere il prodotto. Ma non dimentichiamo che il consumatore, attore fondamentale, deve essere informato. Ecco perché l’idea di ‘imballaggio parlante’ è sempre più interessante e necessaria. A questo proposito Conai, col supporto dei Consorzi di filiera, sta sviluppando due progetti paralleli: uno sulle linee guida per la corretta etichettatura, che fornirà informazioni alle imprese, e uno, in partnership con Tecnoalimenti, che ha sviluppato una app di ‘realtà aumentata’ utilizzabile per avere le corrette informazioni su dove conferire l’imballaggio quando diventa rifiuto. Quanto agli imballaggi poliaccoppiati, si tratta di materiali complessi: l’Italia è promotore principale, fra i paesi europei, di tecnologie per il loro riciclo.

M. R. – Se vediamo i volumi complessivi, gli imballaggi poliaccoppiati sono comunque una quantità limitata. Ci aspettiamo tuttavia che ci sarà un maggiore sviluppo di imballaggi accoppiati con prevalenza carta e riduzione della plastica. Ci aspettiamo inoltre, che quelle esperienze che già abbiamo in alcuni territori di raccolta separata dalla carta, ad esempio dei contenitori di bevande, possano estendersi in tutta Italia in modo che possano essere raccolti in maniera dedicata e inviarli a cartiere specializzate che possano riciclarle in maniera più efficiente.

MPA – Il packaging flessibile, che è preponderante nei supermercati è composto quasi esclusivamente da plastica. Pensate che la carta in futuro possa avere la possibilità di sostituire PET, PP e altri polimeri? A che punto è la ricerca?

S. F. – La ricerca sui materiali deve tenere presente una priorità: il prodotto deve arrivare integro nelle case del consumatore. La ricetta perfetta, in questo, non esiste. Quando parliamo di sostenibilità ambientale dell’imballaggio parliamo di una sorta di ricerca sartoriale. Ogni materiale ha sue specificità, sue caratteristiche che devono rispondere alle richieste del prodotto. Per questo, quando parliamo di sostenibilità ambientale, dobbiamo garantire le corrette prestazioni dell’imballaggio. Per alcuni materiali registriamo trend in crescita proprio per rispondere alle richieste che arrivano dai consumatori. Bisogna fare in modo che queste richieste vengano soddisfatte senza dimenticare i processi che, a valle, devono garantire una gestione degli imballaggi nel loro fine vita. Ci troveremmo a creare dei disallineamenti, se non lo facessimo, e non affronteremmo il problema dal giusto punto di vista.

M. R. – Noi ovviamente vediamo con favore che si incrementi  l’impiego di imballaggi in carta, anche per quanto riguarda gli imballaggi poliaccoppiati, perché la carta ha quei valori insostituibili di sostenibilità a cui il consumatore oggi fa attenzione.

MPA – CONAI ha lanciato il progetto EcoDtool per un design sostenibile del packaging. Di cosa si tratta ?

S F – Si tratta di uno strumento scientifico di analisi semplificata e di misurazione dell’impatto ambientale che si basa su tre fattori: consumo di energia, consumo di acqua e emissione di CO2.
Parte poi la seconda fase, che consiste in training e allenamento per promuovere una maggiore sostenibilità dell’imballaggio attraverso un’analisi sulle fasi che più impattano nel ciclo di vita dell’imballaggio, oltre a possibili azioni di miglioramento. In questo modo si dà la possibilità di simulare, intervenendo sulle caratteristiche dell’imballaggio, quelli che sono i possibili effetti di questi interventi sul packaging. Si introducono altri due fattori molto importanti nel fine vita: il quantitativo di materia prima seconda che può essere generata e una variazione dell’indicatore di circolarità, che parla appunto di riutilizzo, riciclabilità e contenuto di riciclato.

Grazie a Massimo Ramunni e Simona Fontana per la disponibilità e le informazioni che ci hanno fornito.

L’immagine di copertina: L’albero che prende il sopravvento sugli spazi chiusi, come simbolo di sostenibilità

* Massimo Ramunni è direttore Assocarta; Country Manager di TwoSides per l’Italia (massimo@twosides.info )

** Simona Fontana è responsabile centro studi area prevenzione CONAI (Fontana@conai.org )