Il lato oscuro dell’operazione Pink Christmas di Chiara Ferragni che ha evidenziato un grave spreco di materie prime alimentari e imballaggi.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha inflitto pesanti sanzioni a Chiara Ferragni e Balocco per pratiche commerciali scorrette legate all’iniziativa Pink Christmas. Al centro delle accuse, l’illusione creata attorno al Pandoro Pink Christmas, presentato come un gesto di beneficenza al costo di oltre 9 euro anziché i 3,70 del pandoro tradizionale.

Il comunicato ufficiale ha rivelato che la donazione della Balocco era avvenuta mesi prima del lancio dell’iniziativa, gettando luce sul tentativo di far credere ai consumatori di contribuire a una causa benefica con l’acquisto del prodotto. Ma la vicenda va oltre la mera comunicazione distorta; si tratta di uno spreco evidente, sia in termini di denaro che di risorse.

Flop e spreco alimentare

L’operazione Pink Christmas, nonostante la promessa di sostenere l’Ospedale Regina Margherita di Torino, si è rivelata un fiasco commerciale. Con oltre 362.000 pandori invenduti, le giacenze di magazzino distrutte ammontano a cifre significative. Questo non solo ha comportato perdite finanziarie, ma ha anche evidenziato un grave spreco di materie prime e imballaggi.
Per quanto riguarda la parte commerciale dell’operazione, sempre grazie alla sentenza dell’AGCM sappiamo che Pink Christmasè stato un flop.

“Sono stati prodotti 362.577 Pandori “griffati” ceduti ai distributori a [omissis] € e, a causa della scarsa rotazione del prodotto, le giacenze di magazzino che sono andate distrutte (materie prime ed imballi non più utilizzabili) ammontano al 31 dicembre 2022 a [100.000-900.000] €. Complessivamente l’operazione ha generato una “perdita” di [100.000- 900.000] €.”

Packaging “griffato” e inquinamento

La questione dello spreco si estende anche al packaging “griffato” dei pandori, che oltre a non essere venduto, contribuisce all’inquinamento ambientale. Il messaggio pubblicitario ingannevole, abbinato a una produzione eccessiva, sottolinea il lato oscuro delle operazioni con influencer, spesso più dannose che benefiche.
La pratica di inflazionare il prezzo di un prodotto, pur non apportando alcun reale beneficio sociale, evidenzia il problema più ampio dell’uso indiscriminato degli influencer nel marketing. In molti casi, queste collaborazioni si rivelano inefficaci, privando le aziende di risorse preziose che potrebbero essere indirizzate in modi più significativi.

Oltre agli aspetti legati allo spreco e alle pratiche commerciali scorrette, emerge la questione etica. La mancanza di trasparenza e il tentativo di manipolare le percezioni dei consumatori sollevano dubbi sulla responsabilità sociale delle aziende coinvolte. La tendenza degli influencer a sfruttare cause sensibili per scopi personali mette in discussione l’integrità del settore e la fiducia del pubblico.

La vicenda Pink Christmas rappresenta un campanello d’allarme per il settore del marketing, evidenziando la necessità di una revisione delle strategie pubblicitarie e di un approccio più responsabile verso le operazioni con gli influencer. Non solo si tratta di evitare sprechi finanziari, ma di preservare la fiducia dei consumatori e di contribuire in modo significativo a cause sociali senza cadere in trappole pubblicitarie dannose.