I  disegni a matita del Don Chisciotte nell’interpretazione di Alessandra Angelini commentati da Loreto Busquets

Matita e pennino intriso di china convergono sul foglio di carta nel tratteggiare una lettura del capolavoro cervantino in una doppia interpretazione seria e buffa che aderisce ad una tradizione interpretativa che si è biforcata sin dalla prima apparizione del libro. Magnifici i disegni a matita dove Don Chisciotte sulla groppa del suo cavallo si lancia con risoluta determinazione ad abbattere i mulini a vento, che qui, lungi dall’essere giganti vincenti, si tramutano in stella redentrice d’ispirazione cristiana a cui tende la mente del cavaliere nella sua lotta contro l’iniquità del mondo. S’impone per il suo protagonismo il corpo solido del cavallo, si direbbe restio a intraprendere un’avventura rovinosa, che sostiene la leggerezza ideale e utopica del cavaliere, resa nell’ultimo dei disegni di questa serie pura linea dinamica tesa all’Idea.
Idea sostenuta pur sempre dall’immagine di Dulcinea, contadina trasformata nella sua mente in Ideale platonico di Bellezza, Bontà e Giustizia, che l’autrice associa ad un eterno femminile legato alla luce lunare: luce derivata infatti da un Sole che gli occhi dell’uomo non possono guardare se non nelle immagini riflesse della Caverna.
Incisive sono le versioni buffe del personaggio che, con la sua pesantezza volumetrica, si contrappone allo slancio del cavaliere, ridotto a puro tratto ascendente che si sfuma nell’universo. La caricatura restituisce della figura maldestra del fedele e scettico contadino la sua parte inferiore, quella meno “nobile”, recisa dalla parte superiore in una antitesi che traduce l’interpretazione più ovvia e tradizionale dell’opera.
Maldestro è il piede del buon Sancho che schiaccia distratto l’entusiasmo del suo padrone nel fiore che si proietta anch’esso in avanti, proteso verso la luce solare, e che per un attimo si abbatte a terra all’ennesima delusione e sconfitta.
I ritratti mostrano infatti, con un realismo di altri tempi, la mutevolezza dell’animo del cavaliere, sospettoso del mondo che lo circonda, al quale, nella sua mania persecutoria, attribuisce fallimenti, burle e sconfitte. Malinconia dell’uomo barocco, lasciato dalla mano divina nell’infinito di un cosmo pascaliano privo di centro, materialmente disintegrato nel paesaggio siderale di una delle incisioni, e confusione della mente nell’impossibilità di discernere il reale dall’immaginario, che gli altri due ritratti disegnano con acume e perizia.

Loreto Busquets
Docente di letteratura spagnola
Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano