Dal report dell’ISTAT sull’editoria in Italia, risulta che leggere non è una predisposizione per gli italiani. Le cause? Il basso livello culturale.

Nell’opinione degli editori, i principali fattori che determinano la modesta propensione alla lettura nel nostro Paese sono il basso livello culturale della popolazione (42,6% delle risposte) e la mancanza di efficaci politiche scolastiche di educazione alla lettura (38,4%).
Tra gli editori attivi nel 2017, quasi l’85% pubblica non più di 50 titoli all’anno.  Oltre la metà sono “piccoli” editori, con un massimo di 10 opere in un anno.
I “grandi” editori, con oltre 50 opere all’anno, rappresentano il 15,1% degli operatori attivi nel settore. Pubblicano più dell’80% dei titoli sul mercato e circa il 90% delle copie stampate.

Opere pubblicate e copie stampate

Opere pubblicate e copie stampate

Ripresina

Il lato positivo del report è che nel 2017 si è rilevato un segnale di ripresa della produzione editoriale. Un aumento di titoli pubblicati rispetto all’anno precedente aumentano (+ 9,3%) e +14,5% per le copie stampate.
La ripresa, tuttavia, sembra aver interessato esclusivamente i grandi marchi (+12,6 per i titoli e +19,2% per le tirature) mentre per i piccoli e ancor più per i medi editori si sono riscontrate flessioni.
In crescita solo l’editoria per ragazzi (scoilastica): +29,2% le opere e +31,2% le tirature. Ma è l’editoria educativo-scolastica a incrementare di più la produzione, raddoppiando sia i titoli sia il numero di copie stampate.

Aumentano gli ebook

Il 38% dei libri pubblicati sono e-book. Il report segnala che la lettura e il download di libri online e gli e-book sono attività diffuse tra i giovani. Infatti, si dichiarano fruitori di questo tipo di prodotti e servizi circa il 20% dei ragazzi tra 15 e 24 anni.

Resta basso (12,7%) il numero dei lettori “forti”, ossia che leggono almeno un libro al mese. Tra i lettori «forti» anche le persone da over55 e in particolare over65.

che fine faranno i libri di carta?

Confronto con l’Europa

A livello europeo, i dati più recenti sul settore del “book publishing” diffusi da Eurostat, riferiti al 2015 e basati su una definizione più stringente di editore di natura imprenditoriale, vedono l’Italia lontana dal primato francese di quasi 4mila imprese ma, con circa 2mila unità, è in linea con Germania, Olanda, Polonia, Regno Unito e Svezia. Sulla base degli stessi dati, Regno Unito (12,8) e Germania (12,0) presentano una dimensione media delle imprese dell’editoria di libri decisamente più consistente rispetto all’Italia (4,7 addetti).

Tuttavia un po’ di ottimismo

Se si confronta l’andamento della produzione libraria negli ultimi due anni e – per garantire la comparabilità – il report ISTAT assume come base di riferimento esclusivamente la produzione degli editori che hanno fornito dati sulla propria attività in entrambi gli anni. Si osserva che il 2017 segna, in termini quantitativi rispetto al 2016, una netta ripresa della produzione editoriale. Le opere pubblicate aumentano del 9,3%, confermando la tendenza positiva già riscontrata nel 2016. Un aumento ancor più robusto si riscontra per il numero di copie stampate (+14,5%), per le quali si inverte il trend decrescente, che ne aveva caratterizzato l’andamento dal 2014.
La ripresa, tuttavia, sembra aver interessato solamente i grandi marchi (+12,6 per i titoli e +19,2% per le tirature) mentre per i piccoli e ancor più per i medi editori si sono riscontrate variazioni negative, relativamente sia alle quantità di opere pubblicate, sia al numero di copie stampate.

Quanto ai contenuti editoriali, quasi il 29% dei libri pubblicati è un testo letterario moderno, un’ampia categoria che comprende romanzi, racconti, libri gialli e d’avventura, nonché libri di poesia e testi teatrali . In particolare, gli oltre 13mila romanzi e racconti pubblicati costituiscono circa il 19% dei titoli e il 31% delle copie stampate nel 2017. L’offerta editoriale si compone inoltre per il 7,4% di titoli di argomento religioso e teologico; seguono i libri di storia, i testi di diritto e amministrazione pubblica (circa 6%) e i titoli di pedagogia e didattica (4,1%).