Comunicazione e semiotica alla base di una nuova serie pittorica intitolata Paleosegni, in esposizione fino a domenica 31 marzo a Camogli.

L’esposizione dell’Atelier Menck-Sfregola – che comprende opere su legni e installazioni a specchi di Daniel Menck – inaugurata sabato 16 marzo, presenta una nuova serie di opere pittoriche ispirate a simbologie e graffiti neolitici sul ciclo della vita e sul rapporto uomo-natura.

L’artista, Mela Sfregola, diplomata all’Accademia di Belle Arti a Genova, che ha maturato le sue esperienze pittoriche a Colonia (Germania), non è nuova a questa scelta pittorica legata alla comunicazione e ai segni.

«Mi interessa molto – ha detto – il tema della comunicazione e la semiologia che sono il filo conduttore di quasi tutte le mie opere artistiche. Dai segni antichi, agli ideogrammi fino alla scrittura fonetica
Atelier Menck-Sfregola Paleosegni

Ma da cosa nascono queste opere ‘Paleosegni’?

Bisogna tornare indietro di alcuni decenni e immergerci nel mondo dell’archeologia.
Come ha spiegato la sera dell’inaugurazione Simona Cavalca – storica e filosofa – nel presentare questi quadri, l’idea nasce dalle ricerche archeologiche di Marija Gimbutas.

Marija Gimbutas è stata una archeologa lituana, trasferitasi nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti – fellow a Harvard e professoressa alla UCLA University dal 1963 al 1989 –, la quale diresse i maggiori scavi dei siti del neolitico nell’Europa sud-orientale. Grazie a questi scavi furono portati alla luce una gran quantità di manufatti artistici e di uso quotidiano risalenti a un periodo precedente a quello che si riteneva a quel tempo l’inizio del neolitico in Europa.

La Gimbutas, andò controcorrente per i suoi tempi, ipotizzando l’esistenza di una civiltà pacifica. Introdusse la sua “ipotesi kurgan”, per risolvere alcuni problemi concernenti gli antichi popoli parlanti il proto-indo-europeo (PIE), che qualificò come genti “Kurgan”. Questa ipotesi e il suo atteggiamento multidisciplinare ebbero un impatto significativo sugli studi delle civiltà indoeuropee.

Ciò che sorprese la Gimbutas, fatto inizialmente controverso dalla archeologia tradizionale, fu di scoprire che prima dell’arrivo delle popolazioni indo-europee dall’oriente (India, Persia) le popolazioni sud europee erano pacifiche. Questo lo poté verificare per la mancanza di armi tra i reperti che invece conservavano manufatti di vita quotidiana. Non solo, ma pare che queste popolazioni avessero un alfabeto primitivo fatto di simboli, tutti sempre collegati alla vita campestre, alla natura, alla casa.
I paleosegni. Ed è su questi paleosegni che si è ispirata l’artista con dipinti su tela e su tavole.

Simona Cavalca è stata appunto l’ispiratrice di queste opere quando ha raccontato a Mela le origini dei paleosegni e la storia.
Atelier Menck-Sfregola Paleosegni
– Come sei venuta a conoscenza di queste scoperte archeologiche? E cosa ti ha ispirato a trasferire in forma pittorica questi simboli, o paleosegni?

«Due anni fa un’amica mi ha parlato della Gimbutas. Ho subito intuito che mi sarebbe interessata e ho partecipato con lei a una conferenza che Simona Cavalca ha tenuto a Genova sul tema

– Quali sono i significati delle losanghe, del seme e della civetta?Atelier Menck-Sfregola Paleosegni

«In generale tutti e tre i simboli riconducono al concetto del ciclo vita-morte, dell’uomo, e di tutta la natura.
«Il seme esplicitamente, in quanto potenziale germoglio di vita. Le losanghe venivano spesso raffigurate da questa popolazione neolitica insieme alla rete, e simboleggiano l’acqua come fonte vitale. 

Infine, La civetta infine è legata alla simbologia della morte, significato che permane anche nelle culture successive (ad esempio nei geroglifici egizi), e fino a oggi soprattutto nelle credenze popolari.»

 

 

La mostra è aperta fino a domenica 31 marzo a Camogli – via Garibaldi 84.