Per chi stampa dovrebbe essere – ma spesso non lo è – lo slogan della propria quotidianità e uno degli obiettivi possibili per il proprio lavoro. La stampa si è sempre occupata, tra l’altro, della riproduzione delle opere d’arte. Ma oggi con le nuove tecnologie di scansione e di stampa digitale anche in rilievo, è possibile aprirsi a un nuovo business, peraltro già avviato in altri Paesi.

Un recente commento di Raffaele Picilli su Competere ha sollevato il problema.
Con il suo articolo “Investire nel Patrimonio Culturale Italiano”, l’autore introduce il tema del fundraising piuttosto che una sporadica raccolta di fondi (vedi i permille: in Italia ci sono strutture con quasi un milione di visitatori, ma che ricevono meno di dieci 5×1000 annualmente).

E rimanda, per conoscere e approfondire il fundraising, ai libri pubblicati da Rubbettino “Fundraising e marketing per i musei” oppure “L’inestimabile valore: marketing e fundraising per il patrimonio culturale” di Gabriele Granato e Raffaele Picilli.

Occorre trovare e fidelizzare i propri sostenitori tra i tanti turisti che ogni anno ammirano le nostre meraviglie. Devono utilizzare tutti gli strumenti e le tecniche di fundraising e non puntare solo alle sponsorizzazioni perché le aziende hanno voglia di sentirsi parte del cambiamento e non meri firmatari di assegni.”

Quartultimi in Europa

Purtroppo come riferisce Federculture, in Italia non si spende per la cultura: siamo quartultimi in Europa (0,8%) in rapporto al Pil e terzultimi (1,7%) in rapporto alla spesa pubblica totale. Comuni, Province e Regioni nel 2008 hanno speso circa 6 miliardi e mezzo di euro, ridotti a 5 miliardi e 849 milioni nel 2017.
Questo dimostra come nell’ultimo decennio non si sia fatto molto. La riforma Franceschini ha dato “respiro” a pochi musei pubblici. Ha lanciato l’Art Bonus (ottima idea, dice il nostro autore, ma solo a sostegno degli Enti Pubblici) e ha creato una direzione generale “Direzione Generale Creatività Contemporanea” che svolge le funzioni e i compiti relativi alla promozione e al sostegno dell’arte e dell’architettura contemporanee, inclusa la fotografia e la video-arte, il design e la moda.
Di positivo c’è che con la riforma Franceschini si è iniziato a parlare di fundraising. Ricerca, nuovi allestimenti, manutenzione ordinaria e straordinaria, organizzazione di mostre, innovazione: i fondi servono e ne servono tanti, proprio perché il nostro patrimonio culturale è infinito.
L’Italia possiede infatti il più grande patrimonio culturale a livello mondiale, oltre il 70% dei tesori del mondo in appena 300mila km². Quasi 5.000 musei, 6.000 aree archeologiche, 85.000 chiese soggette a tutela e 40.000 dimore storiche censite. Tutto diviso tra proprietà pubbliche, private e miste. Le regioni con più strutture museali (29% del totale) sono Toscana (528), Emilia-Romagna (482) e Lombardia (409). Nel Mezzogiorno si concentra invece oltre la metà delle aree archeologiche (50,8%), il 30,7% si trova in Sicilia e Sardegna.

Stampa iperrealistica

Ma perché ne parliamo in una rivista che si occupa di stampa e di grafica?
Perché anche la stampa può dare il suo contributo e non a fondo perduto, bensì come investimento produttivo. In pratica la formula del “debito buono” quello fatto di investimenti e non di sussidi.

Rimandiamo al recente articolo che abbiamo pubblicato sulle riproduzione iperrealistica di un’opera del Caravaggio. Ma il lavoro è stato affidato a una ditta spagnola. Possibile che in Italia nessuno sia in grado?

Tecnologie e opere non ci mancano. Possiamo qui solo citare l’esempio di Photo Know How che con il suo progetto Basilica di San Marco nel mondo ne segna la strada.
Photo Know How propone, in mancanza di economie da investire sul patrimonio culturale italiano, e di farlo fruttare in maniera ‘pulita’, mentre le regalie tipo 5×1000, come ci dice Pietro Del Maschio «risultano di competenza di qualunque stipendiato pubblico prodigo nello snocciolare numeri e valori presunti.»
E aggiunge: «Quel poco che spendiamo viene gestito con pochezza di idee escludendo il beneficio del lavoro, dell’imprenditorialità e manca di analisi critica

Secondo uno studio del nostro interlocutore, lo sfruttamento in forma industriale del patrimonio artistico nazionale esposto e archiviato, potrà generare fino al 1,7% del Pil nazionale. Ma questo solo a patto che vengano esercitate le azioni adeguate al caso. Come quella citata.
La raccomandazione è quindi di chiedere sì, ma in maniera attiva e non passiva, come i Musei del Louvre o il Van Gogh, che valorizzano il proprio patrimonio producendo (a stampa) e mettendo in vendita riproduzioni in immagini iperrealisti che mettono persino in evidenza la conformazione della tela. Tecniche che possono essere messe in pratica anche per riprodurre – e vendere – della manoscritti e pergamene o incunaboli perfettamente riprodotte anche nell’aspetto originale della carta. Molto più delle normali riproduzioni anastatiche.

«Occorre comunicare ai giovani – afferma Del Maschio – che possiamo ancora modificare lo stato attuale, non diamo per scontato che tutto è già stato inventato e quindi con finanziamenti attivi i giovani avranno maggiori possibilità di conoscere e entrare nei contatti che contano

Negli esempi che riportiamo vediamo la possibilità di riprodurre in modo reale i mosaici della Basilica di San Marco a Venezia, per la loro manutenzione. Anche questa è arte. Per saperne di più si visiti il sito di PhotoKnowHow.Mosaico San marco

L’analisi di Competere.eu termina con la considerazione che lo Stato e gli Enti Pubblici devono sì fare la loro parte, ma a questi si devono unire anche i cittadini e le aziende.
Gli Enti pubblici e privati devono iniziare a fare regolarmente fundraising e non raccolta sporadica di fondi. C’è molto da lavorare ma i risultati non tarderanno ad arrivare.”