L’Alzheimer è una patologia seria ma non è seriamente curata e trattata. Oggi, ai libri suggeriti dalla Associazione Alzheimer OdV di Roma  si è aggiunto “Perché mi chiami mamma?” di Wilma Coero Borga, presentato con un compendio dei temi trattati, vissuti direttamente dall’interno di una ‘normale’ famiglia.

Una prefazione breve, ma esauriente, apre il libro spiegandone le motivazioni personali, ma anche focalizzando i molti argomenti trattati.
Spesso non vogliamo guardare la realtà e i suoi mutamenti perché non ci piacciono… Non troviamo una risposta soddisfacente al perché quella cosa sia successa a noi… Una cosa l’ho imparata… Il mondo di chi non può più avvalersi della memoria è una realtà parallela che si deve imparare a conoscere.

Segue l’Introduzione, che propone spiegazioni scientifiche comprensibili, di fattori che agevolano lo sviluppo dell’Alzheimer, altri che potrebbero prevenirlo come le abitudini alimentari e il movimento, ma soprattutto viene evidenziata l’importanza della diagnosi precoce…

Indagando il soggetto mentre si sta ammalando. La narrazione prosegue con diversi argomenti che hanno titoli specifici e una frase celebre.
Così la parte intitolata, “Tutto muta”, comincia dagli inizi quando avevo notato che in mia madre qualcosa era cambiato.
Il secondo episodio è dedicato alla vita dei genitori. Lei siciliana trasferita in Piemonte; faceva la sarta, era sempre allegra; poi l’incontro con il marito…. Due spiriti e culture diversi… Chi può immaginare dove porterà il destino quando si inizia un percorso? La casa vicino alla figlia e ai nipoti; il cuore malato della mamma che fa le bizze; i primi sintomi della malattia. Dopo papà, racconta della morte inaspettata del padre, che da tempo si era accorto delle stranezze della moglie. Entrambi erano stati ricoverati in reparti adiacenti, ma la madre non lo sapeva.
L’ultima notte del padre… Se avessi ascoltato il cuore… sarei rimasta… La notizia alla madre che commenta… Mi avevi detto che non mi avresti mai lasciata… Io… dilaniata dal dispiacere di non averli fatti incontrare. I funerali e la decisione di non lasciarla più nella sua casa…Dedicarle il nostro tempo non è stata la vera fatica, quanto piuttosto avere con noi una sconosciuta… che mi chiedeva perché la chiamassi mamma … Il suo mondo mutò in peggio…. L’Alzheimer si stava facendo sempre più spazio, ma forse l’aiutò a vivere altri quattro anni senza il marito. Indietro non si torna, descrive le visite specialistiche; e i tentativi di vivere una vita normale. Si succedono le cadute, i ricoveri, la sedia a rotelle. Il fisico poteva guarire, ma il cervello continuava a regredire. Le difficoltà nel gestire le situazioni… I nostri discorsi si diradavano… Era come se avessi tre figli, di cui mamma era la più piccola. Le tante rinunce della figlia per cercare di far vivere alla famiglia una vita.

Una breve recensione

Basterebbe l’introduzione, per rendere questo libro di Wilma da leggere, e poi da conservare sul comodino, da far conoscere. Raramente si ha l’opportunità di leggere pagine a carattere medico, e neurologico, in modo tale da comprendere tutto e farne tesoro. Ma una volta terminata l’introduzione, viene ovviamente il desiderio di andare avanti. E qui le sorprese continuano. Non solo una cronaca di vita vissuta, ma anche un insegnamento, come quello da dare ai propri figli “che cosí oggi sono preparati e non vivono nel mondo delle favole e delle nuvole” perché sappiano a che cosa si può andare incontro, e crescere nella consapevolezza della vita. Altre sorprese le abbiamo nel finale come le considerazioni dell’autrice sulla vita, che un’altra vita non si può avere: quali conseguenze avrebbe su noi, sugli altri e sul futuro?

Questo libro non è solo una lezione su come affrontare la malattia ma anche una lezione di vita in positivo per la famiglia che la deve affrontare. Come si narra qui, è una normale famiglia con ragazzi adolescenti nel pieno della loro crescita e come riconosce l’autrice “adesso siamo la famiglia che siamo, grazie anche a questa esperienza”.

Perché, ricordiamolo, “I vecchi non sono uccisi dal tempo o dalle malattie ma… dall’indifferenza” come dice l’epigrafe a un altro libro: Giovanni Gazzanini “Una malattia qualunque” perché, aggiunge Wilma, “Spesso non vogliamo guardare la realtà e i suoi mutamenti perché non ci piacciono”.

Wilma Coero Borga, Perché mi chiami mamma? PubMe -Collana Policromia, 2019