Abbiamo visitato per voi la miniera di talco, che fu scoperta nella ricerca dell’amianto, da cui fu tratta la materia prima per produrre carta ignifuga per la produzione dei documenti legali dello Stato Pontificio.

Come sappiamo il talco è largamente usato, oltre a mille altre applicazioni, nell’industria cartaria quale componente della patina. Questo grazie ad alcune sue proprietà quali la luminescenza bianca (quando è puro), ma anche per la sua scorrevolezza.
Il talco è un minerale secondario, vale a dire di origine metamorfica di rocce basiche o di dolomie silicee, oppure di calcari dolomitici. I giacimenti di talco possono anche aver origine dall’apporto di fluidi ricchi in anidride carbonica e di silice su rocce del mantello terrestre costituenti i fondali oceanici primordiali, oppure per metamorfismo di contatto in rocce sedimentarie, quali appunto le dolomie.

Miniera della Bagnada ingresso

Miniera della Bagnada: ingresso alle gallerie principali

E proprio di dolomia si tratta, quale roccia incassante, nel caso specifico della miniera detta della Bagnada in Val Fontana a Lanzada in Valmalenco, dove fu scoperto un potente banco roccioso sedimentario metamorfizzato, incluso in filoni nelle vaste formazioni di serpentini (roccia verde) che dominano l’intera valle, nota per le sue cave tuttora molto attive.

Dall’amianto al talco

Questi filoni furono scoperti cercando nuovi giacimenti per l’estrazione dell’amianto nel secolo XIX: le montagne della Val Malenco sono infatti ricche di amianto le cui miniere furono a lungo sfruttate fino a quando si scoprì che quel minerale è cancerogeno a causa delle fibre che inquinano i polmoni.
All’epoca non si pensava che il talco fosse un minerale utile e quindi redditizio. Solo in seguito trovò numerose applicazioni dalla cosmetica alla farmaceutica (come eccipiente), nella ceramica e, più tardi nell’industria della plastica, come elasticizzante. Nelle pitture e vernici è utilizzato per migliorare l’effetto opacizzante, mentre in stampa, come sappiamo, è usato come antiscartino. Altra nota applicazione del talco è nell’industria cartaria, in particolare per la preparazione della patina, migliorando la stampabilità, ma anche come disperdente delle impurità della cellulosa, e come agente per la de-inchiostrazione nel riciclo della carta.
Riportiamo dal testo da noi pubblicato sulla fabbricazione della carta di Aldo Faliani (v. in Formazione): “Il talco è chimicamente inerte sia in ambiente acido che alcalino, ha un apprezzabile punto di bianco, una limitata abrasività, impartendo alla carta un particolare effetto tattile. Buono il grado di lucido e di liscio nelle carte calandrate. Talvolta, talchi molto raffinati vengono miscelati con biossido di titanio per facilitare l’agglomerazione delle sue particelle, favorendo in tal modo sia il miglioramento della opacità, sia una diminuzione della quantità di biossido di titanio da utilizzare.”
Nonostante il talco sia chimicamente simile all’amianto, di cui è parente, non è dannoso alla salute, per cui  fu benvenuta la possibilità di sfruttarne il giacimento in sostituzione dell’allora più richisto amianto.

Carta per i documenti vaticani

Un  impiego specifico dell’amianto nell’industria cartaria fu dovuto al fatto che rende la carta ignifuga. Da qui la scoperta della miniera in questione.
Ma come andarono le cose?
Fu un brigadiere delle guardie pontificie al tempo di Pio IX, Augusto di Baviera, figlioccio dello stesso papa e fondatore del quotidiano L’Osservatore Romano, a capire l’importanza dell’amianto per produrre carta ignifuga da utilizzanre per i più importanti documenti legali della Santa Sede. Associatosi a un prete di Arezzo, Vittorio del Corona, i due avviarono la produzione di carta ignifuga presso la Cartiera Rigamonti di Tivoli. Era il 6 ottobre del 1869 quando l’Osservatore Romano annunciò la novità, rivendicando la paternità dell’invenzione allo Stato Pontificio e in particolare al Marchese Augusto di Baviera e al Canonico Vittorio del Corona.

Lana d'amianto Bagnada

Amianto nel Museo minerario della Bagnada (SO)

Forse l’idea venne da un episodio che risaliva a quasi un secolo prima. Tra il XVIII e il XIX secolo infatti, la nobildonna di origine spagnola, Candida Medina Coeli, dopo aver scoperto in un museo che al tempo dei romani a Ercolano si filava l’amianto come fosse lana (da qui la leggenda della salamandra, il mitico animale che vive nel fuoco e di cui si diceva che l’amianto ne fosse il lungo pelo che rendeva le possibile non bruciarsi tra le fiamme), provò a filare questo minerale fibroso e produsse (nel 1806) un paio di guanti (ignifughi naturalmente) che donò al viceré d’Italia Eugenio Beauharnais. Era amianto proveniente dalle miniere della Val Malenco.
Alla ricerca di nuovi giacimenti di amianto, all’inizio del secolo scorso furono scoperti gli importanti e redditizi filoni di talco in località Bagnada nel Comune di Lanzada, di cui ormai già si conoscevano le svariate applicazioni industriali, per cui l’impresa fu subito seguita con interesse.

Una visita di sicuro interesse

La miniera che abbiamo visitato per toccar con mano il talco bianco e purissimo fu aperta negli anni ’20 del secolo scorso e rimase attiva fino agli anni ’80. Talco è oggi ancora presente nelle gallerie scavate negli anni, ma non è più economicamente produttivo.
Così il Comune di Lanzada pensò di aprire un Museo che ripercorre le tappe dell’estrazione minerarie della valle e di rendere visitabile questa miniera a scopo didattico, turistico e, persino, per organizzarvi concerti di musica da camera. Sì, perché nel Camerone, l’ampio spazio alto 13 metri realizzato per estrarre il materiale inerte di riempimento da sostituire al talco asportato dai filoni, grazie a una particolare acustica, si esibiscono musicisti e cantanti nel corso dell’anno (ben coperti perché qui la temperatura non supera mai i 7°C).
La visita a questa miniera permette di rendersi conto del duro ma affascinante lavoro quotidiano dei montanari . le cui mogli avevano il compito di trasportare a spalla su apposite gerle il minerale. Gli stessi minatori, nel tempo libero si dedicavano alla ricerca di altri minerali, in particolare i bellissimi cristalli di quarzo presenti nella zona di contatto tra le diverse formazioni, e tuttora ambita dai ricercatori di minerali. Per chi non se la sente di affrontare due ore di camminata, la visita può essere effettuata (ma con ben altra soddisfazione) comodamente seduti davanti ail computer navigando nel sito: www.minieradellabagnada.it.

Per saperne di più e per informazioni: info@minieradellabagnada.it