Con questo articolo apriamo ai metodi di stampa che sono molteplici e, anche se alcuni sono oggi poco usati, è utile conoscerne l’esistenza e, in certi casi, la preziosità.
L’incisione litografica, oggi poco usata, se non per stampe artistiche e ricercate per cultori della stampa, si esegue con bulini di acciaio o con schegge di diamante innestate in asticciole, su pietre di qualità, dure e perfettamente levigate. Le pietre azzurre sono le migliori.
Vernice grassa
Sulla lastra di pietra veniva disegnata l’immagine da stampare utilizzando una speciale vernice grassa; la pietra veniva poi bagnata abbondantemente con acqua e quindi inchiostrata; l’inchiostro aderiva alla vernice grassa del disegno, ma veniva respinto dalla pietra vergine che era gonfia di acqua e così solo l’immagine poteva essere trasferita sul foglio di carta.
La matrice litografica permetteva di ottenere un buon numero di ottime copie e, volendo, la pietra poteva essere recuperata e utilizzata per formare una nuova matrice. Successivamente, una volta acquisita questa tecnica, la pietra venne sostituita da lastre di metallo (zinco o rame) o bimetalliche (rame rivestito di cromo). Nacque così la stampa offset.
Procedimento
La stampa litografica si basa su un fenomeno largamente conosciuto: la reciproca incompatibilità tra l’acqua e le sostanze grasse (come l’olio). Questo principio, già noto, fu perfezionato e applicato alla stampa solo nel 1797 da Aloïs Senefelder, il quale riuscì a mettere a punto un sistema adatto alla stampa.
La pietra litografica
Il materiale basilare è proprio la Pietra Litografica: una pietra calcarea dalla struttura granulare, ma molto regolare, con variazioni di colore e durezza dovute al contenuto di altri sali minerali. Si trovano in natura in strati orizzontali. Si selezionavano quelle migliori, senza difetti; essendo piane, era necessario solamente tagliarle in forme rettangolari, smussarne i bordi e sottoporle ad una prima levigatura.
Gli inchiostri
Gli inchiostri litografici da stampa sono composti da nerofumo e da un legante o vernice di olio di lino che può avere diversi gradi di viscosità, determinanti sia per la durezza dell’inchiostro, che non deve spandersi nell’acqua, sia per la particolarità dei lavori da eseguirsi sulla matrice.
Gli strumenti usati per la realizzazione delle stampe non sono destinati a inciderla, ma solo a lasciarvi un segno, consistente in un sottile strato di coloranti o di inchiostro grassi (matita litografica).
Il supporto di stampa e il metodo
Le carte da stampa per questa particolare tipologia di stampa sono in genere lisce e collacee, data la presenza di acqua sulla matrice da stampare, e per consentire la stampabilità delle aree inchiostrate in piano.
Il metodo della stampa è detto chimico. Dopo aver eseguito il disegno, avendo cura di non ingrassare le aree bianche non stampanti, bisogna fissare e far penetrare più in profondità nel calcare la materia grassa del disegno. A questo scopo si utilizza una miscela di gomma arabica e acido nitrico, data a pennello dopo aver protetto da eventuali sbavature il testo col talco. Questa preparazione della pietra ha la funzione di rendere le parti bianche recettive all’acqua: l’acido, con la sua azione moderatamente corrosiva, apre i pori del calcare facendovi depositare la gomma e trasforma il carbonato di calcio in nitrato di calcio, che assorbe l’acqua e rifiuta i grassi. Viceversa, nelle aree di testo composte di sapone, nerofumo e grasso, avviene la scomposizione del grasso e la formazione di sapone calcareo insolubile all’acqua, che diventa più ricettivo agli inchiostri grassi da stampa.
Dopo aver eseguito queste operazioni, si può dare il via alla stampa. Prima di inchiostrare la pietra è fondamentale bagnarla con un sottile strato di acqua. Solo dopo questo fondamentale passaggio si può procedere all’inchiostrazione con un rullo di pelle; l’acqua, infatti, fa sì che l’inchiostro attecchisca solo alle parti ingrassate (disegnate).
Una volta completata l’inchiostrazione, si poggia il foglio di carta sulla matrice e si procede alla stampa.
Questo procedimento poteva essere ripetuto centinaia di volte prima che le riproduzioni ottenute cominciassero a perdere in fedeltà. La tecnica, chiamata da Senefelder “stampa chimica”, si diffuse rapidamente nel mondo dell’arte, dal momento che permetteva di produrre copie di disegni eseguiti a mano libera. Verso la fine del XIX secolo fu raffinata e, mediante l’impiego di più lastre, permise di trasferire fino a trenta colori diversi su un singolo foglio di carta, e di produrre raffinate litografie a colori dall’aspetto di delicati acquerelli.
Questo procedimento di stampa è stato il precursore della stampa offset (fuori contatto o stampa indiretta) – di cui parleremo in un prossimo articolo – che conserva il principio della repellenza dell’acqua da parte dei grafismi che accettano invece l’inchiostro e della repellenza dell’inchiostro da parte dei contrografismi (ovvero le parti bianche) che accettano invece l’acqua.
La cromolitografia
La litografia a colori con più passaggi su diverse pietre fu diffusa tra il XIX e il XX secolo in alternativa ai cliché tipografici.
Era utilizzata nei manifesti pubblicitari e vi si dedicarono noti artisti in particolare nel periodo della Art Déco e persino per un menù della casa reale.
Qui sotto alcuni esempi.
E’ curioso constatare che la tipica ‘pietra litografica’ – la migliore dal punto di vista tecnico – è il calcare di Solenhofen in Baviera, detto, appunto, calcare litografico. Questo calcare a grana finissima si presenta in ampi lastroni di età giurassica (circa 170 milioni di anni fa). Ma la particolarità per cui questo calcare è famoso non è solo perché è ideale per la stampa litografica, ma per il fatto che, grazie proprio al fatto di essere così ricercato furono aperte delle cave in cui veniva estratto. Questo ha dato la possibilità di scoprire l’Archeopterix, quello che forse è il fossile più famoso, perché è considerato il più antico uccello, anche se in realtà era un dinosauro, più precisamente l’anello di congiunzione tra rettili (dinosauri) e uccelli.