L’editoria è in crisi o sta attraversando un periodo felice? Ne parliamo con Alessandro Ambrogioni direttore di AEDI, che propone la cultura del valore.
Con questa intervista per “Incontriamo gli Editori”, MetaÃlice ha deciso di ‘incontrare’ una Casa Editrice milanese, che pubblica testi relativi a tematiche molto specialistiche per le aziende.
MetaÃlice ‒ Ma partiamo dal nome. “Aedi” è, infatti, un termine che richiama piuttosto la poesia, che non la finanza e la tecnologia. A cosa è dovuta questa scelta e come si sposa con la vostra attività editoriale?
AEDI ‒ Gli aedi sono stati i primi comunicatori “professionali” della storia. Trasmettevano cultura e valori. Molto più modestamente, noi ci ripromettiamo di diffondere la conoscenza della cultura del valore: ci occupiamo, infatti, (esclusivamente) delle tematiche che misurano la creazione del valore (economico), cioè di valutazioni.
MAÃ ‒ Avete anche una mission piuttosto importante: vi prefiggete, testualmente, di fungere da “veicoli di circolarizzazione della conoscenza”, da “vettori di socializzazione del sapere”…
AEDI ‒ Sembrerà altisonante, ma, all’epoca dell’alluvione dell’informazione (internet), manca la profondità della conoscenza, che sa dare uno spessore più alto anche a una normale attività professionale. E lo si percepisce molto bene… Il diluvio livella, ma non eleva. Manca un quid: è compito dell’editoria colmare il gap e alzare il livello.
MAÃ ‒ È quindi una costante per Voi, quasi un’ossessione, forse anche un incubo, tenere alto il livello della qualità editoriale?
AEDI ‒ Ce lo siamo imposti ed è quasi un mantra. Guai a discostarsene, dai contenuti (editoriali) alla confezione del prodotto (librario).
MAÃ ‒ Ma su questo torneremo. Pubblicate, quindi, volumi impegnati, che si rivolgono a manager e imprenditori. Ci sono categorie di imprese cui vi rivolgete?
AEDI ‒ Latamente, a tutto il mondo economico. Molto più specificamente, a dottori commercialisti e specialisti nella quantificazione del valore economico, che sono le categorie tecniche più attrezzate, ma anche più attente, alla ricerca e al riconoscimento dei driver del valore, ossia di ciò che crea valore, che fa crescere ricchezza e benessere, a vantaggio di tutti.
MAÃ ‒ Sono temi affascinanti, magari vi dedicheremo un approfondimento futuro per la sezione “Business” di MetaPrintArt. Tornando all’argomento dell’intervista, dalla nicchia che descrivete, si può immaginare che le tirature non siano elevatissime. A questo proposito la stampa digitale può rappresentare una soluzione. Ma, a differenza della tradizionale stampa offset, a volte, come avete riscontrato, la qualità lascia a desiderare.
AEDI ‒ Le tirature sono basse, innanzitutto perché l’editoria professionale è quasi stagionalizzata. Nuove leggi escono tutti i giorni e i volumi invecchiano facilmente. Ciononostante, non facciamo mai mancare un prodotto accurato: nella stampa digitale, la tendenza, purtroppo, ultimamente, almeno dei grossi stampatori (potremmo anche citarne alcuni), è quella di realizzare libri tramite stampanti inkjet, con il risultato, però, di ottenere lavori di basso conio. Sparano l’inchiostro sulla carta, che l’assorbe e non lo distribuisce omogeneamente sul foglio: una grafica pulita e essenziale diventa inguardabile, perché s’ingrossano i caratteri, un mascherone… L’abbiamo fatto presente, ma conta solo quante pagine si tirano al minuto e non la qualità del volume stampato… Una filosofia incompatibile con la nostra casa editrice.
MAÃ ‒ Non possiamo che essere d’accordo. In base alla nostra esperienza nel settore, sappiamo che anche nella stampa a toner occorre tener conto di alcune differenze (si veda in questa breve notizia recentissima). Per esempio, il nero che si usa: alcuni produttori di macchine usano il nero per la stampa a colori che è diverso dal nero per la stampa monocromatica o per il transazionale, che è decisamente migliore, più nero, mentre l’altro dà risultati inferiori, sbiaditi. Purtroppo alcune piccole Case Editrici hanno avuto esperienze negative in questo senso, anche rivolgendosi a stampatori molto importanti. Se possiamo dare un suggerimento, occorre chiedere prima quali macchine usano e quali toner impiegano. Ma, come sempre, c’è di mezzo il prezzo.
Passando agli autori e ai testi che pubblicate. Qual è il criterio delle vostre scelte?
AEDI ‒ Noi siamo specializzati nelle tematiche economico-valutative. Sono quelle che ci interessano e sono quelle che approfondiamo. Purtroppo i margini dell’attività editoriale sono sempre più risicati e non si trovano più autori che lavorano per mestiere: chi scrive, oggi, lo fa per passione, perché ci crede, aldilà dei (mancati) ritorni, e rende un prodotto di contenuto migliore. Paradossalmente, quando si riducono le vendite e ci sono meno lettori….
MAÃ ‒ Pochi ma buoni si direbbe… Quale tipo di contratto proponete?
AEDI ‒ Proponiamo un forfait, poco più che un rimborso spese, anche se chi scrive per noi fa consulenze importanti, anche grazie al prestigio alimentato dalle nostre pubblicazioni, e recupera altrove ciò che noi, purtroppo, non riusciamo a dare….
MAÃ ‒ E come gestite la distribuzione?
AEDI ‒ Nelle classiche librerie professionali, attraverso distributori macroregionali, coordinati da uno storico consorzio del settore. E attraverso vendite online, con pubblicità diretta, inoltrata via e-mail, in maniera massiva, al nostro target. Abbiamo tentato di costruire una rete di venditori porta a porta, agli studi commerciali, ma non abbiamo trovato persone disposte a vedersi riempita la valigia di libri…
MAÃ ‒ Abbiamo notato nel vostro catalogo una certa uniformità delle copertine. E sappiamo bene qual è l’importanza della copertina in libreria. Qual è il vostro criterio di scelta?
AEDI ‒ Ci siamo imposti una visibilità e una riconoscibilità per copertine, semplici, chiare, leggere. Giochiamo, ogni volta, sui colori: la partita è difficile, non sempre gli esiti cromatici di stampa sono soddisfacenti. Però, l’uniformità della grafica e dell’immagine aiuta la radarizzazione, da parte degli operatori, e spinge la clientela a cercare l’ultimo volume uscito, per completare le collane che offriamo.
MAÃ ‒ Vorremmo porvi un’ultima domanda, anche se può sembrare imbarazzante. Proprio grazie, o a causa, della stampa digitale, c’è oggi un proliferare di editori, ma che saremmo propensi a chiamare stampatori. Accettano qualunque testo, purché l’autore acquisti un numero minimo di copie. Qual è il vostro giudizio?
AEDI ‒ Ben vengano l’allargamento delle idee e la diffusione delle opinioni (non potremmo tradire la nostra mission…). A maggior ragione, i trampolini di lancio per gli autori emergenti. Scaricarli, però, sulle spalle degli autori è discutibile, anche se può rappresentare il costo della “zero censura”, che, in passato, dava enorme potere alle case editrici-bene, che dispensavano patenti… come facevano i feudatari nel medio evo…
MAÃ ‒ Ma non c’è anche il rovescio della medaglia?
AEDI ‒ Certamente. Il rischio di appiattimento è concreto, ove proliferazione equivale a confusione. Giocoforza, spinge il pubblico alla selezione: si orienta, infatti, sul nome di grido, implicitamente invocando i filtri del passato. Ma qui pecca di presunzione, perché, a volte, piccole (per vendite), ma fresche, firme, che pubblicano con case editrici semisconosciute, sono molto più interessanti di autori-blasoni, a volte diventati anche un po’ tromboni…
Ringraziamo Alessandro Ambrogioni direttore di Aedi edizioni per la disponibilità e per la ‘chiarezza’ delle risposte.
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