Sull’origine del nome Blue Jeans si è già scritto molto. Proponiamo volentieri questo articolo, che associa il nome e la storia del più popolare tessuto oggi nella moda, nel lavoro e nel tempo libero, con la storia e la cultura dell’Italia e di Genova in particolare. Si parla quindi delle fibre, del tessuto e del colorante che hanno dato vita ai Jeans, dalle Indie alla California, passando per Genova.

di Marco Nicola *

Alcuni di voi forse già sapranno che la parola “jeans” è legata al nome della città di “Genova”. La storia che c’è dietro è affascinante e c’è molto di più da scoprire. Facciamo un salto nel passato!

All’inizio del XVI secolo l’economia europea è scossa a causa delle nuove rotte commerciali stabilite sia verso l’oriente (Le Indie Orientali cioè l’arcipelago della Malesia e per estensione l’India propriamente detta) sia verso l’occidente (le Indie Occidentali cioè i Caraibi e per estensione le Americhe).
Man mano che l’importanza delle colonie americane cresce, il baricentro del mondo si sposta verso occidente e il mare di riferimento comincia ad essere l’Oceano Atlantico e non più il Mar Mediterraneo che invece è sempre più lacerato e diviso.

Costantinopoli è caduta da tempo. Le sue impenetrabili mura si sono sgretolate sotto i colpi di artiglieria degli innovativi cannoni messi a punto nel Sublime Stato Ottomano. I nuovi padroni delle rotte d’oriente si sostituiscono rapidamente all’Impero Romano e sembrano inarrestabili. Espansionisti, militaristi e più colti degli europei guardano con sufficienza alle Repubbliche Marinare italiane di Genova e Venezia, che continuano ad avere possedimenti nella loro area di influenza (Creta, Cipro e molte altre isole erano sostanzialmente dei Veneziani mentre Genova possedeva ancora alcuni territori tra cui le isole di Chio e Samo di fronte alla costa turca). (1) 

L’ostilità sfocia in numerose guerre, che si susseguono e vedono costantemente in difficoltà le potenze occidentali. L’isolata vittoria della battaglia di Lepanto nel 1571, non influirà sulle sorti dei possedimenti veneziani e genovesi nel Mediterraneo Orientale che, uno dopo l’altro, finiranno comunque per essere inglobati dalla potenza islamica.

Ma, come si dice, “ogni crisi è un’opportunità” e “la necessità aguzza l’ingegno”. Non restava altro da fare che reinventarsi. Provare a fare cose nuove, che non si sono mai fatte. Ad esempio navigare dall’altra parte e sviluppare nuove merci. In questo Genova è certamente avvantaggiata rispetto a Venezia se non altro per la posizione geografica. I tentativi di esplorazione a occidente erano stati innumerevoli. Oltre a quello famoso di Colombo ce ne sono molti di meno noti. Nel 1312, ad esempio, Lanzerotto Malocello originario di Varazze nel Savonese si spingeva già via mare nell’Oceano oltre le colonne d’Ercole e si imbatteva nelle Isole Canarie, stabilendosi poi sull’isola di Lanzarote che da lui prenderà il nome. (2)

Di Colombo tanti hanno già parlato e non potrei aggiungere molto, ma non è questo il punto. Il punto è che Genova era una potenza marinara. A Genova, punto più a nord del Mediterraneo occidentale, si costruivano navi e si trasportavano merci che dovevano servire l’Europa. A Genova c’erano cantieri navali all’avanguardia che disponevano di tecnologie per costruire navi in grado di solcare gli Oceani, in grado di costruire navi oceaniche che venivano usate per il commercio con l’Inghilterra https://it.wikipedia.org/wiki/Nau_(nave).
Ci volevano i migliori materiali. I legni più pregiati, sì, ma anche il cordame, e la stoffa. Stoffa robusta e di basso costo per coprire e proteggere le merci più preziose, quella per vestire i marinai e la stoffa per fare le vele, il motore delle navi. (3)
Ma Genova era una città con poco spazio, tutta schiacciata tra la costa scoscesa e le montagne subito alle sue spalle. Non si potevano coltivare estensivamente piante per fare tessuti. Non si poteva nemmeno lavorare fibra grezza perché non c’era spazio per grandi opifici. Però si potevano scambiare merci. I portoghesi avevano trovato la rotta per le Indie. Non si doveva più pagare dazio agli Ottomani. Le spezie sbarcavano dalle navi portoghesi nel porto, in abbondanza. Con esse cotone e indaco a buon mercato. Ci si poteva fare commercio.
Gli ingegnosi e astuti imprenditori piemontesi non si lasciarono sfuggire l’occasione.
Un’intera area del Piemonte si chiama Canavese. Prende il nome forse dal nome di un’antica città chiamata Caneva, ma secondo alcuni è per via delle coltivazioni estensive di canapa che vi erano. In Piemonte tale pianta era davvero molto diffusa e gli artigiani piemontesi erano esperti di tecnologie tessili per filarla e lavorarla. Si lavorava anche il lino. Non ci volle molto per trasferire quelle tecnologie sul cotone. E fu così che a Chieri, città vicina al canavese e all’epoca più grande di Torino, ricche famiglie di tessitori convertirono la loro produzione ai tessuti di fustagno, una innovativa stoffa molto robusta ed economica fatta con lino e cotone.
La tingevano di blu con il gualdo [
detto anche guado di cui rimandiamo a questo articolo – ndr] (4) che cresceva abbondante nella zona oppure con l’indaco che era sempre più economico e proveniva dall’India insieme al cotone. Portavano le materie prime da Genova e vi tornavano con i carri pieni di stoffa finita da spedire via mare.
Anche a Nîmes in Francia, non lontano da Marsiglia, avevano capito l’affare e si buttarono sulla produzione del nuovo tessuto, privilegiando un po’ di più la qualità a fronte di un prezzo più alto. Fu così che vennero fuori due tipi di fustagno blu. Era fenomeno comune che le merci prendessero il nome dalla zona della loro provenienza. Uno dei due tessuti prese quindi il nome di
Denim che deriva da De Nîmes cioè tessuto della città di Nîmes e l’altro invece da Genova, che pur non essendo il punto di produzione, era comunque il punto di imbarco e quindi, agli occhi del resto del mondo, di provenienza. Genova in francese (all’epoca lingua franca usata in ambito marinaresco) era infatti Gênes e pronunciato all’inglese ha finito per trasformarsi in jeans. Poiché il tessuto a buon mercato era tinto di blu (col guado o con l’indaco) e prodotto a Genova si arriva quindi a Blue Jeans. 

Qualche secolo dopo, nel 1853, in seguito alla corsa all’oro in California, Levi Strauss fondò a San Francisco la Levi Strauss & Co. per vendere robusti capi d’abbigliamento utili ai cercatori d’oro. Nel 1871 il sarto Jacob Davis, aggiunse ai pantaloni i rivetti in rame per rinforzare i punti maggiormente soggetti a usura, come le tasche, particolarmente riempite dai cercatori d’oro e dai minatori. Nel 1873 i due si misero in società e presentarono il brevetto dei famigerati pantaloni da lavoro di blue jeans.

Nel ‘900 i blue jeans diventano uno degli emblemi più caratteristici dell’Occidente segnando profondamente la moda e la cultura. Attraversando tutte le tendenze e le divisioni sono divenuti allo stesso tempo un’icona della classe operaia e status symbol per giovani sportivi e di successo.

Jeans di Giuseppe Garibaldi

I Jeans di Giuseppe Garibaldi nel Museo Centrale del Risorgimento – Complesso Vittoriano

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(1) Sul tema di Genova in questa regione del Medio Oriente si veda l’articolo “Non perdiamo la Trebisonda” ; sulla lingua e la cultura che i genovesi hanno portato nel mondo si veda: “I Genovesi per lo mondo spersindr.

(2) Lanzerotto era partito da Genova alla ricerca dei fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi che, con due galee si erano avventurati, primi fra tutti nel 1291, alla ricerca del passaggio verso le Indie circumnavigando l’Africa. Ma di loro non si seppe più nulla (salvo storie e leggende su cui torneremo) – ndr.

(3) L’impiego di queste stoffe era talmente diffuso che, consunte dopo l’uso le vele soprattutto, erano merce preziosa per la fabbricazione della carta. E Genova, fu anche in questa arte pionera con le numerosa cartiere che sorsero nella zona di Voltri. E anche questa è un’altra storia su cui torneremo – ndr.

(4) Sul termine guado o gualdo ci sono opinioni discordi. Treccani riporta solo guado (dal longobardo waid = erba colorante); mentre per gualdo dal longobardo wald = bosco dà altro significato. Tuttavia Wikipedia lo riporta in entrambi i modi: https://it.wikipedia.org/wiki/Isatis_tinctoria . In Piemonte è più noto come gualdo come attesta il sito della fondazione Tinctoria di Chieri. https://www.fondazionetessilchieri.com/gualdo-e-erbe-tintorie-2/  Forse in Piemonte è più conosciuto come gualdo visto che anche il sito della fondazione lo chiama così https://www.fondazionetessilchieri.com/gualdo-e-erbe-tintorie-2/


* Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino; fondatore di Adamantio – Diagnostica per i Beni Culturali. nicola.adamantio@gmail.com