Con il titolo “È tempo di cambiare”, il presidente di ARGI, Roberto Levi Acobas, lancia un appello alle aziende grafiche per “lottare insieme, far rispettare la legge, proteggere il nostro settore”.

«Se fossimo veramente una Nazione corporativa che tutto il mondo ci invidia per la nostra imprenditorialità, creatività, intelligenza…»   Inizia così l’appello del presidente ARGI pubblicato con la Newsletter della associazione.
Prendiamo spunto da queste parole per il nostro editoriale di luglio, perché le condividiamo in pieno, ma che vorremmo commentare, con quel pizzico di malizia che ci distingue. Del resto è ben noto, che un compito dei giornalisti è quello di muovere critiche, purché siano documentate e costruttive.
Roberto Levi dice che le Associazioni sono “gli organi che possono far sentire la loro voce nei corridoi del potere“.  Peccato che tali corridoi siano piuttosto bui e che chi li frequenta sembri affetto da sordità pressoché totale. O forse, più che sordità si tratta di una particolare forma di autismo, in cui si pensa solo alla propria pancia e non a quella del Paese.
Già da tempo la Filiera che comprende Assografici, Assocarta, Acimga, cerca di far notare ai frequentatori di tali corridoi che questo settore ha un peso rilevante sull’economia nazionale e che va sostenuto: posti di lavoro che si sono drasticamente ridotti negli ultimi anni; aziende di lunga tradizione che chiudono, altre che tirano a campare. Tra le cause del malessere i costi energetici insostenibili – soprattutto per le aziende di Assocarta – e la mancata detassazione della pubblicità. Eppure, come puntualmente ogni anno si ripete all’assemblea pubblica della Filiera, a parte qualche vaga promessa da parte del politico di turno (che evidentemente conta poco), i risultati non si sono visti.
Ben venga allora l’appello, per così dire autarchico, di Roberto Levi: “lottare insieme, far rispettare la legge, proteggere il nostro settore”. Come dire facciamo da soli.
Ma anche questo, purtroppo si scontra con la realtà. Poco più di un anno fa ARGI pubblicò il Manifesto sui modelli comportamentali, un progetto che si propone di recuperare quei fondamentali valori etici che sono alla base dell’economia di mercato. Un Manifesto sacrosanto per salvaguardare il lavoro, per isolare quelle aziende che, “di fronte a magri bilanci, accettano commesse da soggetti rischiosi, trovandosi spesso alla fine con un pugno di mosche.” Rifiutassimo tutti… aggiunge il presidente di ARGI. Ma così non è.
E qui ci si lasci dare la nostra frecciatina proprio alle aziende che fanno parte di ARGI: ricordiamo tutti gli anni in cui si vendevano macchine offset (mica noccioline) al ribasso, pur di vendere. Mettendo in crisi tutti: le aziende che vendevano, ma anche e soprattutto quelle che compravano, a volte senza averne bisogno. Che si sono trovate poi con l’acqua alla gola o, peggio, sott’acqua.
Ma un’altra frecciatina la meritano le stesse aziende di stampa, che non alzano lo sguardo al di sopra del ‘bancone del piombo’ come si diceva una volta.
All’ultima Assemblea di filiera, si è discusso sul problema della scarsa (o sarebbe più preciso dire pressoché nulla) vocazione alla lettura degli italiani. Anche se questo in realtà non ha poi molta influenza sul fatturato della stampa, ne vediamo la negatività nella risultante “incultura” degli imprenditori, buoni tecnici, forse buoni commerciali, ma certo non buoni imprenditori con una visione sul futuro.
albert1Leggere, informarsi, farsi una cultura (vera) significa saper prevenire, captare quelli che un imprenditore che stimiamo molto definisce “i segnali deboli”. Ma è solo alzando lo sguardo dal bancone, tenendosi costantemente aggiornati, che questi segnali si possono notare.
La tecnologia aiuta, ma non deve sostituire il cervello.
Forse, purtroppo, si è verificato quanto temeva Albert Einstein: “Temo il giorno in cui la tecnologia finirà per rendere superato l’interagire degli esseri umani. Il Mondo esprimerà una generazione di idioti”.
Buone vacanze.