Sappiamo bene che non sempre le sanzioni, o gli embarghi, hanno gli effetti desiderati da chi le emette. A volte l’effetto è contrario, o quanto meno offre al sanzionato la possibilità di sviluppare soluzioni autoctone (altrimenti chiamate autarchiche), che possono a loro volta comportare una evoluzione tecnica. Ne abbiano un esempio che ci riguarda da vicino.

L’esempio che vogliamo ricordare è quello che ha portato allo sviluppo del libro e della cultura.

Il fatto avvenne agli inizi del II secolo a.C. sotto il re d’Egitto Tolomeo V. Questi era il quinto faraone della dinastia dei Tolomei, fondata dal generale di Alessandro Magno, Tolomeo. Tolomeo I, oltre ad aver ellenizzato l’Egitto, aveva fondato la mitica Biblioteca di Alessandria, la prima e soprattutto la più grande del mondo. Fu la Biblioteca che per prima accolse le opere scritte in diverse lingue e presso la quale furono mandati i 72 saggi rabbini per tradurre in greco la Torah, da cui prese il nome di Bibbia Septuaginta o ‘dei Settanta’.

Accadde però, mentre l’Egitto era sotto Tolomeo V, che il re di una città della attuale Anatolia  (oggi Bergama sull’Egeo nella provincia di Smirne), Eumene II, della dinastia degli Attalidi, aveva fondato una biblioteca che stava crescendo a ritmi sostenuti. Questo in un primo momento fu per Tolomeo una buona occasione per l’esportazione del papiro, unico supporto allora disponibile per la produzione dei libri (in realtà erano rotoli e quindi non ancora in forma di libro). Solo che quando la biblioteca degli Attalidi divenne tanto grande da suscitare l’invidia del faraone, e il timore della sua concorrenza, questi decise di vietare l’esportazione di papiro a Pergamo, la capitale del regno di Eumene. Un vero e proprio embargo. Senza papiro niente più rotoli e la biblioteca non avrebbe potuto crescere.

La goccia che fece traboccare il vaso fu quando il bibliotecario capo di Alessandria, Aristofane di Bisanzio, attirato dall’offerta di Eumene, aveva deciso di trasferirsi in Anatolia a capo della biblioteca Attalide, tornando così nel suo Paese d’origine.Biblioteca Alessandria papiro

Tolomeo non perse tempo: prima imprigionò Aristofane perché non fuggisse, e quindi emanò le sanzioni, vietando l’esportazione del papiro in Turchia. Questo embargo indusse Eumene e i suoi bibliotecari a trovare una soluzione per trovare un nuovo supporto su cui copiare i testi. La soluzione fu semplice perché non occorreva far altro che migliorare una tecnica già in uso nell’Asia Minore: scrivere su cuoio, anche se ancora non era adatto a lunghe composizioni.

E poiché l’Anatolia era ricca di capre e altri ovini, si trattava di perfezionare questa tecnica tradizionale trattando la pelle di capre e montoni, con un bagno di calce viva per diverse settimane, per poi farla seccare ben tesa su telai di legno, in modo da allineare le fibre e renderla liscia. Al temine dell’essiccazione la si raschiava fino a ottenere un fondo bianco e liscio su cui la scrittura potesse emergere meglio. Il processo permise così di produrre un bel numero di fogli morbidi e sottili che permettevano di scrivere, al contrario del papiro, su entrambi i lati. E ancora, al contrario del papiro, questo fogli potevano essere assemblati in fascicoli, anziché essere arrotolati. Che con una copertina di legno o di cuoio, e legati insieme i fogli, nacquero primi libri.  Ma anche, nacque, dal nome della città, la pergamena. Che era più duratura e meno delicata del papiro, il quale si conservava bene nei climi aridi egiziani, ma non certo nei paesi umidi d’Europa, per cui ebbe subito grande diffusione in occidente e a nord. Una soluzione che ebbe grande fortuna fino a quando dalla Cina non giunse la carta (il cui nome in tutte le lingue europee, esclusa la nostra, deriva però dal papiro).