Si è aperta a FieraMilano Grafitalia/Converflex. In tono minore, è vero, ma con brio, se secondo il paragone musicale di Guido Corbella. Dopo aver riferito i dati negativi del settore della stampa commerciale e di conseguenza il calo di espositori in una Grafitalia senza macchine offset, ha detto che “Converflex è tutta un’altra musica: allegro con brio”.
A essere maligni e pessimisti, dovremmo intitolare “dalla marcia funebre all’allegro con brio”. Ma preferiamo essere realisti e guardare in positivo.
Certo che la mancanza pressoché assoluta (se escludiamo un paio di espositori cinesi) della stampa offset, ci prospetta una Grafitalia un po’ zoppa. E lo è, perché non si può dare la sensazione che ormai la stampa sia solo digitale. Sarebbe fuori dalla realtà.
È vero che la stampa commerciale è in crisi profonda, ed è purtroppo anche vero che la stampa pubblicitaria, come le stesse agenzie di pubblicità, non sembra più alla ricerca di quella qualità che fino a ieri era il punto di forza dello stile italiano. E già questo potrebbe indurci a recitare il De Profundis.
Poi, contemporaneamente, abbiamo sentito che invece le aziende di stampa italiane costituiscono tuttora un fiore all’occhiello nel mercato internazionale.
Dove sta la verità?
Certamente sta nelle parole di Vincenzo Boccia, che in qualità di presidente di Grafitalia, dopo aver confermato i dati negativi in precendenza esposti da Felice Rossini, presidente della federazione di filiera carta, grafica, packaging, si è chiesto come dovrebbe essere l’azienda grafica moderna.
Saper affrontare la complessità, avere una visione a 360° gradi, dimostrare capacità nelle scelte tecnologiche che rappresentano una dimensione dell’innovazione. Questi – ha detto – sono i piccoli passi di una sana politica industriale.
Ma è andato oltre: ha voluto guardare in positivo e trasformare i vincoli in queele opportunità che la nostra industria della stampa, anche attraverso i cross media, può avere oggi.
Considerato che l’Italia è tuttora il secondo paese manifatturiero d’Europa, ci sono aziende buone e aziende non buone. Certamente la crisi porta a una selezione rigorosa e anche severa.
Ma questo potrebbe – e sono parole di chi scrive – essere solo un bene, perché è giusto che sopravvivano solo le aziende sane e che sanno lavorare.
Il che ci riporta al tormentone che ci perseguita da anni: in Italia ci sono più cosiddette aziende grafiche che negli Stati Uniti. Questo è il vero problema.
Ma torniamo alle parole di Boccia: dalla selettività usciranno aziende forti che devono operare in un mercato in contrazione. Ma saranno le nuove tecnologie – e la giusta scelta di quali tecnologie – a permettere a queste industrie di conquistare un mercato europeo che è ormai da considerare mercato domestico. Per chi invece ha obiettivi più ampi e ambiziosi il mercato da affrontare, oggi, è il mondo.
La tipografia di quartiere non ha più senso, che ha confermato nel pomeriggio il primo dei seminari promossi da ARGI, rivolto al w2p.
In questo caso la testimonianza di due giovanissimi imprenditori di successo – Vincenzo Cirimele di PressUp e Walter Ferraro di Stampadivina.it – è stata eloquente.
Il primo, che rappresenta un’azienda grafica già consolidata che entra nel w2p per migliorare le proprie offerte di stampa e che oggi guarda al mercato europeo, il secondo che parte da zero e si vede crescere l’azienda inaspettatamente tra le mani e in quattro anni passa dal classico lavoro ‘fatto in casa’ a 18 dipendenti e un sempre più vasto parco macchine e prodotti.
Ma tutto questo non viene per caso
Come ha affermato, ancora in apertura della fiera, Simona Michelotti – AD della SIT di San Marino, azienda specializzata nella stampa di imballaggio flessibile per l’industria alimentare – che in qualità di presidente di Converflex, ha affermato con estrema convinzione che oggi le aziende grafiche stanno correndo un altro grave rischio. La pretesa di buttarsi nel packaging per sostituire la carenza di commesse nel commerciale, può ritorcersi contro, perché questo è un settore in cui sono necessari un know-how e delle competenze (anche relativamente alle severe normative europee) che non si improvvisano dalla sera alla mattina.
Sul settore della cartotecnica e del packaging si è detta comunque ottimista, proprio per quelle competenze, che le ottime industrie del settore che operano in Italia e che esportano in tutto il mondo ne fanno dei punti di riferimento e di eccellenza per tutta l’industria italiana. Invitiamo chi fosse interessato ad ascoltare alcuni passaggi significativi dell’intervento nei video che abbiamo registrato nel corso della presentazione (video 1 e video 2). È un discorso forte, carico di tensione emotiva, che ha destato l’ammirazione di tutti i presenti e che tutti dovremmo riascoltare con attenzione e farne tesoro.
Offset vs flexo
Abbiamo raccolto alcune brevi testimonianze in apertura di questa prima giornata fieristica che proponiamo in altre due brevi interviste filmate, scegliendo non casualmente due settori della stampa convenzionale: la stampa offset e la flessografica.
Nel primo caso, in mancanza di espositori con macchine da stampa, ci siamo rivolti a Ruggero Samoggia, Tecnorulli, il quale ci ha sopreso affermando che persino la vendita di rulli è in calo. Un dato che contrasta, secondo noi, con la necessità di puntare sulla manutenzione e una buona cura delle proprie macchine da stampa in assenza di investimenti in macchine nuove. Riteniamo quindi interessante sentire questo parere (cliccare qui per aprire il video) e le prospettive che potranno emergere dall’andamento di questa fiera.
Il secondo caso ci sembra molto significativo. Abbiamo parlato con Leonardo Gobbi di Uteco, azienda produttrice di macchine flexo per imballaggio, che in questi giorni presenta in open house presso il proprio stabilimento veronese due nuove macchine, di cui una otto colori con teste di stampa digitale Kodak Prosper per la personalizzazione degli imballaggi. Gobbi ci descrive in questa breve intervista video l’iniziativa organizzata in collaborazione con Kodak e DuPont (quest’ultima per le lastre).
Non è questione di musica, ma dell’occasione in cui si suona. Per esempio i turisti impazziscono quando a New Orleans vedono sfilare i funerali con accompagnamento di bande jazz. Bello, ma sempre funerale. Come si dice: un bel funerale!