ISTAT ha diffuso i dati di consuntivo 2019 e previsioni biennali sulla congiuntura economica internazionale e italiana in particolare. Ne riportiamo una sintesi rimandando al documento completo scaricabile nel bottone al termine dell’articolo. Ma prima raccomandiamo di leggere il commento di Vittorio Malvezzi.

L’Editore ha fatto un lavoro di fino. Ha buttato le reti nel mare magnum di Istat e tirato fuori una marea di previsioni.
È passato qualche giorno da quando con discutibile successo ho scaldato i banchi di scuola. Già parlare di banchi ti da un’idea dei tempi. Una presentazione di previsioni mi ha riportato là, dove ancora si insegnava a ricordare il passato, magari riportando delle parole auliche. Una massima rimasta scolpita in una memoria che spesso fa cilecca, mi sembra pertinente. 
Addirittura tira in ballo la Sibilla: Ibis Redibis Non Morieris in Bello. La storia completa te la racconta zio Google o mamma Wikipedia. A farla breve il responso, la previsione di vita a chi partiva per i campi di battaglia, girava tutto intorno a una virgola. In questo modo il “non” poteva voler dire sia che il poverocristo non sarebbe tornato, sia che tornato non sarebbe morto in battaglia. 
Per questo tipo di previsioni, si pagava caro salato, in anticipo e senza discutere. Praticamente come adesso quando ti rivolgi a un esperto. Quindi diffido una volta ancora l’Editore, cui mi lega fraterna amicizia alla quale faccio spudoratamente ricorso, a definirmi pubblicamente tale. 
Il problema è che qualche volta la verità, la pura e semplice verità, può essere più ingannatrice di una dannata menzogna. Mica per niente gli anglosassoni, forse per pareggiare i conti con la mania di buttare tutto in cifre, perfino il valore degli umani, hanno un bel monito: Lies, bloody Lies and Statistics. Menzogne, dannate menzogne e per ultimo addirittura le statistiche. 
In realtà le statistiche non mentono mai. Sono quelli che li maneggiano che possono essere dei maneggioni. A volte non si prendono neanche il disturbo di fare qualcosa. Mi resta il sospetto che si limitino a mettermi sotto il naso il dato che in quel momento può tornare più comodo. Questo senza nascondere l’altra faccia della medaglia. Peccato che per girarla, non si sa perché, devo fare una fatica bestia. Sicuramente il tutto dovuto ai miei limiti, che fin dall’inizio non ho nemmeno tentato di nasconderti.

Tutta ‘sta manfrina per dirti che proprio in Istat, quando ho trovato le statistiche che grondavano uggiolii di soddisfazione per il miglioramento della situazione occupazionale, ho provato a domandare in giro, ai miei amici. Il campione è sicuramente non rappresentativo di un universo che va oltre le mie conoscenze e amicizie. Il divario riscontrato, però, mi ha portato a scavare e cercare di vedere l’altra faccia. C’era ! Istat ha fior di professoroni e mica ti contano storie. Così oltre ai dati sull’occupazione, basati sul numero degli addetti, con un po’ di pazienza ho trovato anche quelli basati sulle ore lavorate. Con risultati che ricordano appunto la virgola ballerina della Sibilla.

Ogni commento lo lascio a Censis, cui faccio tanto di cappello per la disarmante apparente semplicità con cui ci ragguaglia su di noi stessi, cifre alla mano. Parlando dei dati Disoccupazione, molto elegantemente lo definisce un bluff a pag.8 del suo 53° Rapporto. (vedi tabella 8) [il rapporto Censis si può anche scaricare qui – nde]

Condivido con plauso ma attenzione: come qualunque giocatore di pocker potrà confermarti, un bluff che regge da duemila anni, dai tempi della Sibilla, capace che regga ancora un cicinin. Montalbano direbbe tanticchia. Auguroni !

Vittorio E. Malvezzi

I dati ISTAT

Nel 2019, è previsto un aumento del PIL dello 0,2% in rallentamento sull’anno precedente, con in lieve accelerazione nel 2020 (+0,6%). Moderatamente positivo l’apporto della domanda estera netta (+0,2 %) e un impulso negativo (-0,8 %) della variazione delle scorte.

Nel 2020, il contributo della domanda interna si manterrebbe su livelli simili a quelli dell’anno corrente, la domanda estera ancora positiva. Nel biennio di previsione, la crescita della spesa delle famiglie e delle ISP in termini reali è stimata in lieve rallentamento rispetto agli anni precedenti (+0,6% in entrambi gli anni) mentre quella delle AP aumenterebbe con tassi rispettivamente pari a +0,4% e +0,3%.

Gli investimenti fissi lordi mostrano un profilo in rallentamento, con tassi pari a +2,2% nel 2019 e +1,7% nel 2020.  Il proseguimento della dinamica positiva del mercato del lavoro determinerebbe un aumento dell’input di lavoro a ritmi superiori a quelli del Pil (+0,7% in termini di unità di lavoro in entrambi gli anni) mentre il tasso di disoccupazione segnerebbe un deciso miglioramento nell’anno corrente (10,0%) per poi scendere marginalmente nell’anno successivo (9,9%).  L’attuale scenario di previsione è caratterizzato da alcuni rischi al ribasso rappresentati da possibili evoluzioni negative dei conflitti tariffari e delle turbolenze geopolitiche con riflessi sfavorevoli sull’evoluzione del commercio internazionale e sul livello di incertezza degli operatori.

Il quadro internazionale

Il ciclo mondiale è ancora in decelerazione e non mostra segnali di ripresa. Il calo degli investimenti, il rallentamento della produzione industriale e l’elevata l’incertezza hanno penalizzato il commercio mondiale che, nei primi nove mesi dell’anno, ha frenato rispetto al 2018 (+1,4% l’incremento delle importazioni mondiali di beni e servizi in volume previsto dalla Commissione europea per il 2019.
La congiuntura internazionale resta caratterizzata dalla prevalenza di rischi al ribasso (escalation negativa dei conflitti tariffari, turbolenze geopolitiche e hard Brexit) che continuano a influenzare negativamente le prospettive di crescita.
Le previsioni della Commissione europea indicano un rallentamento della dinamica del Pil globale in termini reali (+2,9% rispetto al +3,6% nel 2018).
L’economia mondiale continuerà a essere trainata dai mercati emergenti e in via di sviluppo ma con performance meno brillanti rispetto agli anni precedenti.
Il tasso di crescita del Pil Usa tra luglio e settembre ha mostrato una stabilizzazione rispetto al trimestre precedente (+0,5%). I consumi hanno confermato il loro ruolo centrale per la tenuta del ciclo americano nonostante il calo di fiducia delle famiglie.
Nei mesi estivi, anche la dinamica economica nell’area dell’euro si è stabilizzata sui livelli di crescita del trimestre precedente (+0,2%), in deciso rallentamento rispetto ai primi tre mesi dell’anno (+0,4%) La decelerazione dei ritmi produttivi ha iniziato a riflettersi anche sulla dinamica dell’occupazione, in decelerazione nel terzo trimestre (+0,1% in T3 dal +0,3% in T1). La disoccupazione, invece, negli ultimi mesi si è mantenuta sui livelli minimi dal 2008 (7,5% a ottobre).
In base alle previsioni di autunno della Commissione europea, il Pil dell’area euro è atteso crescere dell’1,1% (1,9% nel 2018) per poi stabilizzarsi nel 2020 (+1,2%). La debolezza ciclica europea, inoltre, si colloca in un contesto in cui lo spazio fiscale è limitato in quasi tutti gli Stati membri, i tassi di interesse sono vicini allo zero e l’efficacia delle misure non convenzionali di politica monetaria è attenuata dalle basse aspettative d’inflazione e dal pessimismo delle imprese.

Apprezzamento dell’euro

Nella media dello scorso anno, il tasso di cambio si è attestato a 1,18 dollari per euro, mostrando un apprezzamento dell’euro rispetto all’anno precedente. Per il 2019 il cambio è atteso deprezzarsi a 1,12 dollari per euro quest’anno per poi stabilizzarsi l’anno successivo (1,11).
Negli ultimi mesi, il mercato petrolifero ha continuato a risentire della bassa domanda mondiale e l’espansione dell’offerta americana ha compensato la riduzione della produzione in paesi come il Venezuela e l’Iran, contribuendo a mantenere bassi i listini. Il prezzo del Brent, che nella media del 2018 era pari a 71,5 dollari al barile, è previsto attestarsi quest’anno a 63,7 dollari al barile per poi scendere a 60,9.

L’economia italiana
settore manifatturiero italiano

Peggiorano ancora una volta a novembre le condizioni operative del settore manifatturiero delle PMI

L’economia italiana continua a essere caratterizzata da una prolungata fase di bassa crescita della produttività. Nel periodo 2014-2018, in Italia la produttività del lavoro, misurata in termini di ore lavorate, è aumentata dello 0,3% annuo, con un ampliamento del divario rispetto all’area euro (+1,0%). Nel 2018 la produttività è diminuita dello 0,3%, – sintesi di una crescita delle ore lavorate (+1,3%) superiore a quella del valore aggiunto (+1,0%).
Nel terzo trimestre, il modesto aumento del Pil italiano è stato alimentato dal contributo positivo della domanda nazionale spinta dal recupero dei consumi privati. La componente estera netta ha fornito un contributo negativo a seguito del rallentamento delle esportazioni di beni e servizi e dell’incremento delle importazioni.

Indici di fiducia

L’ottimismo delle aziende manifatturiere si attesta al terzo valore più basso da quando è iniziata la raccolta dei dati nel luglio del 2012

I dati sulla fiducia delle famiglie mostrano un orientamento negativo. A novembre, l’indice del clima di fiducia dei consumatori ha segnato una forte flessione a seguito del peggioramento di giudizi e attese sulla situazione economica italiana e dell’aumento delle aspettative sulla disoccupazione.
L’indice di fiducia delle imprese ha registrato, invece, un lieve aumento, legato all’evoluzione positiva dei giudizi e delle attese sugli ordini nel settore dei servizi. I livelli sono comunque significativamente inferiori a quelli medi del 2018.
Nel settore manifatturiero, per il quale l’indice ha segnato una lieve diminuzione, i giudizi sul livello degli ordini sia interni sia esteri sono peggiorati. L’indicatore anticipatore segnala il proseguimento della fase di modesta dinamica dei livelli di attività economica.
Nell’ultima parte dell’anno, l’evoluzione del Pil è attesa proseguire sui ritmi dei mesi precedenti e la crescita in media annua attestarsi allo 0,2%.
La domanda interna al netto delle scorte fornirà il principale contributo positivo (+0,8 %), con apporti simili sia dei consumi delle famiglie sia degli investimenti.
In un contesto caratterizzato da un rallentamento degli scambi internazionali, il contributo della domanda estera netta risulterebbe minore (+0,2 %).
Nel 2020, il tasso di crescita del Pil è previsto in leggera accelerazione (+0,6%) sostenuto dai consumi e dagli investimenti, nonostante una decelerazione della crescita stimata per questi ultimi.

Consumi in crescita moderata

Nel terzo trimestre 2019, nei principali Paesi europei la spesa per consumi ha mostrato segnali di ripresa: la Spagna ha il tasso di crescita più elevato (+0,8%); Francia e Germania (+0,4%). Iconsumi delle famiglie italiane hanno seguito un andamento coerente con quello dell’area euro. Dopo la fase di stagnazione della prima parte dell’anno, la spesa delle famiglie sul territorio economico ha segnato un aumento congiunturale nel terzo trimestre (+0,4%) sostenuto dalla vivacità degli acquisti di beni durevoli (+1,9%), mentre i beni di consumo non durevoli hanno registrato un miglioramento più contenuto e in linea con il trimestre precedente.
Meno vivace la spesa delle famiglie per servizi, in decelerazione rispetto ai trimestri precedenti con un deciso aumento della propensione al risparmio.
Nel 2020 la crescita è prevista della stessa intensità (+0,6%), sostenuta dai miglioramenti del mercato del lavoro. Anche i consumi della PA sono attesi aumentare nell’orizzonte di previsione, seppure con ritmi più contenuti.

Investimenti

La dinamica degli investimenti è in rallentamento. La decelerazione degli investimenti è guidata principalmente dalla crescita contenuta della componente in macchinari, mentre gli investimenti residenziali e quelli non residenziali sono previsti aumentare con intensità simile a quella dell’anno precedente.
La quota degli investimenti totali rispetto al Pil si manterrebbe inferiore a quello della media dell’area euro (21,2% secondo le previsioni della Commissione europea per il 2019).
Tra le cause principali della decelerazione ci sono il rallentamento del commercio mondiale e il deterioramento della fiducia delle imprese: nel periodo gennaio-novembre 2019 i giudizi sull’andamento economico del Paese sono peggiorati sensibilmente sia nei servizi, sia nella manifattura. Una crescita più contenuta (+1,7%) è prevista nel 2020, determinata da un lieve rallentamento di tutte le tipologie di investimento che risentirebbero della lenta crescita del commercio mondiale (+2,3% nel 2020), ma che beneficeranno della reintroduzione degli incentivi di iper e super ammortamento e del perdurare di una politica monetaria espansiva da parte della Bce.

Scambi internazionali

Secondo i dati di contabilità nazionale, nei primi nove mesi dell’anno gli scambi con l’estero sono cresciuti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le esportazioni di beni e servizi sono aumentate complessivamente del 2,0% mentre le importazioni hanno registrato un incremento più contenuto (+1,2%). L’aumento ha interessato il volume degli scambi sia di beni sia di servizi.
Dopo un inizio anno caratterizzato da un calo, le esportazioni di beni hanno ripreso a crescere nel secondo trimestre per poi rallentare nel terzo.
Gli acquisti dall’estero hanno invece mostrato una maggiore tenuta negli ultimi due trimestri. Il miglioramento delle vendite all’estero ha riguardato prevalentemente i mercati extra Ue, mentre le vendite di prodotti diretti verso l’UE hanno risentito del rallentamento dell’economia dell’area dell’euro, in particolare di quella tedesca.
Nel corso del 2019, la fase di debolezza dei livelli di attività economica influirebbe prevalentemente sulle importazioni (+1,3%), in forte rallentamento rispetto alla crescita del 2018, mentre le esportazioni si manterrebbero su ritmi di crescita (+1,7%) simili a quelli dello scorso anno.
Nel complesso si determinerebbe un miglioramento del saldo della bilancia di beni e servizi.
Il prossimo anno, la lieve ripresa delle importazioni (+1,7%) si accompagnerebbe a un proseguimento della fase di moderato aumento delle esportazioni (+1,8%).

Mercato del lavoro

Nel corso del 2019, il mercato del lavoro italiano ha sperimentato un andamento analogo a quello dell’area euro, caratterizzato da un miglioramento dell’occupazione e una riduzione della disoccupazione. Le unità di lavoro totali sono aumentate con un ritmo costante nei primi due trimestri (+0,2% la variazione congiunturale) per poi accelerare lievemente tra luglio e settembre (+0,3%), sostenute dalla crescita dei dipendenti (+0,3% in tutti e tre i trimestri). Secondo i dati più recenti della rilevazione sulle forze lavoro, anche ad ottobre la tendenza positiva è proseguita, con un aumento degli occupati (+0,2%) e una stabilità del tasso di occupazione.
Nei primi dieci mesi del 2019, il tasso di disoccupazione ha continuato a scendere, raggiungendo a ottobre un livello (9,7%) inferiore di un punto percentuale rispetto allo stesso mese del 2018.
Anche i dati sulla domanda di lavoro si mantengono su livelli massimi del periodo. Nel terzo trimestre il tasso di posti vacanti destagionalizzato, che misura la quota dei posti di lavoro per i quali è in corso la ricerca di personale, si è attestato all’1,1% nel complesso delle attività economiche e nei due settori aggregati dell’industria e dei servizi.
Nei prossimi mesi si prevede il proseguimento della fase di miglioramento del mercato del lavoro, ma con un’intensità più contenuta. Tale andamento rifletterebbe, con un lieve differimento temporale, il progressivo rallentamento del ciclo economico.
Nel biennio di previsione, l’occupazione è prevista crescere con un ritmo (+0,7%) superiore a quello dell’output, prefigurando un possibile proseguimento della fase di riduzione della produttività.
Il miglioramento dell’occupazione sarà sostenuto dall’aumento delle unità di lavoro dipendenti. La disoccupazione è attesa ridursi: 10,0% nel 2019 per diminuire marginalmente (9,9%) nel 2020. L’aumento dell’occupazione si accompagnerebbe a una crescita del monte salari e a un miglioramento delle retribuzioni lorde per dipendente (+0,7% e +0,6% rispettivamente nel 2019 e nel 2020).

Inflazione in moderato recupero

In uno scenario internazionale improntato alla riduzione dei costi esterni, nella seconda parte dell’anno la debolezza del ciclo economico nazionale, caratterizzato dal contenuto miglioramento dalla domanda di consumo, ha determinato una fase di moderazione dei prezzi in tutti gli stadi della loro formazione.
Lungo la filiera produttiva sono risultati evidenti gli effetti del ridimensionamento dei corsi delle materie prime e del petrolio, con dinamiche in tendenziale caduta o forte rallentamento.
Per i prezzi dei prodotti importati, da giugno i tassi di variazione annui sono risultati negativi (-2,3% nel terzo trimestre).
Per i prezzi alla produzione sul mercato interno la caduta si è manifestata con leggero ritardo ed è stata più contenuta (-1,8%) in T3 per poi accentuarsi (-4,1%) a ottobre.
Per i prezzi al consumo, dalla primavera ha preso avvio una fase di decelerazione, più intensa dall’estate e che ha fatto scendere l’inflazione su valori solo marginalmente positivi.
In base all’indice per l’intera collettività (NIC) la crescita tendenziale dei prezzi al consumo si è dimezzata tra il secondo e il terzo trimestre (rispettivamente +0,8% e +0,4%), rallentando ulteriormente in ottobre e novembre (+0,3% in media).

L’inflazione di fondo ha segnalato un progressivo recupero, attestandosi su ritmi di crescita superiori a quelli della misura complessiva (+0,6 punti percentuali a novembre). Le spinte sono venute dai prezzi dei servizi, la cui dinamica annua ha oscillato intorno al tasso medio del 2018 (+0,9%); la fase deflativa dei beni industriali non energetici si è gradualmente attenuata e, a novembre, per la prima volta da inizio 2018, i livelli dei prezzi sono risultati superiori a quelli di un anno prima.
Anche nella seconda parte del 2019, l’inflazione si è confermata inferiore a quella media dell’area euro e delle sue principali economie. La minore crescita economica ha mantenuto ampio il divario anche in termini di core inflation (- 0,6 % a novembre rispetto all’eurozona), che presenta una delle dinamiche i più basse dell’area. Nella media di quest’anno, il deflatore della spesa delle famiglie residenti per consumi finali rallenterebbe dal +0,9% del 2018 al +0,4%. La crescita del deflatore del Pil si attesterebbe su livelli lievemente maggiori, risentendo dei movimenti di costo dei fattori interni. Nel 2020 si prevede un progressivo recupero dell’inflazione, attribuibile prevalentemente alla dinamica delle determinanti interne, mentre il contributo inflazionistico della componente energetica è atteso ridursi in linea con le ipotesi di scenario per le quotazioni del petrolio e il tasso di cambio. Nello stesso tempo, le spinte al rialzo verranno dalle principali componenti di fondo dell’inflazione, che rifletterebbero parziali recuperi nei margini di profitto resi possibili da una fase ciclica relativamente più favorevole.
In media d’anno, nel 2020 la crescita del deflatore della spesa delle famiglie si attesterebbe allo 0,8%, quattro decimi in più rispetto al 2019, mentre il deflatore del Pil aumenterebbe a un tasso leggermente superiore (+1,1%).

L’analisi delle revisioni dei conti economici è disponibile qui