Esce per i tipi di GraphiSystem di Modugno-Bari questo pregiato e interessante volume dedicato all’arte della stampa gutenberghiana in Puglia.
Il libro è stato curato da Angela Accarino e Francesco Quarto, dal titolo «Tipografia. Origini delle arti grafiche in Puglia» (Di Marsico Editore, 176 pagine, 60 euro), con la collaborazione di Maria Grazia Melucci, Antonella Pompilio, Maria Virno.
L’opera è impreziosita dalle presentazioni dello stampatore ed editore Domenico (Mimmo) Di Marsico, della direttrice della Biblioteca nazionale e dell’Archivio di Stato di Bari Eugenia Vantaggiato, del rettore emerito Corrado Petrocelli, e di Giuseppe Laterza, editore e fondatore-presidente del Museo della Stampa e della Carta di Bari.
Il volume ripercorre le tappe di questa vera e propria arte a partire da un inedito settecentesco: la trascrizione di due voci della «Nova Encyclopaedia» di Giacinto Gimma, manoscritta, dal titolo «De typographica» e «De thypographiae artibus». Il recupero del testo prelude a un’indagine sulle attività tipografiche che, pur partendo da una rigorosa base tecnico-scientifica, prende in esame la storia dell’antica professione da una prospettiva socio-culturale finora non sufficientemente sottolineata.
Ricco di aneddoti e curiosità, il libro è destinato anche a un pubblico di non addetti ai lavori.
Il buon apparato iconografico fa da cornice a un volume di pregio per forma e contenuti. Una parte significativa fu quella vissuta nel Cinquecento a Copertino con Bernardino Desa e poi a Lecce con l’arrivo del borgognone Pietro Michele, che pubblicò per tutto il periodo barocco, fino a giungere ai Mazzei, ai Viverito.
Dalle carte da gioco, agli avvisi pubblici, alle piccole ma eleganti stampe devozionali.
Dall’articolo di presentazione di Dino Levante pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno del 19 aprile, riprendiamo: “… Sono emozioni che si provavano negli opifici tipografici, le stamperie, quelle antiche e anche la altre che fino a qualche decennio fa funzionavano, sino a prima dell’avvento dell’offset (ovvero della stampa «a freddo» e non più «a caldo» col piombo) o dell’era digitale di oggi e degli asettici plotter. Ambienti, senza dubbio malsani, che però conservavano tutto il loro fascino, tra carte appese ai fili a far asciugare il nerissimo inchiostro appena poggiato, E su tutto il tipico profumo delle stamperie. Sembra di entrare in uno di questi luoghi leggendo il libro…”
e da parte mia che invio un ringraziamento per testimoniare l’Arte della Stampa nel ricordo del passato con grande sviluppo dei testi stampati sotto ogni forma – stampa fredda si ma l’arte era viva e calda –