Antonio Ghiorzo è mancato la mattina dell’11 gennaio 2011: ma il suo segno indelebile resterà sempre nel cuore e nelle menti di chi opera e ha operato nel mondo delle Arti Grafiche
Lo vogliamo ricordare come decano dei giornalisti grafici, prima che imprenditore, stampatore ed editore, perché Lui al giornalismo grafico, ha dato tanto, e dalla cui fucina sono uscite tante buone penne (“voglio sangue negli articoli, non acqua” soleva ripetere).
Sarebbe facile parlare delle virtù di chi non è più tra noi: ma è solo ricordando i suoi difetti che ne esce la vera personalità. Ma i suoi erano solo ‘veniali’, che rispecchiavano il suo modo d’essere: un po’ brontolone, un po’ naïf, un po’ demodé, da classico imprenditore che si è fatto da sé, cresciuto nella periferia milanese dell’immediato dopoguerra. Parlare dei ‘difetti’ di Antonio significa essere aneddotici, perché quelle che Lui stesso considerava ëmancanze’ erano tra le sue forze. La semplicità, la spontaneità, quasi a rasentare l’ingenuità, ma che il piglio imprenditoriale doveva mascherare. In vent’anni una persona si può conoscere bene, specialmente se più della metà passati a stretto contatto di gomito e magari a discutere quando non a litigare, sempre costruttivamente; gli altri da collega, più che da concorrente. Perché per i concorrenti che stimava era prodigo di complimenti e mai da lui era venuta una parola fuori posto.
Ma la sua più grande virtù era l’etica, intesa come un fatto insito nella sua personalità e di cui non poteva fare a meno. A costo di essere fuori luogo con chi non rispettava le regole del comportamento leale sul lavoro. Potevi scontrarti con lui, faceva parte del gioco, potevi anche trattarlo male, ma mai ti offendeva. Poteva restare male, ma non reagiva se non con il silenzio. Un silenzio che ti faceva capire di aver esagerato, di esser andato fuori segno e subito ti rimettevi in riga, apprezzandolo ancora di più.
Quanto ha fatto e lasciato a tutti noi è di dominio pubblico: chi non ricorda la sua dedizione alla formazione cui ha contribuito in maniera sostanziosa, a partire dalla Enciclopedia dei suoi volumi di Grafica su cui si sono formate generazioni di stampatori? Questa resterà, forse, la sua principale eredità concreta, ma vorrei che la sua vera Eredità, restasse proprio quella sua semplicità e moralità dell’Uomo – oggi così rara – che, raggiunti i livelli più alti, non si è mai posto sul piedistallo. Così vorrei che lo ricordasse chi lo ha conosciuto, chi ha lavorato con lui e le più giovani generazioni che lo hanno conosciuto solo quando, in silenzio, ha preferito mettersi da parte per lasciare spazio proprio a quei giovani che ha fatto crescere nella mitica via Casella.
Marco F. Picasso
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