Dal tubo al qubit: quando l’Italia sfiorò la Silicon Valley, le origini italiane del computer e la miopia della politica e dell’industria.

Intervista al Professor Alberto Di Lieto – Università di Pisa

Oggi il computer è uno strumento quotidiano, come un tempo lo erano il quaderno o la penna a sfera. Pochi sanno, però, che i computer moderni hanno avuto un’importante origine in Italia: all’Università di Pisa e, dal punto di vista industriale a Ivrea ‒ come racconto nel mio libro “La stampa è bella” ‒ con l’Olivetti.

Per approfondire le origini e le prospettive della tecnologia digitale in Italia, abbiamo incontrato il Professor Alberto Di Lieto, ex docente di Tecnologie Digitali presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa. Lo abbiamo conosciuto in un’occasione speciale da cui è nata questa conversazione, che parte dagli albori dell’informatica italiana fino ad arrivare all’intelligenza artificiale e ai computer quantistici.

MetaprintartNel nostro incontro mi raccontavi dei primi computer sviluppati a Pisa, fatto che ho utilizzato come spunto in un paragrafo del mio libro sui miei 60 anni nel mondo del lavoro. Vista la rapidità con cui oggi la tecnologia cambia, la legge di Moore vale ancora?
Alberto Di Lieto – È evidente che l’attuale evoluzione tecnologica aggiorna la legge di Moore, permettendo progressi sempre più rapidi. Un esempio è la produzione di CPU sempre più potenti. Tuttavia, restano i consueti problemi legati alla dissipazione del calore, alla miniaturizzazione estrema e all’efficienza energetica.

MPA – Qual è la tua opinione sui futuri sviluppi dei computer? Oggi si parla molto di computer quantistici.
A. Di Lieto – Non sono la persona più adatta per parlare approfonditamente di computer quantistici: ne so poco e, a dire il vero, ci credo anche poco. Intel, per esempio, ha realizzato una CPU con circa un centinaio di qubit, ma con una potenza ancora molto limitata. Per un confronto reale con le CPU tradizionali servirebbero milioni di qubit, operativi a temperature accessibili, e non solo prossime allo zero assoluto. Insomma, siamo ancora lontani da un’applicazione pratica diffusa.

MPA – Torniamo alle origini. È troppo azzardato affermare che la miopia della politica italiana ha frenato la ricerca e che, altrimenti, la Silicon Valley avrebbe potuto nascere a Ivrea invece che in California?
A. Di Lieto – La CEP *, sviluppata tra il 1954 e il 1960, è stato il primo computer italiano di (quasi) seconda generazione: cominciava a sostituire le valvole con i transistor. Da lì nacque la linea ELEA dell’Olivetti, il primo computer interamente a stato solido prodotto in Europa.
Il periodo critico fu tra il 1960 e il 1970, quando la morte prematura di Adriano Olivetti e di Mario Tchou portò a un cambio di rotta nella strategia aziendale. I nuovi dirigenti ridimensionarono l’importanza della produzione di computer. Il mercato italiano, inoltre, non amava Olivetti, né come famiglia né come brand. Così, all’inizio degli anni ’70, quando nacquero i primi microprocessori (Intel 4004, Zilog Z80, Intel 8008) e i primi personal computer, Olivetti non era più competitiva rispetto a Apple, Commodore e IBM.

MPA – Furono problemi tecnici o di mercato?
A. Di Lieto – Nei primi anni ’80, Olivetti lanciò ottimi PC, come l’M20 e l’M24, superiori ai corrispondenti IBM, ma il mercato non ne riconobbe il valore. IBM impose i propri standard.
La storia sarebbe potuta andare diversamente. Nel 1957 nacque SGS, prima azienda italiana capace di produrre componenti elettronici per computer. Nel 1972 divenne SGS-Ates, e negli anni ’80 parte di uno dei maggiori produttori mondiali di circuiti integrati. Proprio lì cominciò la sua carriera Federico Faggin **, il “padre” del microprocessore.

MPA – Faggin, infatti, dovette trasferirsi in California…
A. Di Lieto – Esatto. Il mercato italiano, l’industria, le banche e la politica non fecero abbastanza per sostenere la ricerca. C’era la convinzione che fosse un settore costoso e poco promettente. Un errore storico.

MPA – Quali furono le difficoltà iniziali, per voi ricercatori? 
A. Di Lieto – Il mio primo contatto con un computer risale ai primi anni ’70, grazie al CNUCE di Pisa. Gli studenti di Fisica potevano utilizzare un grande mainframe tramite schede perforate. Era una situazione pionieristica. Le cose cambiarono nei primi anni ’80, quando acquistammo il nostro primo PC da laboratorio: potenza di calcolo ridicola, ma sufficiente per collegarlo a un esperimento. Era questo il vero salto di qualità.
Nel gruppo di perfezionamento guidato da Paolo Minguzzi realizzammo in breve tempo un’interfaccia artigianale tra il PC e gli strumenti disponibili, usando circuiti integrati commerciali e inventandoci i protocolli di comunicazione. Oggi tutto ciò è banale: esistono standard hardware e software. Ma allora, fu una rivoluzione, per accuratezza dei dati e per le nuove possibilità sperimentali che permettevano di avere una qualità dei dati impensabile con la strumentazione a dispiszione sino a quel momento.

MPA – Hai fiducia nel futuro della ricerca pubblica, o pensi che andremo verso un “neo-feudalesimo tecnologico” dominato da grandi gruppi privati?
A. Di Lieto – Ho ancora fiducia nella ricerca pubblica, nelle università e negli enti statali. Ma non posso negare che la situazione sia preoccupante: i finanziamenti calano e c’è da anni una campagna di delegittimazione dell’università. Negli Stati Uniti, la situazione è forse peggiore: sembra che solo la ricerca privata, orientata al profitto, riesca a sopravvivere. La speranza è che le nuove generazioni, con la loro intelligenza e preparazione, riescano a invertire la rotta.

* CEP – Calcolatrice Elettronica Pisana

** Il microprocessore fu inventato da Federico Faggin, ma ‒ come l’invenzione del te­lefono che fu attribuita a Bell anziché a Meucci ‒ il padrone della Intel, Andy Grove, fece di tutto per screditare Faggin attribuendo il progetto a due persone che non vi avevano neppure preso parte. La verità venne a galla solo 30 anni dopo.

Per approfondire

Per chi desidera approfondire, il prof Di Lieto ci ha fornito questi documenti, che condividiamo coni nostri lettori:
Classifica dei supercomputer – novembre 2024
Classifica dei supercomputer – novembre 2016
Sviluppo delle prestazioni nel tempo
Produzione chip Intel a 1.8 nm
Quantum computing – Intel

Ringrazio il Professor Alberto Di Lieto per la disponibilità e la pazienza con cui a spiegato a noi e ai nostri lettori fatti poco noti al grande pubblico e di sicuro interesse e utilità per i più giovani.