Dopo l’articolo sulla censura dei libri, cui rimandiamo, riferiamo qui le tre relazioni tenute al collegio Cairoli di Pavia, su la censura nell’Arte dal Novecento al Contemporaneo.

Prendono parte all’incontro Giosuè Allegrini, ammiraglio della marina italiana, nonché critico d’arte e coordinatore del settore storico e artistico del collegio, Alessandra Angelini artista e docente all’Accademia di Belle Arti di Brera, Ruggero Maggi artista e con la partecipazione di Nasim Zamansadeh artista iraniana, introdotti dal rettore dell’Università di Pavia Andrea Zatti.

Arte e politica

Giosuè Allegrini pone in evidenza il rapporto tra arte e politica. La “biblioteca vuota” di Micha Ullman ricorda i roghi dei libri del 1933 in Germania. Cento milioni di libri bruciati e sei milioni di persone sterminate nei campi di concentramento.

Il “Quarto Stato” di Giuseppe Pelizza da Volpedo esprime il concetto di autocoscienza popolare.

Dalle corti principesche e popolari si giunge alle accademie d’arte. E nel ’900 giungono le avanguardie artistiche e nulla sarà più come prima. L’avanguardia è un movimento che investe l’arte di un significato ideologico. Si scompone la figura per poi ricomporla.
Il Futurismo di Marinetti e Carrà rappresenta la prima avanguardia popolare.

Dopo la Grande Guerra troviamo personaggi come Boccioni, Severini, Gabriele D’Annunzio, Giuseppe Bottai e Marinetti, che mitigano l’influenza del fascismo. D’Annunzio è contro l’alleanza col nazismo, Bottai, che era fascista critico, fa lavorare gli artisti bravi anche se non appartengono alla sua ideologia politica.
Dopo la I Guerra Mondiale si assiste alla ricomposizione della figura in pittura con il “rappel à l’ordre” e così anche in Germania si ricompone la figura e si arriva ai Bauhaus.

Creatività, sperimentazione, libertà.

Ma il 30 gennaio 1933 Hitler mette al bando le ideologie e le avanguardie e chiude Bauhaus.

Alessandra Angelini ci spiega che cos’era il Bauhaus. Una ‘casa’ per costruire dove artisti, tecnici, artigiani si trovavano per “costruire” l’abitat della società tedesca, iniziato nel 1919 e conclusosi appunto nel 1933 con l’avvento di Hitler perché non piaceva all’ideologia nazista.
Si trattava di una scuola con laboratori tecnici e artistici dalla pittura, alla scultura alla grafica e dove veniva data un’impronta filosofica alla società. Creatività, sperimentazione, libertà. Il Bauhaus fu l’anticipatore del disegno industriale e del design, che unisce funzionalità e bellezza.
Bauhaus ha studiato il concetto di colore legato alla qualità della vita: un nuovo Rinascimento. Si occupava di tutto ciò che è espressività come la musica, la danza – e il balletto triadico di Schlemmer ne è un esempio – perché l’arte tocca tutte le corde dell’uomo.

Partendo da questi principi László Moholy-Nagy, fotografo ungherese, trasformò la fotografia in creazione e non riproduzione.

La fine dell’arte in Germania

Troppa libertà e sperimentazione e troppi dubbi nell’animo umano, non piacevano al nazismo, che aveva bisogno di stabilità e di dare al popolo poche cose sicure e non facilmente digeribili.
Per questo motivo il nazismo inserisce i propri artisti mediocri e pilotati e avvia la messa al bando dell’Arte Degenerata, ovvero di tutte quelle forme espressive non allineate ai precetti della dittatura hitleriana.
Cinquecento opere di cento artisti d’avanguardia furono sistemate in uno spazio ristretto dove l’opera non poteva essere goduta ed esposte insieme a dipinti che ritraevano malati di mente.

Le opere furono divise in nove categorie e ammassate:
1- Degenerazione tecnica
2- Opere a tema religioso
3- Opere a tema politico
4- Opere offensive per la morale
5- Opere lesive della dignità
6- Opere lesive della razza ariana
7- Opere lontane dai canoni estetici del Reich
8- Opere prodotte da artisti ebrei
9- Opere di artisti considerati pazzi

Poiché l’interpretazione è libertà, ai nazisti non piaceva neppure l’espressionismo che “tirava fuori”, era come fare un coming out.
Persino il cinema di animazione astratta di Fischinger fu messo al bando, e riparò in America dove collaborò con Walt Disney.

La razzia di opere d’arte a opera dei nazisti

I nazisti volevano razziare le opere d’arte da tutti i paesi occupati, ci spiega Giosuè Allegrini. Giuseppe Bottai in Italia promosse l’“operazione salvataggio” per evitarla e Rodolfo Siviero si fece artefice della “operazione recupero”.
Le avanguardie storiche si trasferiscono negli Stati Uniti dando il la a forme d’arte come l’espressionismo astratto e la ricomposizione, contaminando le forme d’arte statunitensi. Si pensi al New Dada, Hard Edge Painting, Minimal Art, Concettuale. [tra questi Attilio Rossi fondatore di Campo Grafico – ndr].

Si arriva alla battaglia delle menti, dall’espressionismo astratto al tempo presente. E nel 1964 Roberto Rauschemberg vince il primo premio della Biennale d’arte di Venezia con opere esposte anche al Consolato statunitense. Così si giunge a Andy Warhol, all’esportazione della società dei consumi e alla Mail Art con Ray Johnson che si prende beffa dell’opera d’arte.

La Mail Art

Questo tema ci introduce l’ultimo relatore, Ruggero Maggi, performer della Mail Art ma anche, come si definisce lui stesso, fagocitatore artistico.
Nel 1979 organizza una ‘performance in strada’ a Lima in Perú, portando a mano un’enorme busta da lettere in un paese e in un periodo storico difficile [il Paese era in piena dittatura militare – ndr].

Ci spiega che la Mail Art è antesignana dei network di oggi. I francobolli, le buste, le cartoline sono l’oggetto di questa arte in cui non si vende nulla ma ci si scambia delle “cose” tra artisti. E, soprattutto, l’arte postale è aperta a tutti.
Ha fondato Amazon mail art project nel 1981, un archivio artistico dedicato all’ecologia e alla natura.

Degno di nota è il Progetto Ombra nel 1988 in Giappone a Hiroshima, dove dipinge per terra delle sagome d’uomo in movimento che si incrociano: le sagome umane vittime della bomba atomica [vedi qui l’articolo “Lettera Tipografica di Francesco Pirella].

Libertà contro la manipolazione della cultura

Qual è il messaggio finale di tutto ciò?

Arte persiana

Nasim Zamanzadeh, artista iraniana, interviene per farci capire il messaggio dell’arte iraniana in un momento storico difficile

Nasim Zamanzadeh, artista iraniana, allieva di Alessandra Angelini, interviene per farci capire il messaggio dell’arte iraniana in un momento storico difficile in cui ci si vuole ribellare alle restrizioni imposte da una cultura che soffoca gli artisti da sempre, dove la diversità di trattamento tra uomo e donna dà il peggio di sé .
Degno di ammirazione il suo lavoro di tesi, seguito dalla professoressa Angelini, “Il verbo degli uccelli”: una mirabile calcografia da lastra fotopolimerica a doppia esposizione su disegni e testi realizzati con inchiostro di china.
È una delle opere più importanti della poesia persiana, il viaggio che numerosi uccelli di svariate specie, compiono alla ricerca del loro re, Simurgh, entità che nella cultura persiana raffigura Dio, e al contempo tutti gli uomini, in quanto individui dotati di un’anima capace di guardare verso l’essere divino e quindi fondersi con esso.